Felici e Conflenti a Testaccio [per voi grazie alla "Foto storte production"]


 

La "Foto storte production" è un marchio registrato del blog Sostiene Piccinelli.
[Ma non è un vanto, eh. Cioè: le faccio storte davvero]

Gli sventurati che hanno a che fare con questo blog si saranno resi conto che, di tanto in tanto, mi involo in cose che mi riescono molto male.
Una tra queste è senza dubbio la fotografia.

Nell'uggiosa e temporalesca giornata di ieri [27 maggio 2023], ho appreso che la mia amica tamburellista Chiara sarebbe stata a Roma, tornandovi dopo il trasferimento calabro, assieme al suo fidanzato (zampognaro con le contro zampogne) e il suo gruppo. L'occasione valeva la pena dell'imbarco Torre Maura - Testaccio per andare ad ascoltare un po' di Calabria, di Conflenti in particolare. 

"Felici e Conflenti" è il festival di tradizione, musica e cultura popolare che da qualche anno sta assumendo importanza sempre meno circoscritta al Reventino e sempre più "extra regionale". Per utilizzare le parole degli organizzatori:  

«un'occasione di condivisione e trasmissione della cultura coreutica e musicale dell'area del Reventino [...] un momento di incontro diretto con danzatori, musicisti, ricercatori e portatori della tradizione nel contesto di un sistema di trasmissione orizzontale dei saperi in cui l’oralità ha un ruolo fondamentale».

Quest'anno si terrà dal 25 al 29 luglio (per chi volesse andare: segnatevi la data sul calendario).

 

Per farla breve: mi sono emozionato e sono andato a sentire il concerto.

Sono suoni che ti rimettono al mondo: canti di lavoro, canti d'amore, voci che spaccano le mura tanto sono intense e poi zampogne, flauti minuscoli e ciaramelle, organetti. Tutto di (e da) una specifica area della Calabria.
Il lavoro di ricerca effettuato è stato imponente ed è appagante anche per chi ascolta, semplicemente, sebbene il dialetto cantato non sia di facile comprensione ad orecchie non abituate.

Dicevo, dunque, ho fatto qualche foto: storte, con impostazioni sbagliate, sgranate e venute malissimo.
Però "mo queste c'avemo e queste se tenemo". Quando riuscirò a scattarne una minimamente dignitosa, tornerà la neve a Roma.





Reazione a: "Ma too ricordi l'esame de Etnomusicologia co la Facci e co Adamo?!"





Da questo dagherrotipo si evince il nome del marchio registrato "Foto storte production"






Perché vabbè che uno canta, ma la pausa sigaretta è sacra














Io che faccio finta di saper scattare foto tagliandomi i piedi.

Queste le ho addirittura modificate e poste in bianco e nero senza un motivo preciso.




La Borgata non sa più vincere: è débâcle a Ciampino. [A nulla è valso il gol di Mascioli]

Chissà chi è stato a pronunciare, o a tradurre da qualche legge chimica lavoisieriana, il detto per cui ogni azione ha una reazione. Un proverbio che potremmo applicare a qualsiasi azione umana, calcio compreso.
Il punto è che oggi non c'è stata alcuna reazione ma solo "azione" unilaterale da parte del Ciampino.
E dire che i pronostici c'erano tutti: la squadra era tornata di nuovo al completo con Poma tra i pali, Chimeri e Brigazzi in difesa, Di Stefano e Piccardi sulle fasce. 

Non è bastato.
La Borgata scende in campo esattamente come la scorsa settimana, in cui si scontrava (pareggiando) con l'altra squadra castellano-portuale (Ciampino City Futsal, che però gioca a calcio a 11).
E, quindi, com'è che è scesa in campo?
Con la testa fra le nuvole. 

Il Ciampino, viisibilmente scottato dalla trasferta contro il Torrenova di sette giorni fa, vuole rifarsi prima di subito e attacca immediatamente. Passano 12  minuti e De Maio sigla il primo gol della nefasta mattinata.
La Borgata inizia a complicarsi la vita inutilmente e le ripartenze lasciano scoperte enormi porzioni di campo: De Maio prova ad approfittare di un lancio lungo dalla propria difesa, grazie ad un pallone recuperato a seguito di una punizione granata, sarà solo la caparbietà di Segatori a far sì che si evitasse il peggio due minuti dopo. Evidentemente non è giornata: al 20' De Maio raddoppia con un gran tiro dalla distanza.
Poma non lo vede neanche partire e la partita si fa sempre più complicata.

I nostri sembrano tramortiti dalla doppia sberla incassata nei primi venti minuti di gioco. Le punizioni che Cicolò, Mascioli e Di Stefano provano a rimediare non vanno in porto e non riescono nell'intento di chi le calcia (entrambi i Mascioli's).
Al 45' l'episodio del 3-0. L'11 locale scatta ma è in fuorigioco, l'arbitro lo fischia all'altezza della linea mediana. Poma impugna il pallone fuori dall'area e lo calcia coi piedi, con l'intenzione di passarlo al compagno di squadra perché possa battere. Il passaggio colpisce accidentalmente Di Blasi, la porta della Borgata è ovviamente sguarnita: l'arbitro assegna il gol.
Così, senza che nessuno ci abbia capito nulla: il Ciampino segna il terzo gol. Un regalo pasquale fuori tempo massimo. Un regalo del/di Destino.
Il Direttore di Gara di oggi (Destino, della sezione di Roma1) la Borgata lo aveva già incontrato nello scorso campionato contro la Caput Roma XIV. Chissà perché avevo deciso di titolare il post così: "Travolti da un insolito Destino di una partita della Seconda Categoria Laziale". I presenti quel giorno si ricorderanno del pugno che Chieffo si buscò.

Nella ripresa la Borgata prova a farsi avanti più d'una volta: "vanno bene le giornate storte ma così: no!", sembrano dire all'unisono gli undici granata. Al secondo minuto una punizione di Mascioli trova il guizzo di Chimeri in area, ma il destro del difensore va oltre la traversa. Otto minuti dopo arriva il gol di Mascioli su calcio d'angolo. 

[In realtà il gol è stato di Moreno Mascioli: dalla tribuna ho avuto l'illusione che Piccardi l'avesse colpita di testa ma non è stato così. Grazie a SimoPic che me l'ha segnalato].
Al 16' Chimeri e Piccardi danno a tutti l'illusione di aver  imbroccato l'occasione buona per recuperarne un altro: è fuorigioco, secondo (il) Destino.
Al 22' Piccardi riesce in un'azione maiuscola, una delle sue in cui il compimento può essere solo la rete: Angeli riesce a sfiorare il pallone e devia in corner. Quattro minuti dopo una dormita colossale della difesa granata fa compiere un'azione corale stupenda al Ciampino: a Poma battuto insacca di testa Jaiteh. Al 46' arriva anche la beffa: altro svarione difensivo e 5-1.

Si può davvero gettare un campionato come questo, costantemente tra il secondo e il terzo posto, per aver ammainato anzitempo le vele? O tirato i remi in barca, il lettore scelga la perifrasi che preferisce. Forse no. Non è il caso. Mancano due giornate: Montedoro e Sempione stanno avvicinandosi al fortino granata del 3° posto.

Il campionato non è ancora finito!

Menzione speciale per i pasticciotti (maledettamente buoni e genuinamente leccesi) portati da Claudia

Il tabellino della ventottesima giornata di campionato | Seconda Categoria Laziale | Girone F

POLISPORTIVA CIAMPINO - BORGATA GORDIANI 5-1

MARCATORI: 12'pt De Maio (C), 20'pt De Maio (C), 45'pt Di Blasi (C), 10'st Mascioli M. (BG), 26'st Jaiteh (C), 46'st Di Blasi (C).

POLISPORTIVA CIAMPINO: Angeli, Galassi (23'st Balducci), Scala (33'st Russo), Carletti (36'st Del Monaco), Ciocci (33'st Jaiteh), Calvi, Rosadini, Matrullo, Marchitti Alessio, De Maio (23'st Cibuku), Di Blasi. PANCHINA: Marchitti Andrea, Aytano, Casalle.
ALLENATORE: Alessandro Ceccarelli

BORGATA GORDIANI: Poma, Capuzzolo (13'st Ciamarra), Segatori, Mascioli F. (38'st Amico), Brigazzi, Chimeri, Di Stefano (27'st Neri), Alfonsini (13'st Proietti), Cicolò (13''st Chiarella), Mascioli M., Piccardi. PANCHINA: Capuani, Colavecchia, Ienuso, Martucci, Amico.
ALLENATORE: Fabrizio Amico

ARBITRO: Destino (Roma1)

NOTE: ESPULSO a fine partita Capuani (BG). AMMONITI: 47'pt Chimeri (BG), 1'st Marchitti Alessio (C), 11'st Di Blasi (C), 47'st Angeli (C). ANGOLI: Pol. Ciampino 4 - 5 Borgata Gordiani. RECUPERO: 3'pt-5'st.

Sono stato centrista prima di te - [Atlante Editoriale]

«Sono iscritto di Italia Viva, sono un dirigente di Italia Viva e sarò iscritto al Terzo Polo quando terminerà il suo processo di costituzione del partito unico, ragionevolmente entro l’anno»1. Era quello che affermava Matteo Renzi il 5 aprile [2023] alle domande poste nel corso della conferenza stampa di passaggio di consegne nella direzione del ‘Riformista’.

Il neo direttore (conferenziere, senatore, già Presidente del consiglio dei ministri, già segretario del Partito Democratico, già sindaco di Firenze) avrebbe aggiunto asserendo che in quel momento non fossero in essere nomi di candidati di Italia Viva ma «solo Calenda». “Cosa ne pensa Calenda del suo approdo al ‘Riformista’?”, interrogavano variamente i giornalisti presenti alla Stampa Estera. Serafico, rispondeva: «Mi è parso entusiasta». Neanche dieci giorni più tardi arriva la rottura e il terzo polo non esiste già più.

Certo è che l’unione tra i due sembrava essere stata frutto più di un atto di opportunismo che altro: Dopo la tornata elettorale capitolina, Calenda tuonava che la politica di Renzi gli faceva orrore e che non avrebbe mai accettato di fare un partito insieme. Lo chiamava pure “quello là”2. Poi la redenzione sulla via della costruzione del Terzo Polo e la successiva rottura.

I gruppi parlamentari si sono divisi, sono iniziate le recriminazioni da entrambe le parti. Azione, in queste settimane, ha iniziato a perdere pezzi: sono comparse lettere aperte sui quotidiani (cartacei e non) di questo o quel gruppo dirigente che avrebbe lasciato per entrare in Italia Viva.

A metà mese in Emilia e nel Lazio si verificano gli smottamenti più significativi. Il 16 maggio la deputata Naike Gruppioni è in conferenza stampa con il Presidente di Italia Viva: «Volevo ringraziare Iv per l’accoglienza calorosa che mi è stata riservata. Sono contenta di essere a casa, perché io a casa sono rimasta. Io, da imprenditrice, ho deciso di sposare il progetto del Terzo polo, quando ad agosto Matteo e Carlo hanno siglato l’alleanza. Ora dicono che mi abbiano scippata, in realtà non mi sono mai mossa. Per costruire un progetto riformista mi devo sentire a casa»3. La polemica di Calenda non è tardata ad arrivare: «Mi permetto solo di notare che, per rispetto alla comunità che l’ha eletta sei mesi fa quasi senza conoscerla, una comunicazione preventiva sarebbe stata più elegante. Ma immagino che l’uscita a sorpresa fosse parte dell’accordo di ingaggio».

Tre giorni dopo la segreteria di Roma lascia il partito: viene diffuso un comunicato stampa che fa il giro della rete: «Abbiamo deciso di lasciare Azione per aderire al progetto di costruzione del Terzo Polo con Italia Viva […] Non si tratta di ‘scippo’ ma della richiesta volontaria di adesione a un partito», così come la pronta e secca smentita di Azione: «Il comunicato è una falsità. I firmatari non sono membri di alcun organo direttivo […] Tra le ragioni, oltre a quelle politiche, proprio la creazione di una "segreteria" che non era né prevista né consentita dalle regole. Insomma non sono dirigenti. Erano membri di una segreteria posticcia e sono stati sfiduciati»4.

Forse era vero quello che affermava Marco Pannella all’epoca della galassia radicale, quando ancora Radicali Italiani e Partito radicale nonviolento transnazionale e transpartito non erano organizzazioni ‘l’una contro l’altra armate’, che i fatti interni ai partiti debbano essere resi pubblici. O, per parafrasare il proverbio: “i litigi si affrontano pubblicamente”.

La situazione è effettivamente grottesca poiché le circostanze pre-elettorali in vista delle europee hanno fatto sì che i fossati diventassero viottoli acciottolati e le strade impervie di montagna agili sentieri battuti. I gruppi alla Camera e al Senato di Azione e Italia Viva si sono riuniti nei giorni scorsi approvando un documento all’unanimità ribadendo l’esigenza di una lista unica alla prossima tornata elettorale. Tanto più, vien da pensare, che il riferimento europeo è comune: Renew Europe.
A tal proposito, proprio Stéphane Séjourné, presidente dell’organizzazione del centro liberale e liberista a Bruxelles, ieri era presente all’assemblea al Teatro Eliseo di Roma. Anche i due rispettivi volti noti di Azione e Italia Viva erano presenti ma il teatro è finzione e dunque s’è tenuto un po’ di giuoco delle parti da entrambi. Qualche mugugno, saluti a mezza bocca («La Repubblica» per la verità dice «nemmeno si sono salutati»5).

Sarà forse il nome “terzo polo” ad essere portatore sano di discussioni, litigi e contrapposizioni personali? Con le iniziali minuscole o tutto in minuscolo o quale che sia la resa grafica, pare sia il nome il fattore che non ha mai portato buona fortuna ai proponenti. Senza andare troppo in là con gli anni, l’ultimo tentativo fu quello di Francesco Rutelli, Gianfranco Fini e Pierferdinando Casini: “Nuovo polo per l’Italia”, altrimenti detto Terzo Polo, a cui poi aderirono anche il Partito Liberale italiano (guidato allora da Stefano de Luca), Verso Nord (allora guidato dall’ex sindaco di Venezia Cacciari), il Movimento per le Autonomie e il Movimento associativo degli italiani all’estero. I gruppi parlamentari si costituirono durante il Berlusconi quater e subito votarono unitariamente la sfiducia all’allora sottosegretario alla giustizia (che per pura assonanza beffarda a questi tempi, sebbene difettivo di una importantissima vocale) era Giacomo Caliendo. Il 15 dicembre 2010 si tenne il primo tavolo dei possibili costituenti del terzo polo: al grande tavolo rettangolare erano seduti Italo Bocchino e Gianfranco Fini (Fli), Linda Lanzillotta e Francesco Rutelli (Api); Pier Ferdinando Casini, Ferdinando Adornato e Lorenzo Cesa (Udc); Giusseppe Reina (Mpa); Daniela Melchiorre (Libdem6) e i due Repubblicani per l’Europa fuoriusciti dal Pri (Giorgio La Malfa e Luciana Sbarbati). Convegni, assemblee, congressi, impegni in prima persona di personaggi illustri dell’imprenditoria nazionale e della politica cittadina si rimboccarono le maniche: «A parlare di Terzo polo arriva anche Luca Cordero di Montezemolo. Accanto a lui […] Gabriele Albertini»7.

Arrivano le amministrative e gli scricchiolii diventano voragini: prima abbandonano Lanzillotta e Vernetti (Api) e si iscrivono al gruppo misto. Poi il caso che vede coinvolti Luigi Lusi e Francesco Rutelli, dunque La Margherita, Api nonché il Partito Democratico. La profondità si trasforma in vento di scirocco che assale: all’indomani delle elezioni del 2013, dopo il governo tecnico di Mario Monti, il Terzo Polo già non esisteva più. «Una stagione chiusa», titolava l’intervista post voto a Pier Ferdinando Casini dell’8 marzo 2013 al «Corriere della Sera». Prima di quella tornata elettorale le tre organizzazioni maggiori costituenti il Terzo polo avevano già deciso che le strade da intraprendere sarebbero state ‘altre’: Futuro e libertà per l’Italia andava incontro alla propria “Caporetto” racimolando lo 0,46% dei voti e l’Udc avrebbe eletto Casini e De Poli al Senato.

Perché se è vera la frase di Pietro Nenni che a forza di rivendicare il purismo finisci per essere epurato, c’è sempre qualcuno che è più centrista, moderato, liberale e liberista di altri.

Anche senza volerlo.


NOTE
1Redazione, Matteo Renzi è il nuovo direttore del Riformista, la presentazione, 5 aprile 2023, «Il Riformista».

2«Non farò politica con Renzi. Il suo modo di fare politica mi fa orrore. Sono stato chiaro? Devo mettere una bandiera? Me lo scrivo sul braccio?», dichiarazione rilasciata nel novembre 2021 in un’intervista a ‘L’aria che tira’, «La7» https://www.youtube.com/watch?v=hcCc-adboFc.

3Redazione, Italia Viva, deputata Gruppioni passa con Renzi da Azione, 16 maggio 2023, «LaPresse».

4Redazione, "La segreteria romana di Calenda passa con Renzi". Ma Azione smentisce: "Falso", 19 maggio 2023, «Huffington Post».

5Lorenzo de Cicco, Renzi e Calenda a teatro insieme per Renew Europe. Ma non si salutano. Dalla platea mugugni contro il leader di Azione, 24 maggio 2023, «La Repubblica».

6Oggi formazione politica scomparsa.

7Maurizio Giannattasio, Prove tecniche di Terzo polo. Convegno con Albertini e Montezemolo, 12 novembre 2010, «Corriere della Sera».


Pubblicato su Atlante Editoriale

Tra la Barbagia e il West [di Daniele Poma]

È notizia degli ultimi tempi che il prossimo stadio del Cagliari calcio sarà intitolato all’uomo più iconico dell’arte pedatoria sarda: Gigi Riva. L’eccezionalità del fatto sta innanzitutto che il grande Gigi Riva è vivo e lotta insieme a noi, anzi ha ribadito con tutti gli scongiuri del caso che per lui rimane un onore.

Allora a noi di sportpopolare.it ci sembrava giusto approfondire il tema «Riva», con una recensione del libro di Luca Pisapia edito da Milieu edizioni nella collana Parterre.

Copertina del libro bella, con una foto di Riva con un sombrero e un volto glaciale rivolto verso ignoti. La fotografia è adatta perché riassume in parte l’anima western del libro. Apprezzatissima anche la scelta di usare le minuscole per il titolo e per il nome l’autore, come azzeccata la citazione di Gianni Mura nella quarta di copertina.

Nel merito il libro un mix tra saggio, romanzo e biografia si erge la figura mondiale fascinosa e granitica di uno dei più forti calciatori italiani di sempre. Perché quando la baldanza tenebrosa e tormentata giovanile di un varesotto di Leggiuno incontra l’isola nasce l’incanto, la resurrezione, la rivolta esistenziale che passa per i campi di calcio in terra, dove si mischiano le difficoltà della crescita e della vita di un ragazzo timido e introverso, con l’altrettanta durezza di un contesto isolano quasi ascetico, insormontabile.

Insomma il Riva di Pisapia è un eroe western, è Django, è Cuchillo, è il pistolero tenebroso e impavido con la Barbagia e il Gennargentu a fargli da sfondo.

Si mischiano la storia, gli scossoni sessantottini che arrivano dalla terra ferma e giungono fino in Sardegna facendo di Gigi un messia prepolitico, un giovanotto dalla vita difficile, ombroso con al posto del piede sinistro un’autentica pistola che spara forte. Ma Riva non è solo la redenzione di un popolo sfruttato e abbandonato Riva è lo smacco al padrone, è elisir di lunga vita, è l’acqua di Amrita che nessun padrone berrà.

È storia che elegge a simbolo di una terra saccheggiata, la resistenza all’America dei conquistadores che si chiamano Moratti&co., è storia di un rifiuto, di un amore che è eterno.

Però Riva è anche patrimonio italiano, anzi è il simbolo di una rinascita calcistica nazionale: perché dopo i successi negli anni del fascismo dell’Italia si era persa traccia, sparita dal calcio che conta, ed è solo con la vittoria dell’ europeo del ’68 che la ben oliata macchina del calcio si rimette in moto e il Belpaese torna al centro del mondo. Ed è proprio mentre l’interesse intorno a questo sport cresce e si modernizza, nel momento in cui avviene il passaggio di immagine dei calciatori, da terrosi e afflitti proletari a rockstar riconosciute e commercializzabili, è li che l’uomo simbolo Riva dice no. NON MI AVRETE MAI COME VOLETE VOI.

E come in un western ben riuscito, il rumore dei corpi che cadono sono degli altri, nonostante la sfortuna, gli infortuni, l’accanimento della vita, nonostante Italo Allodi, nonostante tutto, Gigi «Rombo di Tuono» Riva è ancora li, in piedi come un uomo, come un uomo armato e senza paura.

Daniele Poma
(pubblicato originariamente su Sport Popolare)

Musica triste (con diluvio) al "Vittiglio"

Antonio Tabucchi avrebbe descritto la giornata di oggi con l'espressione "un giorno da chiodi". Giornata storta, giornata piovosa, temporalesca e tropicale al tempo stesso, a seconda del movimento delle nuvole. Lampi e tuoni in lontananza. Campo pesante e cuori sospesi.
Finisce 2-2 contro il Ciampino City Futsal, squadra riguardo cui non smetterò mai di porre in rilievo (a costo di ripetermi e di sembrare più pedante di quanto non sia già) la totale irrazionalità del nome. Sembra una battuta dei film di Aldo, Giovanni e Giacomo: «'Cazzo ti chiami a fare futsal che giochi a calcio a 11, daaaaai!». Cose così.

Ma veniamo a noi. 

La Borgata entra in campo un po' spenta e la squadra ospite (pesantemente rinnovata nei ranghi rispetto a quella incontrata nella partita d'andata a Santa Maria delle Mole) ne approfitta subito: al 5', complice una marcatura andata a vuoto di Capuzzolo. Simonetti, lasciato solo in area, ha tempo di stoppare e aggiustare il pallone. Il tiro finisce all'angolo basso dove Capuani non può arrivare.
La partita è già in salita e inizia a pioviccicare.
Non farò la battuta di "Frankenstein Junior" perché, effettivamente, poi è piovuto sul serio (tanto) senza che la situazione si ribaltasse davvero.
Un pugno di minuti più tardi arriva il pareggio: si tratta di autogol ma, francamente, tra la pioggia e una visuale non molto chiara (aggiungasi miopia), lo attribuiremo a Cicolò che stava lì a un passo. Al 9' la partita è stata riequilibrata ma entrambe le squadre ora spingono il doppio, letteralmente. Al 15' Cicolò lascia partire un tiro potentissimo dai 30 metri: traversa scheggiata e portiere che riesce a deviare all'ultimo. 

Il campo si fa sempre più pesante: i continui capovolgimenti di fronte terminano al 28' quando tutta la squadra ospite protesta vibrantemente per un gol annullato (per posizione di fuorigioco) dal direttore di gara. Le proteste mangiano minuti di partita e la concentrazione inizia già a scemare. Al 30' Mascioli (Moreno) viene fermato in area da Capraro, l'arbitro fa cenno di alzarsi al 10 granata ma nel frattempo il difensore cerca l'occasione per far saltare i nervi al nostro punzecchiandolo con delle ginocchiate.
Arbitro non vede, cuore non duole

Due minuti dopo arriva il raddoppio del Ciampino con un gol fotocopia del primo ma su palla inattiva: ancora un errore difensivo e Bianconi incorna mandando il pallone alle spalle di Capuani. 

La ripresa è il tripudio degli schemi che saltano già dal primo minuto. Il Ciampino cercherà pervicacemente il terzo gol ma non riuscirà mai nell'impresa anche se ci va davvero vicino al 42': il tiro di Ferraioli scheggerà la traversa; allo stesso modo la Borgata riprende in mano la partita al 9' con Capuzzolo. «Doveva farsi perdonare dei due gol di prima», ha asserito Poma, sugli spalti in questo finale di stagione a causa di un problema muscolare.

[Al ventesimo della ripresa, in pieno diluvio, mi rendo conto di aver lasciato una finestra di casa mezza socchiusa. Nota del tutto trascurabile ma giuro che mi sono immaginato l'appartamento come fosse Venezia]
Al 24' Ciamarra, lanciato verso la porta, viene chiaramente fermato in area ma, di nuovo, per l'arbitro non c'è fallo. Si protesta, si urla, ci si sbraccia e nel frattempo gli animi si surriscaldano alquanto.
Ultima nota da segnalare il tocco, troppo morbido, di Chiarella al 50': a tu per tu col portiere, il neoentrato sfuma il centro che avrebbe chiuso la partita

Finisce male con nervosismi e ribalderie, arroganze e parole grosse, cartellini rossi che volano a gioco finito da un pezzo.
E adesso la Borgata deve iniziare a guardarsi anche alle spalle: il Sempione è arrivato a 48 punti dopo la vittoria sul Montedoro. Serve una vittoria e serve andarla a prendere col carattere granata dimostrato fino ad ora.

La faccia di Dago iunior

Il tabellino della ventisettesima giornata di campionato | Seconda Categoria Laziale | Girone F

BORGATA GORDIANI - CIAMPINO CITY FUTSAL 2-2

MARCATORI: 5'pt Simonetti (CCF), 9'pt aut. non s'è capito di chi ma lo attribuiamo a Cicolò (BG), 32'pt Bianconi (CCF), 9'st Capuzzolo (BG)

BORGATA GORDIANI: Capuani, Capuzzolo, Mascioli F., Pompi, Mascelloni, Brigazzi, Cicolò, Alfonsini (15'st Cassatella), Ciamarra (29'st Chiarella), Mascioli M., Proietti, PANCHINA: Barsotti, Segatori, Casavecchia, Ienuso, Neri, Martucci, Amico.

CIAMPINO CITY FUTSAL: Ciliento, Zettera (13'st Pietrantoni), Capraro (10'st Baldascino), Biasini, Bianconi, Carleo (47'st Falcone), Battista, Nobili, De Paolis, Simonetti (32'st Bocci), Ferraioli PANCHINA: Marini, Corcione, Barbera. 

ARBITRO: Federico d'Alessandro (Roma1)

NOTE: Espulso
Mascelloni (BG) a partita finita. Ammoniti: 36'pt Mascioli M. (BG), 36'pt Amico (BG), 42'st De Paolis (CCF), Angoli: Borgata Gordiani 13 - 3 Ciampino City Futsal; Recupero: 2'pt - 6'st

 






Ma non se po' arrotondà? - Discorsi da bar


Dice: «Quindi professò possiamo sta tranquilli st'estate?»
Dico: «Eh vediamo»
Dice: «In che senso scusi? Non è 5 e qualcosa di media?»
Dico: «Eh tocca vedè quant'è sto "e qualcosa"»
Dice: «Eh tipo cinquevirgolaventi»
Dico: «Io qua leggo cinquevirgolazeroquattro».
Dice: «Vabbè»
Dico: «È cinque»
Dice: «Ma non se po' arrotondà, professò?»
Dico: «Ma certo, possiamo fa cinquevirgolazerocinque»
Dice: «Ma che vordì?»
Dico: «Eh, vordì che c'ha 5.»
Dice: «Ma io avevo capito che i professori potevano arotondà n po'»
Dico: «Eh, sì, ma no i miracoli»
Dice: «Quindi sta a mette r debito?»
Dico: «Quindi io sto lasciando 5 per il consiglio finale, poi si vedrà»
Dice: «Quindi nii posso fa i bijetti pe l'aereo pe tutti e quattro?»
Dico: «Io aspetterei»
Dice: «Ma non se po' proprio arrotondà, eh?»
Dico: «E certo, l'avemo già fatto: cinquevirgolazerocinque, o no?»

Cosa resta della memoria de «L'Unità»?

«Saremo un giornale socialista, garantista e cristiano. Che cercherà di tenere insieme Gramsci, Rosa Parks, Roncalli, Mandela e Pannella. Dateci una mano».

Al netto delle contraddizioni ideologiche esposte, si chiude così l’editoriale firmato dal nuovo direttore de «L’Unità», Piero Sansonetti. La banda rossa sotto la testata ricorda la direzione dell’era Veltroni ma la sostanza è tutt’altra: la proprietà è cambiata ancora e la vicenda assomiglia moltissimo a quel che Gadda nel “Pasticciaccio brutto de via Merulana” classificava come uno “gnommero” in cui le “inopinate catastrofi” non sono mai “la conseguenza o l’effetto d’un unico motivo, d’una causa al singolare: ma sono come un vortice, un punto di depressione ciclonica nella coscienza del mondo, verso cui hanno cospirato tutta una molteplicità di causali convergenti”.

Queste causali convergenti, che vanno a formare poi lo gnommero, sono tutte rintracciabili dal giorno in cui l’organo di informazione del Partito democratico cessò di essere reperibile in edicola. Siamo al 30 maggio 2017 e il sito unita.tv, ultimo dominio de «L’Unità», continua la propria vita editoriale solo online. Il dominio venne registrato a seguito della crisi del 2015, a suo tempo acquistato da Unità Srl definendo le linee della pubblicazione digitale della cosiddetta “nuova unità”. Cioè del giornale a trazione renziana. Nessuna delle “due Unità”, come avrebbe detto Pietro Spataro, già giornalista del quotidiano, aveva conservato la propria storia, dal momento che gli archivi (cartaceo e digitale) hanno avuto una vita parallela rispetto alle vicende pubblicistiche e di acquisizioni di proprietà nel corso degli anni. Una storia piuttosto travagliata che è durata fino a martedì 16 maggio 2023.

Riformista e Unità
Ad oggi la proprietà della testata è di Romeo Editore srl, di cui è proprietaria anche la testata «Il Riformista». Sansonetti, prima di prendere in mano la direzione de «L’Unità», ha ceduto il passo a Matteo Renzi (Senatore di Italia Viva, già segretario del Partito Democratico, già Presidente del Consiglio dei Ministri). Certo, Renzi non è giornalista ma un posto viene ritagliato ad hoc: è direttore editoriale mentre il direttore responabile è Andrea Ruggieri, giornalista professionista, deputato della Repubblica della diciottesima Legislatura in quota Forza Italia, nonché – giornalisticamente parlando – nipote di Bruno Vespa. Non solo Matteo Renzi non ha mai lasciato la politica1 come affermava tronfiamente prima della consultazione referendaria che lo ha visto sconfitto, ma ha addirittura raddoppiato. Anzi, ha anche ricevuto fin da subito il placet dell’ex fondatore Claudio Velardi: 

«Geniale l’idea di fare Matteo Renzi direttore de Il Riformista, quotidiano che fondai nel 2002. Il politico più intelligente e dinamico d’Italia, al momento senza un ruolo, avrà una tribuna quotidiana per dire la sua e incidere nel dibattito pubblico. Ci sarà da divertirsi!»2.
Prima di oggi
A maggio dello scorso anno l’ormai ex comitato di redazione del quotidiano rese note le proprie posizioni attraverso un comunicato stampa, preannunciando la tempesta: 
«[…] Dal 1° gennaio 2022 [siamo] senza più alcuna protezione sociale. Un’azienda che mostra di esistere una volta all’anno per pubblicare un foglio che le permette di non far decadere la testata. [...] Dal 1° gennaio non siamo più in Cassa integrazione né in disoccupazione. Formalmente, dal primo gennaio di quest’anno siamo rientrati alle dipendenze de l’Unità srl , la società che edita un non giornale […] A fronte delle innumerevoli richieste d’incontri, chiarimenti, da parte delle rappresentanze sindacali la società editrice ha innalzato un impenetrabile muro di gomma. Una vicenda che da tempo ha ormai travalicato la red line della vergogna, si è “arricchita” di un’altra pagina-farsa: la pubblicazione di un numero unico, un foglio di quattro pagine, anche con contributi giornalistici esterni. E questo all’insaputa del comitato di redazione, pur avendo in organico, non pagati, giornalisti e poligrafici. E tutto questo mentre si trascina all’infinito una procedura di concordato che permette all’azienda di guadagnare tempo sulla pelle dei lavoratori. Hanno ucciso l’Unità, mortificato i lavoratori, lasciato cadere manifestazioni d’interesse per l’acquisto della testata. Una vergogna assoluta»3

Nel luglio dello scorso anno fallisce 

«definitivamente la società editrice del quotidiano, quella dei costruttori Pessina chiamati da Renzi quando era segretario del Pd»4.

Di seguito le prime pagine dei numeri annuali de «l'Unità»

Edizione del 2018
 
La prima del numero annuale del 2019, quello diretto da Maurizio Belpietro.

Edizione del 2020

Un numero per la vita
Un numero l’anno per continuare a vivere. Secondo la legge italiana, infatti, una testata giornalistica smette di esistere se non viene pubblicata almeno una volta l’anno. E così la proprietà de «L’Unità» ha fatto per quattro anni, dal momento della chiusura di unita.tv e della produzione digitale connessa. Fece scalpore il numero del 2019: la pubblicazione annuale venne diffusa sotto la guida di Maurizio Belpietro direttore5.

La proprietà di allora, nell’anno antecedente alle pubblicazioni annuali, era controllata al 90% dall’imprenditore edile Massimo Pessina e al 10% da Eyu6, cioè la società del Partito democratico.

Come riportò il quotidiano «Sardinia Post», attento a questa vicenda dal momento che la storia del quotidiano fondato da Antonio Gramsci ha riguardato anche Renato Soru per parte della sua vita pubblicistica7, l’affare Pessina-Romeo era una

«roba da 910mila euro […] Con L’Unità, attualmente sono a libro paga venti giornalisti e cinque poligrafici, però mai licenziati e quindi dal 1 gennaio 2022 si ritrovano fuori dagli ammortizzatori sociali ma anche senza stipendio. Toccherà al nuovo editore dire quanti ne vorrà salvare»8.
Transumanze editoriali
Stando al comunicato del comitato di redazione della ormai ex Unità e della Federazione nazionale della stampa italiana nessuno è stato salvato:
«È la prima volta che un'intera redazione, quella de «Il Riformista» scriverà le pagine della nuova «L'Unità» mentre si darà vita a una nuova redazione che sarà diretta da Matteo Renzi».
Una transumanza editoriale abbastanza evidente dato che le firme del nuovo quotidiano diretto da Piero Sansonetti sono le medesime di quando dirigeva «Il Riformista», ad eccezione di Claudia Fusani che – al momento – parrebbe essere ancora parte del quotidiano arancione, sebbene fosse in forza all’«Unità» quando era direttrice Concita de Gregorio. Prendendosi anche le male parole dell’allora Presidente del Consiglio Berlusconi9.
«All'editore Alfredo Romeo – conclude il comunicato dell’ex cdr e della Fnsi - e al direttore Piero Sansonetti ricordiamo con forza che la vicenda dell'Unità coincide con la storia di 17 giornalisti e 4 poligrafici licenziati dopo il fallimento. Il tema occupazionale e professionale resta intatto».
C’è, tuttavia, anche un’altra questione che è propria di questa vicenda: la storia de «L’Unità», cioè il suo archivio. Per qualche tempo, attorno alla chiusura del 2017 (e del 2018 poi) se n’è parlato e qualcuno portò la questione in Parlamento, ma poi tutto tacque e nessuno concretizzò nulla, effettivamente.

Memoria digitale, memoria cartacea: memoria corta
Il 1 Gennaio 2017 vengono spenti i motori del server su cui era ospitato l'archivio digitale de «L'Unità» (unita.it, archivio.unita.it e relativi sottodomìni) la perdita ha portato con sé numerose complicazioni riguardo la reperibilità del materiale prodotto solamente per la versione digitale del quotidiano. L'archivio cartaceo, almeno fino al 2017, era gestito dalla proprietà del quotidiano (Pessina), lo avrebbe trattato con riguardo e avrebbe prospettato lavori di «valorizzazione e indicizzazione» trovandosi in un hub a Lentate sul Seveso in provincia di Monza10. Nulla pare sia stato poi messo in atto.

L’archivio digitale, invece, ha una storia a sé, controllato, come detto, dalla proprietà che aveva ridato vita al quotidiano che aveva come dominio unita.tv.

Ad ogni modo, una volta spenti i server un gruppo di hacker, per l'occasione rinominati dalla rete data ninja, si attivò dopo aver appreso dello spegnimento delle macchine mettendo in atto un parziale salvataggio del tutto rendendolo disponibile nel cosiddetto deep web, dunque consultabile solo accedendo tramite TorBrowser.

In realtà si trattava di esperti e tecnici che da anni lavoravano nel settore ITC11 e identificarli con l’appellativo “data ninja” evidentemente non rende loro giustizia:
«quando il sito originale dell'archivio de "l'Unità" è stato "spento" è stato fatto in modo incompleto: le macchine non sono state spente né rese irraggiungibili, è semplicemente stato rimosso il *nome* archivio.unita.it dal registro dei nomi (DNS). Ricordandosi l'indirizzo IP era dunque possibile, nei giorni immediatamente successivi all'annuncio e per un certo periodo di tempo in seguito, collegarsi al sito».
Una volta appresa che la scelta della proprietà era definitiva: «abbiamo deciso di salvare il salvabile». Ovvero:
«nello spazio di alcuni giorni abbiamo messo su un sistema di crawling ed archiviazione, puntandolo ai server ancora accesi, ed abbiamo così acquisito la maggior parte dell'archivio [...] Purtroppo in questa fase d'urgenza abbiamo "mancato" parti importanti dell'archivio originale, che infatti ora non sono più disponibili, quali ad esempio le edizioni locali, ed i numeri del quotidiano tra il 1929 ed il 1946, e questa è stata una svista che rimpiangiamo amaramente».
Poco dopo i server sono stati spenti davvero e in maniera definitiva. Tutto quello che non è stato recuperato è andato perduto.

Ma ora?
Grazie all’operazione messa in atto e grazie al fatto che l’archivio storico venne salvato parzialmente, venne anche registrato (sebbene non venne mai reso noto il nome del registrante) su un dominio pubblico tutto l’archivio digitale salvato dall’oblìo: archivio.unita.news. Il punto è che da lunedì 15 maggio 2023 a mezzanotte risulta inaccessibile. Sarebbe ovvio supporre che, a seguito di quanto realizzato dai data ninja, la nuova produzione non avrebbe acconsentito ulteriori diffusioni di quel materiale.

Sorgono dunque delle domande che indirizziamo al Direttore Piero Sansonetti, nonché alla nuova proprietà del quotidiano. Ci permettiamo di formularle e ci auguriamo che il Direttore voglia rispondere.

1) Che fine ha fatto l’archivio storico de L’Unità?

2) L’editore, oltre alla testata, ne ha rilevato anche l’archivio?

3) Che ne è dei progetti riguardo l’archivio del quotidiano della precedente gestione?

4) Tornerà ad essere online l’archivio digitalizzato e che fino a poco fa era reperibile all’indirizzo archivio.unita.news? La chiusura è direttamente connessa al ritorno in edicola del quotidiano per questioni legali?

5) Cosa risponde ai giornalisti della redazione de L’Unità che hanno criticato il ritorno in edicola senza la loro presenza?

[L'articolo è stato pubblicato da Atlante Editoriale https://www.atlanteditoriale.com/it/macrotracce/it-cosa-resta-della-memoria-de-lunita/, come al solito. Tuttavia, per chi volesse approfondire il tema, può leggere qui:

https://sostienepiccinelli.blogspot.com/2019/03/l-della-memoria-digitale.html;

https://sostienepiccinelli.blogspot.com/2019/07/la-memoria-perduta-dei-giornali.html;

e qui https://sostienepiccinelli.blogspot.com/2019/06/in-memoria-di-tre-quotidiani-di-partito.html magari andandosi a comprare pure il numero 59/2019 di Culture del testo e del documento]



Note

1

«Se perdo il referendum sulle riforme costituzionali smetto di far politica [...] Insisto su questa questione non perché voglio trasformare il referendum in plebiscito, come ha detto qualcuno. Ma perché intendo assumermi precise responsabilità».

Monica Rubino, Renzi sulle riforme costituzionali: “Se perdo il referendum, lascio la politica”, «La Repubblica», 12 gennaio 2016.

2Redazione, Matteo Renzi è il nuovo direttore del Riformista, la presentazione, 5 aprile 2023, «il Riformista».

3Redazione, L’Unità, la lettera del comitato di redazione: “Siamo ostaggi in un girone infernale”. Il giornale esce una volta l’anno da 4 anni, «Il fatto quotidiano», 10 maggio 2022.

4Andrea Fabozzi, Romeo compra la testata dell’Unità e Sansonetti annuncia: in edicola a gennaio, «il manifesto», 24 novembre 2022.

5Monica Rubino, L'Unità torna in edicola per un giorno firmata da Maurizio Belpietro: "L'editore me l'ha chiesto e mi sembrava giusto", «La Repubblica» 24 maggio 2019. 

«Ieri sera [verosimilmente 23 maggio 2019] l’editore Pessina mi ha chiamato chiedendomi semplicemente se potevo firmare il numero e io ho accettato. In tempo di crisi di giornali mi è sembrato giusto salvare una testata, che altrimenti rischia di sparire. Di certo non ho nessuna intenzione di fare il direttore dell’Unità, testata di cui peraltro non condivido molte delle cose che vengono pubblicate».
6L’acronimo sta per Europa-Youdem-Unità.

7L’archivio cartaceo venne digitalizzato nei primi anni 2000 quando il proprietario era l’ex presidente della Regione Autonoma della Sardegna.

8(al.car.), L’editore del Riformista pronto a salvare L’Unità dal fallimento, operazione da 910mila euro, «Sardinia Post», 19 novembre 2022.

9https://stamparomana.it/2009/05/19/liberta-di-stampa-dopo-la-sentenza-mills-berlusconi-allaquila-attacca-giudici-e-cronisti-natale-fnsi-chieda-scusa-ai-giornalisti/amp/ e anche https://www.youtube.com/watch?v=KMCigfbndZI.

10Dichiarazione resa da Enrico Olivieri della Pessina Costruzioni, contattato nell’ottobre 2017. Quanto riferito è stato pubblicato nel saggio “In memoria di tre quotidiani di partito: «L’Unità», «La Voce repubblicana», «Liberazione», ovvero: tre casi di studio su una esperienza (fallita) di conservazione digitale” per Culture del testo e del documento, 59/2019, Vecchiarelli Editore, <https://www.vecchiarellieditore.it/shop/culture-del-testo-e-del-documento-59-2019-n-s-23/>.

11Informazioni e dichiarazioni tratte ancora dal saggio di cui alla nota 10.

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