Politiche europee bipartisan. Intervista a Domenico Moro.

L'agosto, per l'esecutivo delle larghe intese capitanato da Enrico Letta, è stato più caldo delle già roventi temperature estive.
Il governo ha rischiato di frantumarsi in più di qualche occasione e il pretesto è stato quasi sempre fornito dalla data del 9 settembre, giorno in cui la giunta per le elezioni in Senato dovrà pronunciarsi circa l'attuazione della legge Severino sull'incandidabilità (approvata sia da Pd che da Pdl).
Che il Pd sia diviso in merito non v'è alcun dubbio, tant'è che la stessa Rosy Bindi, nel pieno del polverone alzatosi in casa democratica, aveva affermato che se ci fosse stato qualcuno che non avrebbe votato per il sì alla decadenza del Cavaliere, avrebbe senza dubbio fatto continuare a vivere l'esecutivo ma non il Partito.
In un clima come questo, il governo sospende l'Imu e istituisce, a partire dal 2014, la Tassa sui Servizi (alias Service Tax).
La seconda, quindi, andrà a sostituire la prima per la quale il partito di Silvio Berlusconi sta già gridando alla vittoria: la promessa elettorale è stata mantenuta.
Poco importa che se invece di Imu si chiami Service Tax, e che avrà un impatto uguale se non maggiore della precedente Imposta municipale unica.
Ciò che importa al Popolo della Libertà, ora, è ricominciare la campagna elettorale: si deve essere pronti a tutto.
E allora, via ai manifesti col bisimbolismo Pdl-Fi che inneggiano alla vittori sull'Imu e alla promessa mantenuta; via alla martellante pubblicità Berlusconiana che è arrivata anche su Youtube, con migliaia di annunci in calce al video che l'utente inizierà a caricare per poter vedere sul proprio pc.

Anche le correnti zoofilo-ornitologiche dei falchi e delle colombe del Pdl sembrano calmarsi ma, forse, solo momentaneamente.
A tutto questo prova a dare una spiegazione, a tracciare una linea, Domenico Moro, giornalista e autore del volume “Club Bilderberg”.

L'agosto, per il governo Letta, è stato molto caldo e irrequieto: minacce di crisi e tensioni arrivavano dal Pdl. Ora che il nodo-Berlusconi arriva al pettine tra pochi giorni, il Governo tecnico potrebbe diventare "Governo balneare", segnare la fine delle larghe intese e il trionfo del berlusconismo o l'esatto contrario?

Innanzitutto, bisogna evidenziare come, nel momento in cui c'è stata un'avvisaglia di crisi di governo, dopo la condanna di Berlusconi, si è registrato un crollo della borsa e le azioni Mediaset sono crollate del 6,2%.
Berlusconi, in poche ore, ha perso circa 150 milioni. Subito dopo, egli è diventato un po' più ragionevole e ha smorzato le polemiche che i cosiddetti falchi del Pdl avevano portato avanti.
Il punto è che i mercati finanziari non vogliono che Letta cada, o meglio preferiscono che, in questa fase, ci sia un governo delle larghe intese che dia una certa stabilità.
E' vero che, comunque, questo governo è molto fragile e non adeguato a proseguire col programma che i mercati finanziari e l'Europa intendono portare avanti.
Il problema principale, però, è che non è stata ancora riformata la legge elettorale: per cui se si dovesse andare a nuove elezioni, si rischierebbe di riprodurre una situazione di parità - o comunque di difficoltà - nel governare in modo univoco e questo non fa piacere né ai mercati finanziari, né al capitale europeo che, entrambi, vogliono un governo forte, in base al principio della governabilità.
Quello che bisogna risolvere, quindi, è essenzialmente il problema della legge elettorale che rimane un nodo molto difficile, per le difficoltà che ci sono all'interno del governo.

Del resto, lo stesso Berlusconi vede che i sondaggi non sono così favorevoli e non è così disponibile ad andare alle elezioni in tempi brevissimi.
Inoltre, ha ancora Forza Italia da ricostruire: ci vuole tempo per trasformare il Pdl in una nuova Forza Italia; lo stesso Pdl, poi, vive una spaccatura, più o meno ampia a seconda dei momenti, tra i cosiddetti falchi e le cosiddette colombe.
In pratica: la caduta del governo non è così probabile a breve.
Lo stesso Berlusconi comincia a ritenere valida l'ipotesi di chiedere la grazia a Giorgio Napolitano e, lo stesso Presidente della Repubblica potrebbe trovare qualche formula che permetta a Berlusconi di continuare a ricoprire il suo ruolo politico senza mettere in difficoltà il Pd che, ovviamente, si troverebbe in grave imbarazzo a votare contro l'autorizzazione a procedere nei confronti di Berlusconi.
Il pallino, quindi, di tutta la faccenda è nelle mani di Napolitano che è il “dominus” - come lo è sempre stato - della politica italiana e il vero garante delle politiche europee.

Se il governo dovesse cadere, ci possono essere due soluzioni, oltre a quella di andare direttamente al voto: una è quella di un governo Pd con l'appoggio di alcuni transfughi del Movimento cinque stelle e del Pdl, e dei senatori a vita; la seconda è, addirittura, quella di un governo tecnico.
In questi due casi si potrebbe pensare alla risoluzione, eventuale, del problema della legge elettorale.

Le faccio due domande su quello che ha appena detto. La prima è in merito alle “correnti” dei cosiddetti falchi e colombe del Pdl: si può dire che, in questo momento, le due fazioni si sono rasserenate (come Berlusconi dopo il calo della Borsa), oppure sono, semplicemente, in tregua e pronte a rifar sentire la propria voce all'interno del partito, qualora ci fossero delle situazioni che lo dovessero richiedere?

Io credo che ci sia una parte del Pdl che vuole tenere ancora in piedi questo governo e un'altra che, invece, vuole farlo cadere: questo è abbastanza evidente.
Probabilmente si tratta di due frazioni che fanno riferimento ad interessi diversi: la parte che vuole sostenere il governo Letta è più attenta agli interessi del capitale finanziario, a quelli dell'Europa e a quelli di politiche di carattere bipartisan che, comunque, il Pdl porta avanti assieme al Pd.
Il punto di fondo è che Berlusconi si trova in una situazione complicata non solo per via delle sue aziende, ma anche perché molto difficilmente, stante la legge elettorale in vigore, potrebbe ottenere quella maggioranza che gli consenta di governare e fare come vuole: anche lui è condizionato da una situazione che mette in difficoltà l'intero sistema politico.
Quindi, non si tratta solo degli interessi economici suoi, che pure esistono, ma anche di un contesto politico di cui deve tener conto; oltre al fatto che il Fiscal compact europeo, comunque, impone determinati vincoli ai quali sia Pd che Pdl hanno aderito. E a cui anche Berlusconi è allineato.

La seconda domanda è in merito all' “imbarazzo del Pd di votare contro l'autorizzazione a procedere nei confronti di Berlusconi”, è possibile che Luciano Violante sia l'anima del partito mandato in avanscoperta?

Violante ha sempre portato avanti posizioni concilianti nei confronti della destra, basti ricordare le sue posizioni sulla Resistenza di qualche anno fa: è l'anima del Pd, forse, più spinta verso il bipolarismo e interessata, in qualche modo, a conservare l'avversario Berlusconi/Pdl.
Proprio perché, tutto sommato, al Pd ha fatto comodo Forza Italia prima e il Pdl dopo: concentrare tutte le sue polemiche su Berlusconi in modo tale da portare avanti una politica regressiva sul piano economico-sociale.
E' altresì evidente che il Partito Democratico non può assumere posizioni troppo morbide nei confronti di Berlusconi, proprio perché entrerebbe in contraddizione con la sua polemica ventennale con il leader del Pdl.
Da una parte, quindi, ci sono tendenze e tensioni a conservare questo governo e a permettere a Berlusconi di mantenere la sua agibilità politica; d'altra parte è molto difficile, però, scoprirsi e compromettersi apertamente per fare questo.

Questa situazione, quindi, si riflette anche sull'azione di governo a livello di politica interna e su tutte le derubricazioni di ipotesi di riforme del governo Letta-Alfano: la situazione in cui versa l'esecutivo è in una fase di stallo?

La situazione è in stallo perché, in realtà, il governo non sta facendo moltissimo, anche dal punto di vista delle politiche europee che tuttavia sono sempre in continuità, con un orientamento, con una linea guida che è quella già evidenziata dai governi precedenti, soprattutto dal governo Monti.
Anche perché, non ci si deve dimenticare che Enrico Letta, come Monti, è stato membro della Trilaterale e invitato alla riunione del Club Bilderberg dell'anno scorso quando Mario Monti era primo ministro: Letta, dunque, è uno dei politici italiani che più garantisce il grande capitale transnazionale.
E' chiaro che la situazione che abbiamo descritto prima, di governo delle larghe intese con una forte presenza del Pdl, rende più difficile l'azione di Letta.
In realtà, però, i vincoli del Fiscal Compact e dell'introduzione del pareggio di bilancio in Costituzione continuano a pesare sull'azione di governo, determinandone le scelte: su questo né il Pd, né il Pdl fanno alcunché di contrario.
Prendiamo, per esempio, la questione della presunta abolizione dell'Imu. Dico “presunta” perché in realtà l'Imu è stata sospesa per quest'anno - sostituita da altre fonti di entrate tra le quali l’aumento delle accise che pesa in proporzione più sui poveri che sui ricchi – e soprattutto il prossimo anno verrà ristabilita sotto altre forme, cioè nella forma della cosiddetta Service Tax che, di fatto, sarà una super-tassa che rischia di far impallidire l'Imu, sotto il profilo della pressione fiscale.
Tra l'altro, una cosa che non si sa, è che la Service Tax non peserà soltanto – e questo è gravissimo -, sui proprietari delle case, ma anche sugli affittuari.
Inoltre, i comuni sono autorizzati ad aumentare le aliquote della componente sui servizi indivisibili (la cosiddetta Tasi) in misura massima tale da determinare un gettito che è pari al maggior gettito che deriverebbe dall'applicazione dell'aliquota massima Imu per l'abitazione principale, ovvero il 6x1000.
Nella migliore delle ipotesi, quindi, ci ritroveremo con una tassa della stessa entità dell'Imu, nel caso peggiore con una tassa ancor più pesante.
Quello che è ancora più preoccupante, e su questo ancora meno si sente discutere in Italia, è che dal 2014 entrerà in vigore quella norma del Fiscal Compact che prevede la riduzione del debito pubblico italiano della metà: da circa il 130% al 60%.
L'Italia, in vent'anni, dovrà tagliare qualcosa come oltre mille miliardi, e ciò vuol dire che ogni anno dobbiamo eliminare 56-57 miliardi di debito, con un avanzo primario (senza spesa per interessi sul debito) che dovrebbe arrivare addirittura a 146,6 miliardi, ovvero il 9% del Pil.
Si tratta di un onere insostenibile che assorbirebbe circa il 60% delle imposte dirette.
È evidente che questa norma del Fiscal Compact peserà sull'azione di qualunque governo, e potrà essere portata avanti solo con tagli draconiani nei confronti delle voci più importanti della spesa pubblica: la sanità, soprattutto.
Ma si interverrà, probabilmente, anche sull'assistenza in generale, sui servizi pubblici in generale e sulle pensioni.
È stato anticipato da diverse fonti governative che la controriforma Fornero, molto probabilmente, sarà bissata da ulteriori controriforme che peggioreranno la situazione pensionistica.
Il tutto, poi, farà peggiorare le condizioni dell'occupazione e dei lavoratori: è chiaro che se si sposta in avanti l'età pensionabile, si rende più difficile il ricambio tra chi va in pensione e chi vorrebbe entrare nel mondo del lavoro.

Prima lei ha fatto riferimento alle politiche europee. Cosa è cambiato, in quell'ambito, dal governo Berlusconi al governo Letta, passando per i tredici mesi di Monti?

In realtà è cambiato poco.
Già lo stesso Berlusconi, nell'ultima parte del suo governo, aveva accettato le linee guida dell'Europa. La disoccupazione aveva cominciato, infatti, ad impennarsi già durante il suo governo giungendo a livelli molto alti a seguito di politiche economiche recessive contrarie alle politiche che si devono operare in stato di crisi, quando, appunto, bisognerebbe portare avanti delle politiche espansive e non politiche di riduzione draconiana del debito e del deficit pubblico.

Quindi, sostanzialmente, nessuna differenza ma, anzi, una continuazione...

Una continuazione, certo.
Bisogna dire, però, che il governo Monti è stato più deciso nel portare avanti le politiche europee del governo Berlusconi.
Non a caso, il governo Berlusconi all'epoca, era parecchio criticato dal capitale finanziario europeo e dagli organi di stampa che ne sono espressione (come il 'Financial Times' e 'The Economist').
Monti e Letta, quindi, sono una garanzia maggiore per questo settore del capitale (il grande capitale europeo, finanziario e transnazionale), di quanto non sia lo stesso Berlusconi.
Ciò non vuol dire che Berlusconi porti avanti, ovviamente, politiche popolari; significa, semplicemente, che ci sono politici che sono più spregiudicati nel portare avanti le politiche di austerità e altri che sono un po' meno conseguenti.
Lo stesso 'The Economist' scriveva nell’ultimo numero di giugno: «L’Italia rappresenta una anomalia in Europa. È il Pd di centro-sinistra il più ansioso di applicare l’austerità fiscale imposta dalla Commissione Europea e dalla Germania,mentre il Pdl di centro destra è felice di ignorare il tetto al deficit…»

Berlusconi, per conservare un certo consenso popolare, anche a fronte delle sue vicende giudiziarie, cerca di apparire come una forza frenante rispetto a determinate misure. Infatti, rispetto all'Imu, Berlusconi ha, dal punto di vista della propaganda, segnato un punto a suo favore.
Come abbiamo visto non si tratta, però, di abolizione dell'Imu: nel 2013 verrà sostituita da aumenti nelle accuse e da tagli alle politiche sociali e nel 2014 questa tassa verrà reintrodotta sotto altre forme.
Il punto politico è che, però, il Pd non perde occasione per presentarsi come “partito del rigore”. A seguito della presunta abolizione dell'Imu, il viceministro all’economia del Pd, Stefano Fassina, ha subito affermato che bisognava aumentare l'Iva dal 21 al 22%, come del resto era stato preventivato dal governo Monti. A quel punto, però, Renato Brunetta del Pdl gli aveva subito risposto che, al contrario, non poteva essere così. Diciamo, quindi, che si tratta di una situazione in cui il Pd appare più allineato sulle posizioni europee, ma ciò non vuol dire che anche il Pdl non si trovi su quelle determinate politiche.
In generale, i due principali partiti e i due schieramenti di centrodestra e centrosinistra, portano avanti una politica di carattere bipartisan, senza grandi differenze per quello che è l'impatto di determinate politiche pubbliche sulle condizioni di vita della stragrande maggioranza della popolazione italiana e dei lavoratori.

Scenari d'autunno. Berlusconi, Letta, Napolitcano. Il punto di Massimo Bordin.

“Napolitano è l'unico, in questa fase, che ha una pistola carica da mettere sul tavolo”

Il dibattito politico non accenna a diminuire di intensità, neanche durante la pausa estiva delle Camere.
Dopo l'abolizione dell'Imu sulla prima casa, ora la questione principale per la vita del Governo è la grazia al condannato Silvio Berlusconi che, chiuso in Villa San Martino, starebbe meditando qualcosa in proposito.
Reduce dalla manifestazione in via del Plebiscito a Roma, in cui aveva scandito di essere innocente e di non mollare, il leader del Pdl e della rinata Forza Italia 2.0 però, non starebbe chiedendo la grazia.
A questo punto la situazione di stallo del Governo si palesa sempre di più: il Pdl chiede agibilità politica per il suo leader, Pd ed opposizioni (da Sel al M5S, dal Psi a Scelta Civica) non ritengono sia possibile avallare la sentenza definitiva in Cassazione che ha condannato Berlusconi, tant'è che la Giunta per le Elezioni in Senato, al momento della riapertura dei lavori delle Camere, avrà in mano la palla infuocata di esprimersi in merito.
In ballo, è bene ricordarlo, c'è la legge Severino (235/2012) approvata dal Governo Monti, e quindi votata sia dal Partito Democratico sia dal Popolo delle Libertà, che recita: Art.1 «Non possono essere candidati e non possono comunque ricoprire la carica di deputato e di senatore: a) coloro che hanno riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione per i delitti, consumati o tentati, previsti dall'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale; b) coloro che hanno riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione per i delitti, consumati o tentati, previsti nel libro II, titolo II, capo I, del codice penale; c) coloro che hanno riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione, per delitti non colposi, consumati o tentati, per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni, determinata ai sensi dell'articolo 278 del codice di procedura penale»; Art. 3«Qualora una causa di incandidabilità di cui all'articolo 1 sopravvenga o comunque sia accertata nel corso del mandato elettivo, la Camera di appartenenza delibera ai sensi dell'articolo 66 della Costituzione. A tal fine le sentenze definitive di condanna di cui all'articolo 1, emesse nei confronti di deputati o senatori in carica, sono immediatamente comunicate, a cura del pubblico ministero presso il giudice indicato nell'articolo 665 del codice di procedura penale, alla Camera di rispettiva appartenenza».
Non si tratta di giudici comunisti o toghe rosse, pubblici ministeri politicizzati o Ilda Bocassini femminista e comunista, si tratta di una legge approvata il 31 dicembre del 2012 dal Governo tecnico. Quello subentrato alle dimissioni di Berlusconi. Quello appoggiato da Pd e Pdl.
E quindi via, ancora, alle minacce del partito del 'piazzista di Arcore', come l'aveva apostrofato Indro Montanelli, che andavano dal «ci dimettiamo tutti se condannano Silvio» di Maurizio Gasparri al più cauto «il Governo deve respirare con i propri polmoni» della colomba Gaetano Quagliariello.

Di scenari futuribili e di durate di governi tecnici, di grazie non chieste e di agibilità politiche ne parla Massimo Bordin, giornalista di Radio Radicale che ogni mattina dal lunedì al venerdì, va in onda con 'Stampa e Regime' la rassegna stampa dell'emittente radiofonica in questione.

 

Il Pd ha deciso che voterà la decadenza da senatore nei confronti di Silvio Berlusconi. Da una parte Zanda ha dichiarato come le sentenze si rispettino, dall'altra Rosy Bindi ha affermato che chi voterà il contrario farebbe vivere il governo ma non il partito. Come ci arrivano i democratici ad uno degli appuntamenti cruciali della legislatura?

Mi pare che ci arrivino, contrariamente al solito, abbastanza uniti. Non mi pare che ci sia, però, qualcuno che metta in dubbio il voto sulla decadenza, ovviamente questo problema avrà riverbero sul governo, questo è logico.
Poi, ci sarà un dibattito che non sarà semplice, mi pare di capire: da un lato c'è qualcuno che parla di incostituzionalità di questa legge...

La legge Severino del Governo Monti....

...che, appunto aveva l'appoggio del Pdl, quindi la situazione è anche abbastanza singolare.
C'è, inoltre, questa storia della retroattività della legge: io non sono un giurista, ma mi pare di capire che, a livello di buonsenso, ci si riferisca alla sentenza definitiva e non alla commissione del reato.

Berlusconi vorrebbe prendere tempo ma non sarebbe intenzionato a chiedere la grazia: né arriverà dagli avvocati, né dai figli. Nel frattempo Marina, interpellata a destra e a manca su una sua probabile discesa in campo, smentisce....

Sì, ma le smentite sono sempre da prendersi con le molle...

Proprio perché è arrivata la smentita non potrebbe essere lei stessa la candidata?

Appunto....
Certo che poi, ipotizzare scenari su come la cosa si possa determinare, forse è ancora presto.
Però una cosa va detta, riguardo l'aspetto della grazia: mi pare che si stiano rendendo conto che è impraticabile.
Non è che Giorgio Napolitano può dargli grazia con una “stampante apposita” che continua a stampare le “grazie”: adesso arriveranno al termine altri quattro processi, ed è assolutamente evidente che la soluzione non è la grazia.
Anche perché di qui a sei mesi, massimo un anno, si verificherebbe di nuovo la stessa situazione.
E allora? Un'altra grazia?

Non è una strada percorribile dal Pdl, dunque...

Ma non è una strada percorribile per nessuno, mi sembra evidente.
Come mi sembra abbastanza impraticabile la soluzione politica.
Mi pare di capire che, ormai, anche i “super falchi” del partito si siano accorti che la storia della grazia non ha senso e quindi, dal loro punto di vista, si è sentito parlare di trovare una«soluzione politica».
Ma non vuol dire nulla, si tradurrebbe nel famoso salvacondotto?! E' un istituto che non c'è e che nessuno può dare: un minimo di separazione di poteri c'è, e non rimane praticabile neanche questa via.

A riguardo della grazia per Berlusconi, Lucio Malan (Pdl), proprio ai microfoni di RadioRadicale, ha chiamato in causa l'ex partigiano ed ex parlamentare PCI Francesco Moranino per chiedere che venga concessa la grazia al leader del Pdl come fu fatto negli anni '60 con il " feroce Gemisto". Non sembra una "chiamata in causa" un po' azzardata da parte di Malan?

Beh, oddio, Moranino non aveva “evasione fiscale” come reato, ma una cosa come “triplice omicidio” e, per altro, era stato accusato di aver fucilato non dei fascisti bensì dei partigiani socialdemocratici.

Malan, infatti, testualmente dichiara che “il feroce Gemisto” aveva commesso reati «ben più gravi della frode fiscale».  Ma, appunto, non è impropria come “chiamata in causa”?

Il contesto era diverso e la “questione Moranino”, poi, ebbe due passaggi: prima dovettero per forza di cose ridurgli la pena, e lo fece Giovanni Gronchi; poi Giuseppe Saragat gli concesse la grazia, ma era una delle condizioni che aveva posto il PCI per votarlo, lo sanno tutti.
Quella era un situazione molto particolare ma il paragone mi pare molto azzardato: lì ci si riferiva a tempi “di ferro e di fuoco”, c'erano state amnistie etc.
Insomma, non mi pare perfettamente calzante come esempio.
Ma ripeto: il problema vero per Berlusconi non è tanto la qualificazione di questa condanna ma il fatto che ci siano altri procedimenti in corso.
Per altro, io ho notato un'altra cosa, che ho anche dimenticato di dire nella Rassegna Stampa appena conclusa (di oggi lunedì 19 agosto nda): oggi 'Il Giornale' realizza una grafica in cui mette le fotine di coloro che sono per il “no” alla decadenza e di quelli che sono per il “si” alla decadenza.
Per carità: non sono io a dover insegnare il mestiere agli altri, ma ne esce fuori che il fronte favorevole alla decadenza è abbastanza ampio: da Macaluso a Di Pietro che, normalmente, proprio su questioni della giustizia sono come cane e gatto, ma che su questa convergono.
Se si va a vedere , invece, i nomi di coloro che esprimono parere contrario alla decadenza si verifica che le persone che compongono tale schieramento sono il nocciolo duro del partito di Berlusconi.
Evidenziandolo così con le foto, sembra, quasi, una prova di isolamento.
E anche l'intervista (sempre su 'Il Giornale') al membro del CSM su nomina del Pdl - persona seria e bravo giurista, per carità - ha effetto consolatorio nei confronti del lettore amico ma il lettore neutrale  può considerarla di parte e potrebbe dire “vabbè, ma questo è amico vostro.. ce ne sarebbe voluto un altro!”.
E, quindi, per il Pdl è un po' difficile anche come battaglia politica, non so come ne possano uscire.

L'ex Ministro per l'Attuazione del programma nel governo Berlusconi IV Gianfranco Rotondi ha anticipato uno scenario post Berlusconi in un paio di tweets nei giorni scorsi. Egli ha in mente di «stracciare il sindaco di Firenze» (qualora venisse candidato nda) «sia con Alfano, sia con Marina» come candidati, ma basta che ci sia un progetto a monte. Tale progetto deve essere aggregativo e deve saperlo essere da PierFerdinando Casini a Marco Pannella. Potrebbe mai succedere?

(ride nda) Mah, non lo so. Io sono abbastanza avveduto e uso al mondo da evitare affermazioni su ciò che può fare Pannella.
Ad occhio e croce, allo stato dell'arte, mi sembra abbastanza improbabile.
Anche se debbo dire che il Pd ha fatto di tutto per spingere a destra i Radicali: tutto ciò che poteva fare, l'ha fatto.

Tornando agli scenari politici futuribili, Paola di Caro, sul 'Corriere della Sera' del 17 agosto, ipotizzava tre scenari: un voto immediato entro l'autunno (ma con Napolitano contrario); la formazione di un nuovo Governo formato da Pd e M5S con Pdl fuori per arrivare al 2015; la formazione di un governo di scopo per varare la legge di stabilità e la legge elettorale. Poi urne. La "via" di Bordin qual è?

Io credo che l'ostacolo vero sia: adesso deve decidere Berlusconi che cosa fare di se stesso. Però, in un modo o nell'altro, secondo me, il Governo Letta ha la forza di tenere.
Anche perché Napolitano è l'unico, in questa fase, che ha una pistola carica da mettere sul tavolo e sono le sue dimissioni: nel momento in cui dice “io per il momento le camere non le sciolgo” e non solo, “ma se voi non continuate a non voler fare una maggioranza, io mi dimetto”, a quel punto, il problema del Parlamento non sarà “autosciogliersi”, cosa che non può fare, ma eleggere un nuovo Presidente della Repubblica. Con questa maggioranza parlamentare, secondo lei, il Pdl si sente garantito dall'elezione di un nuovo Presidente della Repubblica?

Non credo....

Ecco...Quindi Napolitano è l'unico ad avere un'arma carica da poter mettere sul tavolo, mentre tutto sommato le minacce di Berlusconi o del Pdl, devono fare i conti col Quirinale: è una situazione oggettiva in cui, per la verità, si sono più andati ad incastrare loro che Napolitano ad averla provocata. Questo è il punto, perché se loro fossero politicamente forti ed avessero gestito meglio la fase elettorale e post-elettorale, il problema non si porrebbe.

Al contrario, però, si pone perché in quelle fasi si sono combinati dei disastri.

 

Anche perché c'è un legge elettorale da cambiare e, a questo proposito, Letta, al meeting di Comunione Liberazione, ha affermato come «la legge elettorale è il cambiamento più urgente». E' possibile che si arrivi a una sintesi a riguardo dopo che questa stessa è stata derubricata costantemente dall'agenda di governo da parecchi mesi a questa parte?

Ma si infatti, anche perché adesso è arrivata una proposta da Luciano Violante, che Dio liberi, che è una cosa complicatissima...


Qual è la proposta di Violante?

La proposta di Violante parte da collegi proporzionali molto piccoli che eleggono tre-quattro deputati e , quindi, liste in cui non ci sono preferenze. Liste bloccate ma più piccole. Inoltre, tale proposta, prevede anche un doppio turno. Insomma, una cosa abbastanza cervellotica, quando la legge elettorale sarebbe semplicissima da modificare: basterebbe prendere il Mattarellum, togliere integralmente la parte proporzionale e lasciare i collegi uninominali, si prenderebbero "due piccioni con una fava".

Quindi lei sarebbe a favore di una 'riforma' del Mattarellum?

Sì, tagliando i collegi proporzionali hai ridotto di un quarto il numero dei parlamentari.

Ma così non sarebbe “taglio alla rappresentanza democratica” più che “taglio dei parlamentari”?

Si, vabbè, però è anche vero che gli Stati Americani eleggono due senatori: uno Stato come la California, o come il Texas, manda al Senato due senatori........ io non so quanti ne elegga il Molise, per esempio (ride nda).
Quindi sì: è un taglio alla rappresentanza, magari si potranno pensare poi altre formule ma, alla fine, se proprio questo si deve fare, che lo si faccia con una certa razionalità.

Il flusso del movimento che non contemplava la sconfitta

Articolo apparso su ilmanifesto del 27 aprile 2013

«SETTESETTE. UNA RIVOLUZIONE. LA VITA» DI PINO TRIPODI
C’è chi, come chi scrive, non ha vissuto i tempi dell’Italia in rivolta, c’è chi non era proprio nato durante le manifestazioni studentesche e operaie. Di quel periodo, di quegli anni chiamati frettolosamente anni di piombo ha letto la storia scritta da chi ha vinto. Chi invece nel movimento ci stava, leggeva Spinoza, voleva vivere e parlava di emancipazione e di autodeterminazione. Ancora adesso continua a farlo Chi non ha visto quel momento storico dell’Italia non può tuttavia capire appieno cosa Pino Tripodi va scrivendo nel suo Settesette. Una rivoluzione. La vita (Le Milieu, pp. 181, euro 13,90). Può tuttavia tentare di capire che cosa è successo e come si è arrivati fino ad oggi.
Gli uomini che hanno vissuto per «x» tempo in una data situazione, in un dato contesto e in un certo modo non possono cambiare in un batter d’occhio sé stessi: gli uomini che hanno manifestato, che hanno assaporato il sapore dolce del potere di cambiare le cose e che poi hanno sentito sfuggirselo fra le mani non sono più tornati sui loro passi. C’è chi dice che il ’68, col senno di poi e qualche anno sulle spalle, è stato un movimento fallimentare, che ha distrutto la sinistra e il movimento: lo dicono adesso. Allora chi faceva parte del movimento credeva che stava cambiando, in meglio, il mondo. 
Prima di questo fosco presente va ricordato che dopo il Sessantotto c’è stato il Settantasette e tutto quello che era stato tolto, «in pugno riprende», come cantava Paolo Pietrangeli; chi ha vissuto i movimenti e le lotte non può mai emanciparsi da esse o staccarvisi completamente. È impossibile. Il perché lo spiega questo libro di Pino Tripodi, quando si interroga sulla diffusione della lotta armata: «Molti compagni che sono passati alla lotta armata non credo l’abbiano fatto perché accettavano le bestialità progettuali delle Br o di Prima Linea. Più concretamente l’hanno fatto perché non accettavano l’idea che il movimento potesse essere sconfitto. La lotta armata protraeva la vita del movimento. Ne annullava la morte». 
Non ci si poteva staccare del movimento, la morte di esso non era concepibile né concepita e allora ecco spiegato il perché molti militanti di allora scelsero la lotta armata. Una spiegazione «esistenziale» prima che politica che si snoda tra frasi secche, aspre, dure e senza i fronzoli della punteggiatura. Ci sono solo i punti che separano frasi brevissime e magari interi dialoghi senza sapere chi sta parlando ma non ha importanza dal momento che questo o quell’individuo, qualora avessero avuto un nome all’interno del volume, non avrebbero fatto la differenza al lettore.
Settesette sembra, infatti, un campo minato perché è composto con le voci, le storie di chi non si è rassegnato alla morte del movimento. Sia chiaro, l’autore conosce bene le altre interpretazioni, spiegazioni della sconfitta e dei motivi che portarono molti militanti di allora a scegliere la lotta armata. Tuttavia, sceglie di privilegiare questa spiegazione, perché la prospettiva della sconfitta non veniva concepita. Chi è stato sconfitto continua a non accetta quella debacle . «Non chiedetemi se sono un romanzo. Non chiedetemi se sono un saggio. Se è letteratura. Se è filosofia. Se è politica. Se è poesia. Se è storia. Se è solo chiacchiera. Non chiedetemi. Non spiegate. Chiedetevi. Vi prego. Senza Spiegare». 
La forza di questo volume sta dunque nella sua inclassificabilità. La sua forza sta nel parlare di Spinoza, della volontà dell’uomo di concedere l’emancipazione alla propria compagna, Una concessione di libertà rifiutata dalle pratiche femministe e che mise giustamente all’angolo la paternalistica concessione della libertà dei maschi del movimento. La vita di coppia fu semplicemente terremotata dalle donne che affermavano la loro autodeterminazione. Ecco che senza virgole, duepunti, punti interrogativi ed esclamativi, frasi composte da più di due verbi, l’autore sbroglia la matassa chiamata Settesette , che a piè di pagina non riporta il numero delle pagine in cifre ma quello in numeri. Coloro che hanno vissuto i l movimento si ricordano quell’epoca esattamente così: erano considerati «strani» ma in fondo loro si sentivano dalla parte della ragione. Il mondo era dalla parte del torto e loro stavano là per cambiarlo. Il fatto era riuscirci. Quantomeno, provarci.

Le primarie per Roma entrano nel vivo. Intervista a Mattia di Tommaso (Psi)

Firme consegnate, conferenze stampa, presentazioni di programma, carta d'intenti et cetera.

La campagna per le primarie del centro-sinistra è appena cominciata: voteranno anche i sedicenni. Per Sandro Medici (Repubblica Romana) “queste primarie sono del Pd e non del centrosinistra”. 

Dal 20 marzo al 6 aprile i candidati a sindaco del centro-sinistra, riuniti sotto la carta d'intenti “Roma Bene Comune”, potranno dare libero sfogo alla propria creatività per poter raccogliere il più ampio bacino di elettori. La raccolta firme per l'accettazione dei candidati si è conclusa con un evento di firma dei candidati della carta d'intenti: primo tra i candidati, come numero di raccolta firme c'è la consigliera uscente Gemma Azuni che ha consegnato ben 8865 firme. A tallonare l'esponente di Sel, con 8mila firme ci pensa l'eurodeputato David Sassoli5800 per Patrizia Prestipino5600 per Ignazio Marino5000 perGentiloni e 4465 per Mattia di Tommaso.


Tutti ai nastri di partenza e i candidati cominciano con le iniziative: stamattina, Mattia di Tommaso, si è presentato in una conferenza stampa presso il Circolo degli Artisti. Il candidato ventottenne in quota Psi, raggiunto da OltreMedia, così commenta la sua corsa per le primarie: “Con i pochi mezzi che avevo a disposizione e con la diffidenza che di questi tempi è presente nei confronti della politica, aver raccolto le firme che ho depositato è già una vittoria. L'essere candidato, per me, è già una grande soddisfazione”. Nel corso della conferenza stampa, poi, l'esponente socialista ha ricordato come la sua idea di città sia, per usare un anglicismo, “smart” in quanto di Tommaso auspicherebbe un'apertura “prolungata dei mezzi di trasporto pubblici, così che possano essere attivi h24 e favorire la mobilità giovanile”.

Altro tema forte è quello del'housing sociale per affidare “gli appartamenti sfitti alle giovani coppie così che si possano finalmente emancipare dalle loro famiglie”. “Il voto ai sedicenni” - prosegue, inoltre, il giovane candidato - “è una cosa che accadrà per la prima volta a Roma: potranno partecipare con la riduzione simbolica del contributo ad 1 Euro. Grazie a ciò non saranno elettori delle elezioni vere e proprie ma porteranno la loro visione delle cose e i loro temi all'interno della coalizione di centro sinistra. Dato il dibattito in questi mesi sulle primarie se si dovessero fare chiuse, aperte, et cetera et cetera, credo che il voto ai sedicenni sia un ottimo strumento che favorisca la partecipazione democratica”.

Nella corsa per le primarie iniziano ad inserirsi le prime polemiche che partono dai social network e in particolare un'immagine di un tweet di Sassoli che recita: “Stop degrado a #Roma : mia sarà una campagna elettorale pulita. Non con i manifesti ma tra la gente e sul web @rcittafutura ” è avvicinata ad un altra fotografia di tutte le varie affissioni abusive dei manifesti raffigurante l'eurodeputato. Il regolamento delle primarie parla chiaro nonostante non si parli di manifesti ed affissioni abusive e afferma come siano vietati gli “impianti pubblicitari fissi stradali di grande formato ( 6×3 – 4×3)”, gli “impianti pubblicitari dinamici su mezzi pubblici” e le “inserzioni su testate giornalistiche, ad eccezione delle comunicazioni riguardanti eventi ed appuntamenti programmati” (per qualsiasi curiosità e informazione basta cliccare su questo link http://www.pdroma.net/wp-content/uploads/2013/03/Regolamento-ROMA-BENE-COMUNE.pdf).


A tutto questo va ad aggiungersi la nota che il candidato al di fuori del centro-sinistra Sandro Medici ha diffuso parlando di come queste “ sono le primarie del PD non del centrosinistra, a scontrarsi sono le varie oligarchie interne al partito non le varie idee di sinistra. Mi meraviglio che Sinistra Ecologia Libertà , partito che era il mio riferimento politico, partecipi in modo così attivo ”. Stoccata, dunque, al partito di Nichi Vendola che poco tempo fa aveva personalmente chiesto una desistenza a Nieri non accennando minimamente alla Azuni che resta in corsa per le primarie.

Contro gli sprechi e i tagli lineari ecco il CORR

 Al centro Enea Casaccia di Osteria Nuova i lavoratori discutono e propongono un modello alternativo per il risparmio reale contro gli sprechi e i tagli lineari che colpiscono la pubblica amministrazione.
Bacchetta: “serve un centro di ricerca non commissariato, libero da vincoli burocratici origine di sprechi e inefficienze”


“Il progetto CORR è un'alternativa, una controproposta ai tagli lineari” che gli enti pubblici stanno subendo da tempo. I lavoratori della Commissione CORR dell'Enea Casaccia sono convinti di come tale progetto possa essere una reale controproposta al taglio indiscriminato ai fondi per il funzionamento del centro. Nel comunicato diramato dall'Rsu si spiega l'obiettivo di tale progetto: “Il CORR (Commissione Ottimizzazione Risorse e Risparmio) nasce in risposta alla riduzione della qualità e quantità dei servizi del Centro Ricerche Casaccia allo scopo di tutelare il lavoro svolto all'ENEA e, di conseguenza, i livelli di occupazione dell’indotto”.
Proseguendo con il comunicato si legge: “per contrastare il solito approccio della Direzione basato su sprechi [...] anziché su una programmazione partecipata trasparente ed equa” la commissione e i lavoratori propongono “un piano d’azione”.
Autoproduzione energetica, gestione intelligente degli edifici, nuove modalità di manutenzione ed uso del verde, reperimento di finanziamenti con fondi europei, utilizzo di strumenti avanzati per la gestione del centro ma la questione è molto più semplice di quanto sembri: risparmio, “ma risparmio vero”, come conferma il CORR che commenta come sia utile “tagliare gli sprechi reali perché noi stessi possiamo produrre energie alternative”, limitatamente, ad esempio, ad uno spreco di corrente ed ai costi salatissimi delle bollette elettriche.
A tal proposito il lungo comunicato diramato dall'Rsu conferma come “Partendo dall’analisi dei costi del Centro ENEA Casaccia (0,9 Milioni € per il riscaldamento, 3,6 milioni € di energia elettrica; circa 2 milioni € di spese di manutenzione; 200 mila € per la gestione del verde) la Commissione RSU CORR propone di effettuare riqualificazione energetica degli edifici, efficientamento di dispositivi elettrici e utilizzare risorse rinnovabili come il fotovoltaico e il solare a concentrazione”. La commissione CORR fa presente che a fronte di un investimento iniziale nella riqualificazione delle infrastrutture, anche grazie a fondi europei, ci sarà un ritorno economico stabile nel tempo.

In sintesi, l'obiettivo dei lavoratori mira a guardare “la luna” più che “il dito” dal momento che, come afferma la rappresentante Rsu Loretta Bacchetta “serve un Centro di ricerca non commissariato, aperto a ricercatori e organizzazioni italiane e straniere in grado di condividere risorse umane e laboratori, libero da vincoli burocratici origine di sprechi e inefficienze, attore principale nella dimostrazione delle tecnologie che sviluppa e di cui è pronto a farne ricorso ed applicazione”.

L'uscita dal commissariamento, infatti, è quello che più preme i lavoratori del centro ricerche Enea.
Già il 9 Maggio scorso Flc-Cgil, Usb, Anpri e Falera avevano indetto un sit-in presso il Mise (Ministero dello sviluppo economico) per cercare di porre “sotto i riflettori la questione del rilancio dell' Enea e l'immediata uscita dal commissariamento”.

Campidoglio: corrono anche i Pirati. Intervista a "Jojo"

Josef Yemane Tewelde detto “Jojo” come lo slogan della sua campagna (JoJoche?!). Classe 1980, eritreo di origine e romano di nascita è il “candidato incandidabile” o “impresentabile” di Scup!, Radio Sonar, Csoa Sans Papiers e del Partito Pirata. Josef Yemane Tewelde detto “Jojo” come lo slogan della sua campagna (JoJoche?!).  Classe 1980, eritreo di origine e romano di nascita è il “candidato incandidabile” o “impresentabile” di Scup!, Radio Sonar, Csoa Sans Papiers e del Partito Pirata.


Perché questa candidatura e perché “candidato incandidabile”?

Ci stavamo immaginando un futuro in cui c'era solo Zingaretti come candidato sindaco, i movimenti si stavano interrogando riguardo la possibilità di mettere in piedi un qualcosa simile alla candidatura di Pisapia a Milano, una partecipazione, un progetto. La realtà era, purtroppo, molto chiusa e tutte le realtà partitiche, chi più e chi meno, erano concordi ad una candidatura dell'ex presidente della Provincia.  Conseguentemente abbiamo pensato che, stando così le cose, di questa campagna elettorale non ce ne importava molto e quando dico “noi” intendo il CSOA Sans Papiers e Radio Sonar.  Ci interessava, però, trovare un modo perché anche in campagna elettorale si potesse parlare di tematiche “particolari” che fanno parte della quotidianità: antiproibizionismo, precarietà, cittadinanza.

JoJo, quindi, candidato di movimento?

In realtà questa candidatura non nasce dal movimento (strictu sensu nda) ma da piccole realtà come Sans Papiers e Radio Sonar e in questo contesto si è unito anche il Partito Pirata dal momento che si riunisce regolarmente, proprio, al Sans Papiers. Ne abbiamo parlato e i pirati, fin da subito, hanno appoggiato la nostra causa.

Prima hai accennato ad antiproibizionismo e cittadinanza che sono temi cari anche a qualche lista o partito della sinistra in corsa per le comunali. Non c'è nessuna alleanza in vista?

No, non abbiamo in mente alcuna alleanza: io sono extracomunitario e mi sono reso conto, persino io, che i partiti sono morti. Per quanto riguarda i temi: antiproibizionismo, precarietà, CIE, questione delle carceri, ne vogliamo parlare? Questa è la base: sono una serie di piccole cose che fanno parte di noi dal momento che la situazione è così drammatica che sono tornati i furti di biciclette. Ormai bisogna davvero inventarsi di tutto per arrivare a fine mese, per chi il lavoro ce l'ha.  Capitolo a parte per reddito minimo garantito e reddito di cittadinanza dal momento che all'interno del Partito Pirata si chiama “reddito d'esistenza” : viene affrontata la cittadinanza come europea dal momento che basta esistere in un luogo per poter usufruire di questo diritto.

Tutto questo attraverso il liquid feedback... 

Insieme al liquid feedback si possono ricavare tematiche che vengono affrontate da chi attraversa quello spazio ma che non deve essere inteso in maniera populista e generalista: devi dare il meglio di te. Quello che decidi tu insieme agli altri, sarà quello che farà esattamente il tizio “x” che andrà a sedere sullo scranno del Campidoglio: è come se fosse un'assemblea permanente sul web; puoi scegliere una tematica, implementarla, votarla, discuterla. 
La campagna elettorale stessa ti permette, poi, in un momento in cui certi temi non vengono affrontati, di mettere in risalto altri temi che non sono stati minimamente trattati. Magari scherzandoci anche ma, secondo noi, è il modo giusto per tirare fuori tematiche e affrontarle seriamente, come per esempio la questione dell'abitare.  Ad esempio, da antifascista e da occupante di Action, tirerei fuori Casa Pound da quel palazzo e userei quei fondi per una metropolitana (che ancora è da terminare).

Il "candidato incandidabile", alla fine, riuscirà a correre per la presidenza del Campidoglio (dato il nuovo Statuto che ha alzato, di fatto, il quorum)?

Sì...Spero di sì. Mi sto rendendo conto che i tempi sono strettissimi, è come quando devo rinnovare il permesso di soggiorno: “tempi stretti e grandi impicci” (sorride nda) ma ce la faremo.
 
Intervista pubblicata sul quotidiano online Oltremedianews.com (ora non più attivo) il 17/03/2013

"Italicum, una legge da pazzi". Intervista a Massimo Bordin


I quotidiani della giornata di oggi hanno avuto molti interventi circa la discussione sulla legge elettorale italicum, frutto dell’accordo Renzi-Berlusconi. Michele Ainis, docente presso l’Università di Roma Tre, ha aperto così il suo editoriale per il ‘Corriere della Serra’: «Nel 1978 la legge Basaglia ha chiuso i manicomi. Riapriteli di corsa: c'è un matto pericoloso da internare. È il legislatore schizofrenico, l'essere che comprende in sé il non essere, la volontà che vuole disvuole. In passato ne avevamo avuto già il sospetto, dinanzi a certe leggi strampalate, a certe norme subnormali». Parallelamente su ‘Il Foglio’ nel suo quotidiano trafiletto, Massimo Bordin, giornalista di Radio Radicale, apriva così la sua rubrica: «Il problema della nuova legge elettorale sembra non sia più il suo funzionamento ma la rapidità della sua approvazione. Dobbiamo dotarcene subito e se non ci si riesce si va subito a votare, senza la nuova legge, non perché sia già deciso che si deve votare ma perché la nuova legge è così importante che va fatta prima possibile. Se ci si riflette a mente fredda sembra una cosa da pazzi. Ma c'è di peggio. Il sistema che abbiamo impedisce di scegliere i candidati agli elettori. E’ ritenuto, non a torto, intollerabile. Dunque la nuova legge sanerà questo grave vizio? No, perché le liste saranno bloccate, ma più corte» Di legge elettorale, dunque, di italicum e di premi di maggioranza, ne parliamo proprio con l’autore del trafiletto sopracitato: Massimo Bordin, giornalista - già direttore -, di Radio Radicale.

Sul trafiletto ‘Bordin Line’ che hai su ‘Il Foglio’ hai scritto, in sostanza, che il problema della legge elettorale non è più in merito al suo funzionamento ma circa la rapidità attraverso la quale essa stessa verrà approvata. Giacché ‘Bordin Line’ contiene poche battute potresti spiegare, in maniera più esauriente, cosa intendevi dire?
Io cercavo di dire semplicemente questo, e cioè che la prima aporìa, diciamo così, è la seguente: noi abbiamo preso atto del fatto che questa legge elettorale attuale, quella che il cosiddetto porcellum - peraltro dichiarato già incostituzionale - non è uno strumento adeguato per andare a votare. Di conseguenza siamo in una situazione per la quale non sappiamo bene con quale legge elettorale dobbiamo andare a votare, dal momento che ne abbiamo una ricavata ‘a ritaglio’ sulla sentenza della Corte Costituzionale. Questa è la situazione attuale, cioè: la legge che c'era, che faceva schifo a tutti, non c'è più perché una sentenza della Corte Costituzionale afferma come, in alcune parti, quella legge non è Costituzionale. Quindi, se adesso dovessimo andare a votare, voteremmo con una cosa che non si sa bene quale sia. Perché è qualcosa di ritagliato sulla sentenza della Corte. Allora Wdobbiamo fare assolutamente la nuova legge elettorale” , e questo porta a dire che “la faremo entro un mese” anzi addirittura, mi pare, che oggi si sia detto si sarebbe realizzata entro la fine della settimana. Quindi siamo decisamente a posto! Se, malauguratamente, Renzi non dovesse riuscirci, il governo va minoranza su una questione non propriamente marginale; quindi si crea un clima da elezioni anticipate e, quindi, per fare in fretta una legge elettorale, che ci serve assolutamente, noi andiamo a votare senza la legge elettorale che ci serviva tanto. Ti pare normale?

Per nulla…
Ecco, questo era quello che volevo scrivere nel trafiletto su ‘Il Foglio’ nel limite dei caratteri consentiti. Se poi proprio vogliamo dirla tutta, anche l’italicum che il Presidente del Consiglio Renzi vuole far passare, dopo aver stretto l’accordo con Berlusconi, a ben vedere è una legge da pazzi!

Senza ombra di dubbio pone degli sbarramenti per le forze politiche limitando, di fatto, la libertà democratica…
Ma no, guarda, non ne faccio un problema di libertà democratiche, o di rappresentanza, dico una cosa, però: la semplificazione del sistema politico si può fare in tanti modi. A mio avviso, il modo più semplice dal punto di vista elettorale è il sistema uninominale. Collegi piccoli, candidati che devono avere la residenza del collegio in cui sono candidati, l'elettore li conosce e li può votare, altrimenti non li vota. C'è un rapporto elettore/eletto che è il fattore più importante. Però questo non lo si vuole fare, vabbè.. Ci sono altri sistemi, ognuno adotta il suo, perché poi se si parte da un sistema proporzionale - perché di questo poi si tratta - si deve poter mettere degli altri strumenti che ti consentano comunque la semplificazione, non il marasma di coalizioni troppo grandi o delimitazioni per i piccoli partiti etc. C'è chi mette il premio di maggioranza ma, praticamente, non ce l’ha nessuno perlomeno in Europa. Nei paesi fondatori dell'Europa non ci sono sistemi elettorali con premi di maggioranza, c'è chi usa la soglia di sbarramento ed è il caso della Germania…

Anche se, per le elezioni europee, la Corte Federale Tedesca ha dichiarato incostituzionale quello sbarramento…
Ah sì certo, in quel caso hanno ragione! Tra l'altro non ci si rende conto di un'altra cosa e cioè che per l'Europa noi votiamo un Parlamento che non ha potere legislativo. È un Parlamento con poteri limitati e in questi casi, in genere, il sistema che si usa il proporzionale puro, per dare il massimo della rappresentanza. Ma, comunque, lasciamo perdere il problema del Parlamento Europeo, ritorniamo ai parlamenti nazionali. Francia ed Inghilterra possiedono l’uninominale, i paesi che hanno un sistema proporzionale adottano altri sistemi per avere, comunque, un sistema politico semplificato. In Germania hanno la soglia dello sbarramento al 5%, in Spagna possiedono i collegi piccoli in cui non c'è soglia di sbarramento ma se il collegio è piccolo bisogna che un partito ottenga una percentuale molto alta per avere un eletto. In parole povere, col collegio piccolo, senza - almeno - il 15% non si prende un seggio. Noi cosa abbiamo fatto? Abbiamo realizzato un sistema che ha i collegi piccoli, la soglia di sbarramento, il premio di maggioranza. Un delirio! Un delirio assoluto!

Attualmente, c'è un parlamentare, tra l'altro ex radicale, che ha combattuto in solitaria mettendosi in sciopero della fame contro il porcellum. Il problema è che Roberto Giachetti si è pronunciato a favore dell’italicum che, però, non sembra così diversa dal porcellum, anzi… Sembra quasi peggiore…
Giachetti ha condotto una battaglia sacrosanta che, poverino, ha condotto da solo. Il problema dell’italicum è che, di fatto, è un sistema proporzionale, non voglio dire antidemocratico, ma certo non valorizza il rapporto elettore/eletto e strozza inutilmente la rappresentanza con una serie di meccanismi di semplificazione mettendoli tutti insieme. Diventa una cosa pazzesca! Debbo dire che anche i parlamentari cinque stelle non hanno tutti i torti nel bollare l’italicum come un sistema elettorale che va anche contro di loro. In fondo è vero: se lamentano il fatto che il sistema elettorale è stato creato ad hoc contro di loro è vero, hanno ragione. La cosa che a me fa rabbia è che si aveva davanti una strada maestra. Si voleva abolire il Senato facendone una Camera delle Regioni? Ci sarebbe da discutere in merito ma, insomma, mettiamo che si riesca ad abolire il Senato oppure si metta in piedi un Bundesrat ‘da operetta’ e resta in piedi solo la Camera, il sistema elettorale era già realizzato, si era anche ridotto il numero dei deputati. Bastava prendere il mattarellum, tagliare del tutto quel 25% di proporzionale; i collegi erano già fatti, prendevano solo i collegi uninominali ed era fatta: sistema uninominale ad un turno con la riduzione del 25% dei deputati, di un quarto dei deputati. Per di più i collegi, grosso modo, erano di 100.000 persone l’uno, - dai 95.000 ai 110.000, non di più -, quindi c'era anche un buon rapporto fra il numero di elettori ed eletto. Una cosa ragionevolissima: c'era una riduzione dei parlamentari del 25% e una situazione che ti dava una governabilità, perché a quel punto, con l'uninominale, non si possono fare coalizioni od altro. Si deve semplificare per forza di cose. 

Il distacco, comunque, tra le forze extraparlamentari, associazioni, comitati e i partiti all’interno del Parlamento è evidente: da una parte si propone un proporzionale puro, dall’altra si sta tentando di imporre un maggioritario molto simile al porcellum…
Attenzione, però, questo che si sta imponendo non è un maggioritario a doppio turno. È una cosa un po' strana: il sistema di partenza è un proporzionale…. 

…Che però prevede un premio di maggioranza
Certo, c'è un premio di maggioranza, ma che viene calcolato su base nazionale.
Il punto, infatti, era cercare di capire cosa si stesse discutente alle Camere quando da un lato si propone una cosa e da un lato tutt’altro. Anche perché, dagli extraparlamentari, la critica maggiore nei confronti dell’italicum è rivolta agli sbarramenti.
Ma, sai, gli sbarramenti altri anche lì bisogna vedere. Io, ripeto, non esiste un sistema elettorale al mondo che preveda contemporaneamente una soglia di sbarramento per la posizione dei seggi e nel contempo il premio di maggioranza. Sono due alterazioni della logica aritmetica, mettiamola così. Ce ne può stare uno, ma tutt’e due no! Questo il punto chiave.

Locali contesi: Commissione Scuola di Roma Capitale al Liceo Kant

Seminterrato e pian terreno dell'ala ex-Baracca contesi fra sovrintendenza delle Belle Arti e Liceo Kant. Palmieri: “Kant eccellenza del Territorio, accolgo le istanze provenienti dalla scuola” Loche: “C'è un protocollo d'intesa tra Comune e Provincia fermo da 7 anni”. Masini: “Estendere il protocollo ad altre situazioni" Azuni: “Aule necessarie all'unico liceo classico del quadrante”.


“Le iscrizioni urgono, servono locali e questo in particolare consentirebbe di non portare la scuola frammentata in una succursale. Ovviamente questo comporterebbe la difficoltà, da parte di alcune famiglie, nel raggiungere una zona diversa da quella prescelta (Tor Pignattara nda) e ci farebbe perdere iscrizioni”, così il preside Infantino del Liceo Kant sulla vicenda che oggi ha portato allo svolgimento della Commissione Scuola di Roma Capitale proprio nei locali del piano terra e seminterrato dell' ”ex-Baracca”.
La vicenda nasce riguardo i locali contesi fra scuola e Sovrintendenza delle Belle Arti posti al piano terra dell'edificio “ex Baracca” che comprendono anche un cortile.

Ma facciamo un passo indietro.

Il liceo Kant può avvalersi della collaborazione dell'Associazione Kant (o meglio K.A.N.T. = Kultura Ambiente Natura Territorio), il presidente Leonardo Loche ne riassume la vicenda: “Lo scorso 13 febbraio si è tenuta la Commissione Scuola su richiesta della consigliera Gemma Azuni. C'è un vecchio protocollo d'intesa del 2006 tra Comune e Provincia” e tale documento recita come il Comune (ora Roma Capitale) debba “lasciare alla provincia il rimanente piano terreno, il seminterrato e l'ex cortile che è presente fra l'edificio del Liceo e l'ala in questione. Nel corso della scorsa commissione le parti interessate (comune, municipio, provincia e sovrintendenza) si sono resi disponibili all'attuazione del protocollo ma avrebbero voluto fare un sopralluogo in data odierna”.

Ecco spiegata la natura del luogo della commissione presieduta, per l'occasione, dal vicepresidente Paolo Masini e a cui vi partecipava la consigliera Gemma Azuni, il preside del Liceo Kant, il presidente del municipio Palmieri, esponenti della provincia e della Sovrintendenza delle Belle Arti.

Lo stesso Loche commenta come queste aule possano essere vitali per lo stesso Liceo Kant dal momento che sono più “gli alunni che entrano di quelli che escono” dall'Istituto.
Inoltre le aule ci sarebbero ma “non a norma delle leggi contrastanti che sono state approvate: ce n'è una che recita ci debba essere un ragazzo a poco più di un metro quadro di spazio ma c'è anche la Gelmini-Aprea che stabilisce il numero di 27 studenti per aula”.
Il vicepresidente della commissione Masini (Pd), dunque, così commenta la vicenda: “Ritengo necessario che si utilizzi l'utilizzabile: ci sono arrivate segnalazioni di utilizzo di altri spazi da parte di questo Istituto e vogliamo capire se questi locali gestiti dall'amministrazione comunale sono realmente utilizzati. Se non sono utilizzati al meglio è giusto restituirli alla comunità anche perché quel protocollo fermo dal 2006 non solo si dovrebbe attuare qui al Kant ma anche in altre parti della città, anche dal momento che la Provincia cesserà di esistere”.
Palmieri (Presidente Municipio VI): “Abbiamo sostenuto la richiesta dell'Associazione, del Preside e della Scuola in generale che necessita di più spazi anche in considerazione del fatto che questa scuola raccoglie centinaia di migliaia di cittadini ed è un eccellenza del territorio”.
Al coro di voci della politica si unisce quella della consigliera Gemma Azuni (Sel) che afferma: “Non solo i dipartimenti non hanno colloquio tra loro ma addirittura questo protocollo del 2006, che avrebbe potuto dare il via libera all'utilizzo delle aule che sono necessarie all'unico liceo classico presente nel quadrante, non è stato portato a conoscenza di nessuno e quindi abbiamo una promiscuità di uffici e di enti: buone le promiscuità ma nei casi in cui ci sono situazioni definite anche in termini di spazi e di utilizzi”.

Dodici candidati per 140 caratteri: è il "tweetbattito"

Candidati spalmati in 7 ore di confonto in modalità “faccia a faccia”, moderati da un giornalista. Il tutto... su twitter!


Nella giornata di ieri, undici febbraio, sette giornalisti si sono alternati ai dodici aspiranti sindaco che hanno dovuto rispondere in 140 caratteri. Alberto Fiorillo de “L'Espresso”, Manuel Massimo de “La Repubblica” , Paolo Bellino di “AdnKronos”, Giampaolo Roidi di “Metro”, Matteo Parlato di “RaiNews24”, Enrico Fontana e Danilo Chirico di “Paese Sera”.
Queste le firme che hanno rivolto le domande ai pretendenti porporati di Roma Capitale. Le forze politiche c'erano tutte, i candidati anche, tranne il sindaco uscente Gianni Alemanno: dal Partito Democratico a Sel, dal Movimento 5 Stelle allo Psi.

Le regole

Ogni tweet dello strano dibattito, che aveva le regole di un faccia a faccia a due, doveva contenere l'hashtag #13RM; i confronti fra le coppie di candidati non dovevano superare i 50 minuti, le domande in tutto sarebbero state una ventina poste ai candidati a cadenza regolare di due minuti. Chiunque, ovviamente, poteva interagire con il twitbattito e con i suoi partecipanti dal momento che bastava inserire l'hashtag #13RM ad ogni cinguettio: alcuni tra i candidati, infatti, si sono trattenuti anche dopo la chiusura del dibattito-a-140-caratteri.

Gli Orari

I faccia a faccia tra i dodici candidati a sindaco sono stati spalmati nell'arco di circa 7 ore: le danze sono state aperte da Paolo Gentiloni e Sandro Medici alle ore 10. Hanno chiuso la lunga kermesse di cinguettii i candidati Stefano Tersigni e Stefano Pedica.


I Partecipanti

Hanno partecipato al twitbattito così accoppiati: Paolo Gentiloni (Pd) e Sandro Medici (Lista Civica); Alfio Marchini (Lista Civica – Movimento della cittadinanza Romana) e Patrizia Prestipino (Pd); Umberto Croppi (Fli) ed Enrico Stefàno (M5S); Alessandro Bianchi (Lista civica – Progetto Roma) e Mattia Di Tommaso (Psi); Umberto Marroni (Pd) e Gemma Azuni (Sel); Luigi Nieri (Sel) e David Sassoli (Pd); Stefano Tersigni (Lista Civica – Roma Capitale è tua) e Stefano Pedica (Centro Democratico).


I Temi Trattati

Giudizi su 5 anni di amministrazione Alemanno, pedonalizzazione dei fori e del centro storico, edilizia popolare, cultura, metro, project financing e poi ancora le slot machines, la ciclabilità, le zone 30: servirebbe un “cloud” per inserirli tutti.



Al termine del dibattito a colpi di cinguetii, alcuni candidati si sono fermati a rispondere a ciò che non avevano avuto modo neanche di guardare, durante i 50 minuti di domande dei giornalisti. Al termine del dibattito si potrebbero iniziare le considerazioni ex-post su quello che è accaduto nella giornata di ieri: i candidati si sono sottoposti al regime ferreo dei 140 caratteri, sintetizzando al massimo il loro pensiero e le loro proposte per Roma. Si è assistito, indubbiamente, a qualcosa di “diverso” o comunque di “fuori dal coro” ma, se si volesse proporre il format del twitbattito per altri faccia a faccia, bisognerà oliare bene un meccanismo abbastanza farraginoso anche perché era la prima volta che sei testate giornalistiche intervistavano dodici candidati. Nonostante le difficoltà e, magari, la goffaggine dei singoli candidati più esperti politicamente ma meno avvezzi ai social network, si è segnato un passo importante nella comunicazione politica. Di contro c'è da dire che i 140 caratteri imposti da twitter non sempre permettevano delle spiegazioni esaurienti, costringendo così i candidati ad un secondo tweet indicandolo con la formula “2/2”; inoltre bisognerebbe creare le condizioni affinché i dibattiti completi di tutti i partecipanti alle elezioni, di tutti gli schieramenti, possano confrontarsi anche grazie i programmmi televisivi o radiofonici. I primi, specialmente, spesso dimentichi degli effettivi partecipanti di questa o quella elezione. Ma questa è un'altra storia.

Corsa al Campidoglio, incontro con i candidati: Gemma Azuni

Prosegue l'iniziativa di Oltremedianews che andrà ad incontrare alcuni dei candidati alle prossime elezioni comunali che si terranno nel mese di maggio. Questa volta è il turno di Gemma Azuni, candidata alle primarie del centrosinistra.
Nata in Sardegna, ad Olzai, consigliera uscente in Assemblea Capitolina in quota Sel, Gemma Azuni si mette in gioco nell'agone delle primarie forte del consenso di un comitato spontaneo che ne ha richiesto la candidatura.



Perché questa candidatura?

Intanto questa candidatura è arrivata da un largo movimento della società civile e dai compagni di Sel. E' stata lanciata quattro mesi fa: ho bloccato queste persone perché ritengo che la condivisione all'interno dei partiti sia fondamentale. Ovviamente l' “altolà” non è servito a molto perché queste persone hanno continuato a tirare su questo comitato e lo hanno fatto perché mi hanno conosciuta nell'agire, per la mia etica e per il mio senso di responsabilità.
Tenendo conto, inoltre, che conosco la macchina amministrativa da dentro, le mie battaglie sull'equa rappresentanza di genere, sul sociale, sull'acqua, sulla priorità della spesa e sulla specificità degli interventi ambientale e urbanistico.
Mi hanno provato, mi hanno testato e la fiducia è stata ripagata.

Gemma Azuni diventa sindaco: Giannni Alemanno ha vinto la scorsa tornata elettorale su tre temi, principalmente: immigrazione, sicurezza, stato di “salute” del manto stradale romano.

Intanto c'è da dire che io e il sindaco uscente abbiamo una concezione della parola sicurezza sideralmente diversa.
Addirittura è stato creato “ad hoc” un ufficio “interforze” che doveva dirigere tutti gli elementi appartenenti alla sicurezza che non solo ha fatto flop ma è stata anche una situazione che ha utilizzato risorse che sarebbero potute andare all'inclusione sociale.
Un delegato e un presidente di commissione sulla sicurezza si aggiungono a tutto ciò: tre figure per un unico flop.
Su questo aspetto Alemanno ha fallito completamente dal momento che i problemi legati all'omofobia, alla violenza sulle donne e i problemi di interventi sociali non sono stati minimamente presi in considerazione.
Inoltre ci sono le infiltrazioni mafiose, tema sottovalutatissimo, dal momento che Alemanno ha sempre definito questi scontri tra cosche comeviolenza marginale ma non è così..

E riguardo l'immigrazione?

La mancata collaborazione, in termini di utilizzo della legge 328 sui servizi integrati all'interno del comune di Roma, ha prodotto, nell'ambito della pianificazione degli interventi dei servizi per gli immigrati, una assenza totale del comune.
Da questo nasce una serie di questioni relative ai bisogni delle periferie: luoghi in cui gli immigrati vivono e dove dovrebbero avere opportunità di formazione professionale.
Questo è ciò che serve all'integrazione degli immigrati, nonostante l'elezione dei consiglieri aggiunti che non sono “né carne né pesce” poiché non portano bisogni.
Alemanno, poi, ha fatto ordinanze sui lavavetri che non hanno portato a nulla: si pensa solo all'alloggio temporaneo per gli immigrati quando arrivano a Roma ma poi sono loro che devono trovarsi qualcosa per vivere.
Una frangia di essi è anche reclutata dalla criminalità organizzata ma anche lì non c'è alcun blocco di questo tipo di attività: la mia battaglia, ad esempio, sul progetto Roxanne che permette alle donne vittime di tratta di essere agevolate nella denuncia degli sfruttatori, va in questo senso.
Ma è tutto molto difficile: mi rendo conto che queste materie non possono essere capite da persone che hanno una cultura economicistica e non di tipo sociale.


Per quanto riguarda il manto stradale mi viene in mente via Dulceri al Pigneto (VI municipio), via Comparini a Labaro (XX municipio)...

Il mancato rispetto della funzione dei municipi, sul tema delle manutenzioni stradali, è un discorso veramente grave: si è preferito accentrare le risorse all'assessore ai lavoori pubblici lasciando pochi spicci alle circoscrizioni.
Se i municipi avessero avuto le risorse, avrebbero potuto pianificare interventi di tutela di un decoro necessario che avrebbero “alleggerito il carico” in termini di percorrenza di automobili e del trasporto pubblico generale.
Le risorse, in sostanza, vengono mantenute dall'assessore.
Se fossi stata presidente di municipio avrei fatto una “canizza” enorme ma io ritengo che, se sarò eletta a sindaco, affiderò ai municipi questa funzione che già gli appartiene dal regolamento sul decentramento.
Devono, però, rispondere tutti: non si può più scherzare perché il bisogno del cittadino va preso in carico e bisogna che si diano risposte.


Urbanistica: i nuovi alloggi che stanno nascendo fuori dall'anello del raccordo anulare stanno mangiando il territorio dell'agro romano, la consigliera e candidato sindaco Azuni come pensa di poter arginare questo fenomeno?

In primo luogo dico che Gemma Azuni non ha mai votato delibere sull'urbanistica in tutti questi anni; in secondo luogo dico che il surplus di case per i romani è eccessivo: 50mila alloggi non venduti e non affittati sono troppi.
Credo sia necessaria un altro tipo di edilizia, ovvero quella residenziale, pubblica: le persone stanno diventando sempre più povere, bisogna tutelare quei nuclei che hanno difficoltà anche a mangiare e impossibilitati ad acquistare una casa.
In questo senso, nel corso di questi anni, non si sono fatti passi avanti.
Ultimamente è stato fatto un bando per le case popolari ma l'offerta non c'è e d'altra parte gli alloggi non tornano indietro da persone che non hanno più titolo ad occuparle.
Il momento di superamento del bisogno, da parte delle famiglie, deve portare ad un'autonomia e quindi all'utilizzo di quei beni, ma nel caso tornassero indietro - anche quelli a seguito del decesso dei titolari di affidamento - vengono occupate perché l'emergenza c'è e c'è poco da dire.
Anche qui, però, non c'è un sistema che controlla.
Sono contrarissima, poi, all'invasione dei terreni agricoli dell'agro romano che potrebbero essere anche opportunità di lavoro, in una visione diversa dell'agricoltura, perché non si parla semplicemente di pastori o agricoltori che occupano pezzi di terreno ma di bio agricoltura, ad esempio.
Cooperative che impiegano persone, ragazzi, con disabilità; inoltre i frutti di questi terreni pubblici potrebbero essere rendita e utilizzo per le mense scolastiche.
Nei fatti, all'attuale giunta è mancata e manca tutt'ora la lungimiranza su qualsiasi cosa.


Per quanto riguarda il trasporto pubblico invece?

Relativamente alla mobilità abbiamo presentato, in assemblea capitolina, diverse mozioni ed ordini del giorno perché bisogna partire dalle responsabilità e in questo caso appartengono a tutta una serie di enti.
Riguardo la mobilità romana credo che ci sia bisogno di un unico organismo e non di una serie di spezzettamenti di un mastodontico servizio quale quello dell'Atac che abbia al suo interno, intanto, una visione chiara su un nuovo piano per la mobilità; che abbia responsabilità esclusive.
Trasparenza, gestione seria e controllo reale della gestione del trasporto pubblico.

Soprattutto il controllo...

Infatti, come mai i costi, quando si va a parlare di tratte di metropolitana, lievitano a livelli indecenti?
E' vero: Roma presenta aspetti particolari rispetto anche all'andare a quaranta metri sottoterra ma è vero anche che bisogna avere un responsabile unico da un punto di vista amministrativo.
Il responsabile unico di procedimento è fondamentale perché altrimenti c'è “la storiella” dei rimpalli e non si sa mai chi deve rispondere in base alla normativa.