Preservare la salute e l’economia, tenendo insieme le due questioni, così ha dichiarato il Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte nel corso della conferenza stampa di ieri 25/10/2020. «Gli ultimi dati epidemiologici che abbiamo analizzato non ci possono lasciare indifferenti. L’analisi segnala una rapida crescita con la conseguenza che lo stress sul sistema sanitario nazionale ha raggiunto livelli preoccupanti […] Dobbiamo fare il possibile per proteggere salute ed economia».
C’è chi accusa i comunisti di avere parole d’ordine antiche, vecchie, che non entusiasmano più nessuno o, ancora meglio, di possedere idee talmente irrealizzabili da essere utopiche. Così almeno è quel che dichiarano i detrattori siano essi socialdemocratici, riformisti o ancor peggio liberali o radicali.
Quel che ha dichiarato il Presidente Conte, nella conferenza stampa in cui ha presentato l’ultimo Dpcm, è infinitamente più utopico delle idee bollate come “antiche e irrealizzabili” che vengono attribuite, spesso ben condite da luoghi comuni e pregiudizi, ai comunisti.
Nella fase attuale, nel concreto della situazione, entrando nella carne viva della pandemia in atto nel nostro paese e nel mondo, affermare di voler tenere insieme la salute delle persone, delle lavoratrici e dei lavoratori, con l’economia, è enormemente più fantascientifico di chi bolla i comunisti come “superati dalla storia”.
Il primo lockdown ci ha insegnato come i settori più colpiti fossero quelli su cui la scure del capitale si è abbattuta più duramente nel corso degli ultimi 30 anni.
Non staremo qui a ripetere quanto il coronavirus abbia portato in superficie ogni contraddizione del sistema capitalistico, già ampiamente trattato dal nostro partito con articolo, analisi, volantini e iniziative a riguardo.
Già il 5 aprile di quest’anno [2020], tuttavia, denunciavamo come si stesse aprendo una profonda contraddizione tra la «pressione confindustriale a ripartire subito e a qualunque costo e la richiesta di continuità del confinamento per un tempo non breve da parte delle autorità sanitarie». Il governo, posto nella proverbiale condizione infelice tra “il martello e l’incudine”, tentennò un po’ salvo poi riaprire nel giro di breve tempo. Riaperture, in quella fase, in cui continuavano a mancare «su tutto il territorio nazionale, strumenti di protezione elementare per la popolazione, per gli operatori sanitari, per i lavoratori e le lavoratrici».
Una condizione evidentemente esplosiva che ha portato con sé in dote l’aumento esponenziale di nuovi contagi. Ma il mantra era «l’economia non può permetterselo» al punto che anche settori popolari hanno iniziato ad introiettare questo ritornello.
Stando sempre alle parole di Conte di ieri, pare sia è «velleitario» arrivare alla somma zeri di contagi, positivi e guariti.
Il punto è che non c’è niente di velleitario nel rivendicare condizioni igienico-sanitarie di vita quotidiana per il lavoro e la vita privata delle persone.
Velleitarie sono le posizioni di Confindustria
Quel che si sta andando a delineare nel prossimo mese è un lockdown non dichiarato per cui le persone sono semplici unità di produzione che possono recarsi presso il proprio posto di lavoro, tornare a casa, fare la spesa. Produci, consuma, crepa. Il mantra è sempre lo stesso. L’emergenza per i padroni è un conto, l’emergenza per i lavoratori è ben altra cosa, lo dimostrano i dati dell’incremento esponenziale delle ricchezze dei multimiliardari che gestiscono celeberrime aziende transnazionali.
La guerra – come giornalisti e professori universitari l’hanno chiamata nel corso dei primi mesi della pandemia – contro il coronavirus è una certezza, così come lo è quella contro il capitalismo, solo che quest’ultimo rappresenta una patologia infinitamente più grave: è lo stesso sistema sociale che ha demolito ovunque i servizi sanitari per favorire il sostentamento alle banche e ai capitalisti e riverserà nuovamente la propria crisi sulla maggioranza della società a partire dal lavoro.
Anche per questo la guerra contro il coronavirus è inseparabile da quella contro il capitalismo: o la Borsa o la vita.
Anche perché, davvero, non abbiamo nulla da perdere all’infuori delle nostre catene: abbiamo un mondo da conquistare.
Articolo pubblicato sul sito del Partito comunista dei lavoratori: https://www.pclavoratori.it/files/index.php?obj=NEWS&oid=6753
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