Il Sahara Occidentale esiste (*)

* di Andrea Guerrizio (pubblicato da Comune.info)

Il popolo saharawi è bloccato nei campi rifugiati nel bel mezzo del deserto e sta aspettando un referendum che non è ancora stato indetto. Io e Benjamin siamo stati lì in passato e abbiamo constatato la mancanza di acqua, la scarsità di cibo e le lesioni causate dalle mine sulle persone – Sanna Ghotbi – Abbiamo parlato con famiglie in pena costante per i loro parenti incarcerati ingiustamente nelle prigioni marocchine nel Sahara Occidentale, sono preoccupati perché sanno che vengono torturati e, a volte, spariscono nel nulla. C’è un blocco mediatico quasi impenetrabile ed è per questo che sono davvero poche le persone a conoscenza della questione saharawi”. Un incontro “scioccante”, il desiderio di saperne di più che si fa necessità di conoscere direttamente e raccontare sono all’origine del viaggio in bicicletta che Sanna Ghotbi e Benjamin Ladraa, due attivisti per i diritti umani di nazionalità svedese hanno intrapreso dal 15 maggio 2022 per arrivare, attraverso 40 diversi paesi e oltre 30.000 chilometri di pedalate, in Sahara Occidentale nel 2025 per far conoscere il dramma del popolo Sahrawi appunto nel Sahara Occidentale, un territorio in larga parte sotto la dura occupazione marocchina, delimitato da un muro lungo 2.720 chilometri – quanto la distanza in linea d’aria tra Roma e El Aaiún, la sua capitale – circondato da circa dieci milioni di mine, che divide il popolo saharawi tra quelli che vivono nelle aree controllate dal Fronte Polisario e quelli che vivono sotto occupazione marocchina”.


In questi venti mesi Sanna e Benjamin hanno incontrato politici e dialogato con la società civile al summit G7a Hiroshima, al Consiglio per i Diritti Umani del governo tedesco e con vari membri governativi svedesi, tedeschi, giapponesi e indonesiani e, infine, con trenta università in giro per l’Asia e l’Europa; hanno incontrato molte persone, alla cui curiosità per queste due biciclette cariche di bagagli e una strana bandiera ha fatto seguito spesso solidarietà e incontro: nei quattro mesi trascorsi in Giappone – raccontano – hanno dormito una sola notte in albergo, per il resto sono stati ospiti di chi ha aperto loro la propria casa.

In questi giorni sono in Italia: il 16 febbraio li abbiamo incontrati e ascoltati raccontare la loro avventura e la drammatica situazione del popolo Sahrawi presso i locali diZTL-bicidi Roma e nelle prossime settimane raggiungeranno in sella alle loro biciclette, 70 chilometri al giorno di media, Pisa, Firenze, Bologna, Milano e Torino, prima di ripartire alla volta di Svizzera, Francia, Andorre, Spagna, Portogallo, Algeria e quindi finalmente, nel 2025, Sahara Occidentale.

Il territorio del Sahara Occidentale è occupato illegalmente dal Marocco dal 1975 e i nativi saharawi stanno tutt’ora aspettando un referendum che darebbe loro l’indipendenza dal Marocco. Il quesito referendario è stato loro promesso dall’Onu e dal Marocco nel lontano 1991, ma ancora non si è svolto. Le condizioni di vita del popolo sahrawi sono drammatiche: tra i 200.000 che vivono nei campi profughi in Algeria. “Il Programma mondiale alimentare dell’Onu – evidenziano – stima che metà dei bambini al di sotto dei cinque anni soffra di anemia e un terzo soffre di malnutrizione. La restante parte della popolazione saharawi vive nei territori occupati dove la detenzione, la tortura e le sparizioni sono all’ordine del giorno”.

Secondo l’Onu il Sahara Occidentale è la più grande colonia del mondo rimanente e, tuttavia “non arriva alle dita di una mano il conto delle persone che alla domanda «Avete mai sentito parlare prima di stasera della situazione del Sahara Occidentale» in questi mesi abbiano risposto «Sì!…».

La cattiveria

Da ieri sera, attorno alle 20:00, gli uffici scolastici regionali di tutto il Paese stanno procedendo alla pubblicazione dei calendari di convocazione degli aspiranti docenti per il concorso cosiddetto «straordinario ter». Al di là di giudizi di merito attorno alla prova concorsuale, gli aspiranti insegnanti sono stati smistati là dove la burocrazia scolastica ha previsto lo svolgimento della detta prova scritta.

La palma d'oro alla cattiveria 2024 va all'USR della Toscana che ha convocato una parte degli aspiranti insegnanti all'Istituto superiore «Cerboni» di Portoferraio (Isola d'Elba).
Una prova concorsuale all'Elba durante il mese di marzo significa una sola cosa: abbiamo già il vincitore di diritto della "Palma d'oro per la cattiveria" di quest'anno (nonostante sia solo febbraio).

Per dirla à la livornese: oioi...

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

N.B. il premio non esiste, non ci sono palme in palio ed è tutto frutto della mente di chi cura questo blog.

Pareggio a Ciampino: Seydi salva la Borgata e CapoSTOP para il rigore-beffa all'ultimo minuto [ma mister Amico è furioso]

* la foto non si riferisce alla partita contro il Ciampino ma alla prima giornata di campionato contro il Casal Bernocchi

Lo so: è venerdì 23, tra due giorni c'è Borgata Gordiani - Trigoria e questo post arriva in tremendo ritardo.

Eppure è stata una domenica da ricordare: di quelle da segnarsi sul calendario tanta è stata la partecipazione dei sostenitori granata. Tornare all'"Arnaldo Fuso" di Ciampino significa rievocare la bruttissima sconfitta giunta quasi al termine della stagione di Seconda Categoria 2022/2023, in cui la borgata perse 5-1.
A Ciampino succedono sempre cose strane: per quanto più uno possa battersi per allontanare i fantasmi della stagione passata, ecco che essi si ripropongono con una veemenza senza pari. E se lo scorso anno De Maio segnava il gol del vantaggio al 12' del primo tempo, stavolta il gol arriva dopo 17 minuti. Cinque in più del precedente campionato, comunque entro i primi venti. Fossimo stati nella Grecia antica ci saremmo alambiccati su quale divinità ce l'abbia con la Borgata, ma siamo nel 2024 e la Prima Categoria sfugge ai bisticci tra Zeus e Atena. 

Il pregio di pubblicare questo scritto a cinque giorni dalla partita dà anche modo di riflettere attorno all'accaduto che ha portato in vantaggio il Ciampino: attorno al 17' Soru commette un errore servendo il pallone all'avversario in maglia 20. De Maio tenta il tiro e Pagano si adopera per ricevere il pallone e trattenerlo ma qualcosa va storto: lo prende, gli scivola dalle mani, non lo riesce a bloccare e lentamente la sfera supera la linea di porta, adagiandosi nella rete della Borgata, alle spalle di un infelicissimo Pagano. A fine primo tempo chiederà poi il cambio con Capostagno, sostituizione che mister Amico esaudirà. In tribuna ci alambiccavamo sul perché della sostituzione ma la situazione era, purtroppo, abbastanza ovvia: Pagano aveva perso fiducia a seguito di quell'episodio e, dunque, aveva chiesto la sostituzione. Utilizzo queste righe per infondergli coraggio e per tranquillizzarlo sul fatto che la fiducia - da parte di chi sta dall'altra parte delle recinzioni - ce l'ha.

Dopo l'episodio del pallone non trattenuto da Pagano, il Ciampino vuole già amministrare il risultato: ogni fallo rappresenta un'occasione per perdere tempo; ogni arto dolente diventa un'operazione a cuore aperto; ad ogni interruzione di gioco vengono a formarsi i classici "capannelli" attorno all'arbitro. E il tempo scorre.

Il primo tempo, praticamente, è un gioco psicologico del Ciampino: perdere tempo, provare a farsi vedere dalle parti di Pagano e raddoppiare il risultato. La Borgata alla mezz'ora è "sotto botta": andare sotto contro il Ciampino (penultimo in classifica), nel medesimo campo dello scorso anno e, peraltro, con un gol segnato dallo stesso avversario, è un boccone non facile da mandar giù. E il tempo scorre.

Il reparto offensivo granata si desta solamente attorno al 35': Chiarella prova il tiro dalla distanza ma l'estremo difensore (in tutto uguale a Jean François Gillet, se non fosse per l'altezza) è attentissimo e para il tentativo del nostro; un minuto dopo sono di nuovo i nostri a farsi avanti ma senza risultato. Alla fine del primo tempo il Ciampino riesce a conquistare ben tre punizioni da posizioni interessanti e, spesso, appena fuori dall'area di rigore: sui gradoni temiamo il peggio anche se esorcizziamo cantando.

La ripresa è tutta un'altra storia: la Borgata entra in campo col piglio granata, decisa a non essere nuovamente il "convitato di pietra" della partita contro il Ciampino. Per mezz'ora la squadra granata tiene palla, corre sulla fascia, costruisce ma, come al solito quest'anno, senza concludere. Ufficio complicazioni cause semplici.
E il tempo scorre...

E stavolta scorre inesorabilmente davvero: in un battito di ciglia siamo al 33' della ripresa, Mascioli (Moreno) è stato espulso per proteste (da questo punto di vista la squadra deve crescere molto...)  e il risultato è ancora inchiodato sull'1-0 per i locali, nonostante le iniziative granata e gli angoli che si sta guadagnando il reparto d'attacco, cercando ogni occasione buona per poter pareggiare i conti. Proprio al 33' è da segnalare il calcio d'angolo di Pompi: un tiro (altro che cross!) che di un nonnulla non riesce ad entrare e poter siglare il pareggio.

Una manciata di minuti dopo arriva l'ormai insperato gol granata: Mascioli (Francesco) batte il calcio d'angolo, Samba è lasciato da solo all'interno dell'area e ha il tempo di guardare il pallone che gli stava per spiovere sulla testa, coordinarsi, incornare perfettamente il pallone e battere Marino.

La beffa stava per arrivare quattro minuti dopo: l'arbitro ravvede il fallo in area di Capostagno ai danni di Rosadini e indica il dischetto.

Ma come rigore?
Eh, ao: rigore..
Dai, ma te pare! Ma che senso c'ha al 42'
Ma che te devo dì...
E pure se t'o dicessi che t'o dico a fa...


Rigore.
Pensi alla classifca: ai - potenzialmente - 14 punti del Ciampino e allo scivolare di nuovo in basso della Borgata; a tutti i gol divorati a un passo dalla porta e a tutti quelli che, invece, la squadra ha subito per errori difensivi (citofonare Capostagno - due volte - contro la Magnitudo); a tutte le partite che verranno e che va a capì come andranno.

L'arbitro fa sistemare, nel frattempo, gli atleti dietro la linea dell'area.
Fischia.
E Capostagno para!

Quello che è successo dopo, francamente, non lo ricordo tanto era l'entusiasmo. L'arbitro ha fischiato al 48' e sono dovuto andare via subito per tornare a casa.

All'uscita ho visto mister Amico che si sistemava lo zaino sulle spalle: vado incontro a lui allargando le braccia, raggiante, urlandogli: «Mister!! Pareggio!!». Anche se mi stringe la mano e mi abbraccia non sembra essere positivo: «Non sono così felice».
Quattro parole prima di andarsene.

A mente fredda, c'è poco da gioire: un pareggio strappato all'ultimo contro la penultima in classifica, un attacco che non riesce a segnare, gli errori che vengono pagati tutti e con gli interessi. C'è poco da esser felici: ha ragione il Mister.

E poteva andare anche peggio: Samba avrebbe potuto non segnare, il rigore avrebbe potuto essere trasformato in raddoppio. E allora te salüdi morale e squadra. Sarebbe stata davvero una catastrofe.

Torni a casa in fretta perché hai ospiti a cena e devi finire di preparare.
Sei senza voce e talmente stordito da tutto quello che è successo in poco più di novanta minuti che ti gira la testa.
Tornare da una partita della Borgata è come rivedere quel tuo amico, quello con cui ogni tanto ti piace sederti ad un tavolo di un bar davanti ad una birra o ad un bicchiere di rosso, e ridere insieme. Quello per cui torni a casa con la testa un po’ tra le nuvole. Senza farla lunga: avete capito di cosa sto parlando. Leggerezza. Certo: se la Borgata avesse vinto, avrebbe quasi agganciato l’Almas a 24 punti; se la Borgata avesse vinto ci saremmo rifatti (quantomeno parzialmente) di quella débâcle dello scorso campionato. Ma tant'è.

 

Fianco a fianco, sempre!

 

 

Il tabellino della ventunesima giornata di campionato | Prima Categoria Laziale | Girone G

POLISPORTIVA CIAMPINO - BORGATA GORDIANI 1-1

MARCATORI
: 17’pt De Maio (C), 38’st Seydi (BG)

POLISPORTIVA CIAMPINO
: Marino, Balducci, Calenne, Carletti, Perrella, Del Monaco, De Maio (1'st Rosadini), Manfré (32'st Di Lauro), Mazzoni (25'st Di Blasi), Cibuku (14'st Maccarini), Imperiali. PANCHINA: Calvaresi, Belardinelli, Giacoppo, Marrocco.
ALLENATORE: Armando Izzo.
[De Maio entra in campo col numero 20 anziché col 7 come indicato sulla distinta].

BORGATA GORDIANI
: Pagano (1'st Capostagno), Caporalini, Piccardi, Pompi (33'st Seydi), Chimeri (18'st Fonzo), Colavecchia, Di Stefano, Mascioli F., Chiarella (33'st Ciamarra), Mascioli M., Soru (33'st Marku). PANCHINA: Barsotti, Segatori, Proietti, Martucci.
ALLENATORE
: Fabrizio Amico.

ARBITRO: Leonardo Cappelli (Roma1)
NOTE: ESPULSO al 31’st (doppia ammonizione) per proteste Mascioli M. (BG). AMMONITI: 21’pt Perrella (C), 33’pt Mascioli M. per proteste (BG), 38’pt Chimeri (BG), 44’pt Del Monaco (C), 42’st Capostagno (BG). RECUPERO: 2’pt - 3’st. ANGOLI: Polisportiva Ciampino 2- 5 Borgata Gordiani. 

Cuneo rosso a Santa Maria del Soccorso

Foto di katalin gyurasics su Unsplash

Un mese fa ricorrevano due date storicamente importanti: la nascita del Partito comunista d'Italia (Pcd'I) e la morte di Lenin. Entrambi i fatti sono avvenuti il 21 gennaio sebbene il secondo a distanza di tre anni dal primo: il Pcd'I è stato fondato al Teatro San Marco di Livorno il 21 gennaio 1921 e Lenin è morto a Gorki il 21 gennaio nel 1924.
Il 21 gennaio 2024 qualcuno ha affisso un manifesto dedicato a Lenin all'entrata della fermata di Santa Maria del Soccorso della Linea B di Roma: ha resistito per un paio di settimane.

Ho subito immortalato il manifesto a forma di freccia, immagino realizzato appositamente per ricordare il celebre quadro di Lissitzkij, e ogni giorno andavo al lavoro un po' più felice: anche se ho abbandonato l'attività militante, c'è qualcuno che continua e ricorda. Mi sono sentito di nuovo parte di qualcosa: comunque meno isolato e più compreso.
È bastato poco, in fondo: è bastato un manifesto.

Succede, come capita spesso in questi casi, che qualcuno della parte avversa noti il manifesto e si preoccupi di andare prima ad imbrattarlo e successivamente proceda a strapparlo (ad oggi il manifesto resiste ancora nella sola parte del volto di Lenin, sebbene strappato in più parti).
Ma la cosa che mi ha più colpito e destabilizzato è stata la sequenza di azioni che si sono riversate sull'affissione.
La prima: una scritta a pennarello, dunque visibile solo se l'occhio del passante si fosse avvicinato molto, a caratteri cubitali: "MERDA".
La seconda: il manifesto strappato nelle parti in cui risultava più facile l'operazione.

Non appena ho notato la scritta col pennarello nero mi sono fermato davanti al manifesto con le mani nelle tasche dei pantaloni. Istantaneamente ho ripensato ripensato ad un film: La marcia su Roma. Una tragicommedia in cui i protagonisti, Gassmann e Tognazzi, decidono di intraprendere  la marcia su Roma (per l'appunto) dopo aver aderito al movimento dei fascisti, allora ancora intriso di sansepolcrismo. Gassman, furbesco traffichino che viveva millantando di essere stato reduce della Prima guerra mondiale chiedendo elemosina e vivendo sulle spalle degli altri in virtù di una condizione pregressa inventata (reduce perché coscritto non "per spirito patriottico"), riesce a convincere ad aderire al fascismo un Tognazzi che interpretava un cristiano pienamente sfiduciato nei confronti della politica ed economicamente sul lastrico.
L'opera di persuasione è la seguente: leggere allo stremato Tognazzi tutto il programma di Piazza San Sepolcro. Istituzione della Repubblica, suffragio universale, giornata lavorativa di otto ore, redistribuzione delle terre, sequestro dei beni delle congregazioni religiose e via dicendo.
La Storia suggerisce che i binari della propaganda sono spesso binari morti: dopo il '22 rimase il Re, ci fu il concordato, la giornata lavorativa rimase invariata (e le condizioni dei lavoratori peggiorarono) e via dicendo.
Tognazzi ci casca (la redistribuzione delle terre era un punto troppo importante perché potesse venir ignorato: sognava di diventare proprietario terriero) e anche lui decide di indossare la camicia nera: insieme salgono sul camion per la marcia su Roma e ad ogni tappa - qui sta il nesso comico ma anche tragico - si rende conto che i punti del programma che gli era stato annunciato trionfalmente vengono tutti disattesi, uno dopo l'altro. 

Arrivati in una città per una sosta lungo il tragitto, un giovane Mario Brega (proprio lui) scende dal camion in cui erano anche i nostri protagonisti per unirsi al gruppo di camice nere che stavano dando fuoco ad una tipografia socialista. I fascisti già presenti sul posto, prima dell'arrivo dell'ultimo gruppo, stavano buttando dalle finestre quel che trovavano, compresi dei quadri e delle immagini contenenti dei simboli ideologici che erano affssi all'interno della tipografia. La prima raffigurazione che riversano a terra con violenza è quella di Lenin, su cui una camicia nera sfoga tutta la sua frustrazione colpendone a manganellate il volto della riproduzione. La seconda parte della furia spetta a Marx: «buttalo giù quer capoccione», urla Gassmann il quale, proditoriamente, osserva la scena stando un passo indietro.


Tognazzi prende il programma che aveva nel taschino (ne portava sempre una copia con sé per monitorare  che tutto procedesse "secondo i piani") e protesta con l'amico: «qui c'è scritto libertà di stampa ma stiamo bruciando una tipografia!». Gassmann lo prende in giro e lo liquida con un'espressione tipicamente romana: «e nun sta a rompe», accompagnata dall'eloquente gesto delle braccia che si allontanano dal corpo cercando ampiezza. Un altro punto del programma non rispettato, con tutta evidenza. 

Canti e controcanti di voci mainstream (e non) affermano oggi la fine delle ideologie, deridendo chi ancora vi rimane attaccato e - peggio - utilizzando il termine in senso dispregiativo come sinonimo di grettezza culturale e ristrettezza di visione. Costoro, di solito, sono poi indulgenti verso la peggiore ideologia (certi che non andrà a ledere l'apparato come non ha fatto in passato): ne hanno assimilato ogni stortura e ogni sfumatura, sia essa politica (in prassi e in teoria), sia essa morale.
L'importante è cancellare ogni riferimento a quell'idea (l'altra, eh) che, terminata in tragedia con lo stalinismo, aveva rovesciato l'ordine costituito e abbattuto il regime degli Zar, aveva dato la pace ad una nazione martoriata, aveva dato speranze e orizzonti al mondo intero.

E continua e continuerà a farlo per l'eternità.
Nonostante le scritte oscene sui manifesti (che manco si leggono, en passant).
Nonostante l'esigua minoranza e l'inadeguatezza dei suoi rappresentanti.

Scusaci, Lenin.
Non faremo morire l'idea, nonostante la fase, la situazione, nonostante noi.
Scusaci Lev.

Fino all'ultimo secondo: la "zampata" di Pompi vale il pareggio al 92'!

Che sia grinta o sia la più proverbiale tigna poco cambia o importa ai fini della storia di oggi. Perché di storia si tratta, in tutto e per tutto: ogni partita è a sé e questa lo è stata ancora più delle altre. C'è chi sostiene pervicacemente che il calcio sia una rappresentazione della vita dell'uomo in soli novanta minuti: impossibile dar torto a chiunque abbia fornito una tale definizione. 

La carta non lasciava spazio ad alternative o ad interpretazioni troppo personali o fideisticamente legate al tifo: la Borgata avrebbe dovuto perdere "tanto a poco" contro una Dinamo lanciata verso il terzo posto, desiderosa di non perdere terreno che la separa dalla prima della classe (Castelverde) e anche dalla seconda (Rocca di Papa-Canarini). Eppure, dopo la vittoria contro il Montedoro gli stellati della Dinamo non sono stati conseguenti: risultati interessanti (un pareggio a reti bianche contro il Castelverde e un 1-1 contro i Canarini) ma nulla che abbia proiettato verso l'alto la squadra di mister Bramante. La vittoria contro la Polisportiva Diritti è sembrata fin troppo stretta per una compagine desiderosa di farsi valere.
Insomma: sarebbe stato tutto già scritto. E invece no.

La Borgata gioca col cuore fin dalle prime battute e già al primo tempo dopo cinque minuti, Chimeri ferma l'ala Lonardo (vera spina nel fianco della difesa granata, per rapidità e capacità di svicolare tra le maglie difensive): è il primo cartellino giallo della partita, è per l'avvocato e sarà poi fatale averlo preso ora.
L'occasione d'oro per la Dinamo arriva due minuti dopo, al 7' della prima frazione di gioco: Acanfora riesce ad arrivare fino alla fine del campo lasciando immobile Caporalini, il suo passaggio filtrante arriva al centro dell'area direttamente tra i piedi di Lonardo ma l'11 è disturbato da Colavecchia e manca di un nonnulla il pallone. La Borgata incassa l'iniziativa della Dinamo ed è costretta a ripiegare più volte in difesa e, spesso, non riesce a difendersi con ordine: al 16' un errore di Chimeri (probabilmente l'unico della partita) regala il pallone a Lonardo ma, ancora una volta, per una parte della difesa che non ha funzionato, l'altra parte è vigile e reattiva. Stavolta è Mascioli (Francesco) a togliergli il pallone dai piedi e a negare il gol che l'11 locale sta cercando sin dai primi minuti di gioco. 

La Borgata ha capito che c'è da soffrire, almeno in questa fase, almeno nel primo tempo: la difesa ha imparato alla svelta dopo i primi due episodi che deve essere molto più compatta. D'altra parte, però, gli undici di Bramante spingono più volte e dunque sono piuttosto rare le occasioni create dai nostri, non già per mancanza di volontà ma perché le incursioni vengono tutte soffocate prima ancora che essere possano arrivare dalle parti del portiere Repetti. 

La ripresa è tutta un'altra storia.
I ritmi si sono alzati ed entrambe le squadre provano a cercare l'occasione quale-che-sia: non importa il bel gioco o il gesto tecnico che serve il compagno, l'importante è sbloccare il risultato.
Si verifica una fase del confronto tra le squadre di batti-ribatti in cerca di una punizione da posizione interessante: Ottaviani (Dinamo) ne batte quattro dall'inizio della seconda frazione di gioco, Mascioli (Moreno - Borgata) altrettante. Entrambi, c'è da dire, con scarsi risultati.

I granata, però, iniziano a costruire meglio e la Dinamo si ritrae, forse non aspettandosi la reazione ospite. Al 22' è Piccardi ad avanzare quasi indisturbato nella trequarti e a provare il tiro: Repetti blocca come ha fatto fino a quel momento. 

Ma è qui che le cose cambiano. Siamo al 29'. Perché se è vero che «la vita si deve prendere come viene», è anche vero quello che rispondeva Massimo Troisi all'affermazione della madre nel film "Scusate il ritardo": «Allora io so scemo! ’a vita s’adda piglià comme vene… e io secondo te ’a piglia comm và? Ij ’a piglia comm vene, ma guardacaso a me vene sempe ’na chiavica, guarda ’a combinazione!».
Traduco senza velleità di completezza di significato in quanto non pienamente padrone del dialetto partenopeo: «E certo, perché secondo te io la vita la prendo come va? Io la prendo come viene, solo che a me risulta essere sempre molto molto molto molto sfavorevole».

Ecco, la chiavica è arrivata al 29': palla persa a centrocampo, Lonardo fugge e non c'è nessun granata davanti a lui se non Capostagno. Chimeri lo atterra: doppia ammonizione. Rigore e Borgata in 10.

Il lettore avrà dunque capito il perché di quella affermazione di Troisi, nonché l'utilità di citarla proprio in questa circostanza.

La Dinamo va in vantaggio ma la Borgata non demorde, anzi, emerge una sorta di istinto primordiale di sopravvivenza che la fa avanzare più volte riuscendo a intimorire la difesa locale. Al 40' Cicolò  rimedia un angolo, non senza aver impegnato il portiere ospite nella deviazione: il corner non sortisce l'effetto sperato (due su due non battuti bene, forse vale la pena  segnalare il dato come spia per la prossima partita). L'arbitro dice che i minuti da recuperare sono 8. Caldo implacabile e rassegnazione iniziano a montare. Il guizzo della (e nella) storia. Il pareggio arriva al 47', quando tutto iniziava a mostrarsi come sconfitta per i granata: due minuti dopo la fine del tempo regolamentare, in pieno recupero. Punizione di Mascioli (Moreno), gran mischia in area per cui, causa sole, personale miopia e tensione da "speriamo che succeda qualcosa", non s'è capito molto se non che Pompi ha colto il momento opportuno e ha battuto Repetti. 

Corre verso la tribuna e si toglie la maglietta: sesto gol in campionato. Verrà ammonito per eccesso di foga ma... abbiamo pareggiato!

Un pareggio conquistato così con le unghie non ce lo ricordavamo dai tempi della partita contro il Vesta in cui Zannini e Cassatella erano riusciti a rimontare il 2-0 del primo tempo. 

La Borgata c'è, gioca col cuore anche se a ranghi ridotti, così come succederà per la prossima partita in cui la Magnitudo verrà al "Vittiglio": senza Chimeri, senza mister e, forse, ancora senza Cultrera.

Il tabellino della diciannovesima giornata di campionato | Prima Categoria Laziale | Girone G

DINAMO ROMA - BORGATA GORDIANI 1-1

MARCATORI: rig 30’st Lonardo (D), 47’st Pompi (BG)

DINAMO ROMA: Repetti, Pistillo, Scipioni, Paletta, Petrosino (27'st Fontebasso), De Chiara, Acanfora, Alessandrelli (43'st Ibrahim), De Cesaris (46'st D’Alessio), Ottaviani (19'st Antonelli), Lonardo (35'st Catalano). PANCHINA: Iacovone, Parisi. ALLENATORE: Diego Bramante

BORGATA GORDIANI:
Capostagno, Colavecchia, Caporalini (18'st Piccardi), Mascioli M. (50'st Fonzo), Chimeri, Mascioli F., Di Stefano, Pompi, Chiarella (24'st Ciamarra), Cicolò, Soru (24'st Marku). PANCHINA: Ienuso, Martucci. ALLENATORE: Fabrizio Amico

ARBITRO: Luigi Veri (Aprilia)

NOTE: ESPULSI: 33’st Chimeri (BG) per doppia ammonizione, 42’st mister Amico (BG) per proteste.
AMMONITI
: 5’pt Chimeri (BG), 9’pt Lonardo (D) per simulazione, 40’pt Caporalini (BG), 14’st Mascioli M. (BG), 47’st Pompi per eccesso di foga. ANGOLI: Dinamo Roma 2 - 2 Borgata Gordiani. RECUPERO: 1’pt - 8’st

La paura delle formiche

Foto di Prabir Kashyap su Unsplash Da giorni sta facendo discutere quanto affermato dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella al...