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Evo Morales sostiene di essere candidabile, la legge dice di no.

Manifestante pro-Evo nel corso di una manifestazione in Ecuador [2013] - fonte Wikimedia commons

«Siamo pienamente abilitati a presentarci alle elezioni. È impressionante il sostegno che stiamo ricevendo: sono sicuro che vinceremo le elezioni col 60%!». A parlare alla ristretta cerchia di militanti giunti dalle più remote province del paese, è Evo Morales, già presidente dello Stato plurinazionale della Bolivia e da più di due anni diretto avversario dell’attuale presidente Luis Lucho Arce Catacora. Non ci sarebbe niente di strano in quest’affermazione se non fosse che Evo e Lucho fanno parte, perlomeno ancora formalmente, dello stesso partito: il Movimento al socialismo-Strumento per la sovranità dei popoli (Mas-Ipsp).

Da due anni Evo sta spaccando il partito giungendo alla creazione di quel che è stato definito un Mas-parallelo rispetto a quello istituzionale e riconosciuto giuridicamente. In queste settimane, però, Morales è messo alle strette dalla giustizia: il tribunale di Tarija lo ha accusato di violenza sessuale su di una minorenne, fatto che risalirebbe attorno a due lustri fa. L’ex presidente non si sta presentando in tribunale, nonostante le convocazioni, e su di lui ora pende un mandato di cattura: obbligato al domicilio presso la sua residenza, non può uscire dalla regione del Chiapare in cui si sente protetto da settori politici, sindacali e dell’associazionismo legati alla realtà dei cocaleros che pure presiede.

Un outsider?
Il personaggio vicino a Evo che sta emergendo in questa circostanza è Andronico Rodriguez, giovane esponente del Mas-Ipsp, vicepresidente del Senato, è sostenitore della fazione anti Lucho. È lui a rappresentare il volto nuovo della fazione evista nonché la possibile cerniera tra le due correnti politiche. Tuttavia, sebbene la stampa boliviana abbia diffuso notizie che prevederebbero un possibile accordo di pacificazione nel partito prevedendo Arce candidato alla presidenza e Rodriguez come vice, lo stesso senatore si è detto indisponibile al tandem. «Ci sono state speculazioni e informazioni false che hanno attribuito il mio nome addirittura come candidato alla presidenza», ha dichiarato Andronico Rodriguez l'8 febbraio [2025] in un comizio dei sostenitori di Morales tenutosi nella città di Cochabamba, «il movimento popolare che si è unito attorno al nome di Evo Morales lo sosterrà [ancora] alla presidenza in vista delle prossime elezioni». Come a volersi smarcare dalle ricostruzioni della stampa, ha ribadito il proprio sostegno all'ex presidente. Chissà, però, che non succeda il contrario: in fondo alcune dichiarazioni servono in determinate circostanze specifiche ma lasciano il tempo che trovano nel lungo periodo. Succede così anche in Italia, d'altra parte.

Divisioni interne ed esterne
«È evidente che ci sia uno scontro tra gruppi di potere. Poche persone vorrebbero far naufragare il percorso che fece nascere lo strumento politico. Non so, davvero, come mai Evo Morales voglia tornare al potere costi quel che costi, giungendo a voler dividere e spaccare il Mas, così come le organizzazioni sociali che ne fanno parte», ha dichiarato raggiunta al telefono Julia Damiana Ramos Sanchez, vice presidente della direzione nazionale del Mas-Ipsp e direttrice esecutiva delle Bartolinas (l’organizzazione femminile del partito) della regione di Tarija. Già deputata nel primo esecutivo Morales, successivamente ministra, Ramos Sanchez conosce bene quel che orbita socialmente e politicamente attorno all’ex presidente: «C’è stato un referendum nel 2016» – ha aggiunto - «e il risultato ha espresso chiaramente come Evo non possa continuare ad essere candidato all’infinito, tanto più che non può farlo legalmente data la Costituzione». Costituzione che lo stesso Morales modificò una volta al potere, così come mutò anche lo status giuridico della Bolivia divenuto «Stato Plurinazionale» al fine di valorizzare ogni componente indigena e originaria del paese.

Ma questo ora a Evo non importa più.
Vuole tornare al potere a tutti i costi e per farlo incita parti di organizzazioni sociali a lui fedeli di bloccare le principali strade del paese, di scendere in piazza quasi giornalmente, di diffondere notizie false tramite Radio Kawsachun Coca. Da settimane militanti a lui vicini stanno raggiungendo il suo domicilio, riunendosi con lui presso i locali della Seis federaciones, per «dimostrargli l’affetto e il sostegno politico». Una settimana fa una porzione consistente dei presidenti delle municipalità del dipartimento della capitale politica (La Paz) hanno riconosciuto Evo come candidato alla presidenza alle prossime elezioni che si terranno in agosto. Per dare un’idea dello scontro in atto: il 22 gennaio dello scorso anno i blocchi stradali messi in atto dai sostenitori dell’ex presidente sono durati più di due mesi e avevano paralizzato le principali arterie autostradali. Secondo l'Istituto boliviano per il commercio estero, in quei giorni il paese «perse circa 75 milioni di dollari al giorno». Un dato nefasto per la Bolivia che sta affrontando una crisi economica che si riflette in ogni ambito della vita delle persone: produttiva e sociale.

«In Bolivia c’era crisi ieri, c’è oggi e ci sarà domani: non è una novità. Evo sta utilizzando la situazione per scopi politici e soprattutto per coprire le accuse pendenti nei suoi confronti», ha spiegato da El Alto, alla periferia del mondo, don Riccardo Giavarini, direttore generale della Fundacion Munacim Kullakita. Bergamasco di Telgate, missionario laico, è in Bolivia dal 1977 ma sacerdote dal 2023, dopo aver ripreso gli studi di teologia interrotti a seguito della vita matrimoniale con Bertha Blanco (tra le fondatrici del Mas-Ipsp) venuta a mancare nel 2020 a causa del Covid.

La violenza è ovunque
L’accusa più grave a cui Morales deve far fronte è quella di abuso sessuale di una minorenne (come s’è accennato sopra): il tribunale della città di Tarija ha sancito che non può allontanarsi dal paese ed è stato anche emanato un ordine di cattura nei suoi confronti. Sollecitato per tre volte a presentarsi in tribunale, Morales ha sempre disertato l’aula. «Il punto è che Evo è dipendente dall’abuso di donne e di ragazze minorenni in termini di tratta e traffico», tuona Giavarini, che di questi argomenti ne sa qualcosa dato il suo impegno quotidiano con la struttura che dirige.

Il quotidiano boliviano «La Razon», che pure sarebbe vicino alle istanze del Mas-Ipsp, nell’edizione di lunedì 3 febbraio [2025] ha pubblicato numeri piuttosto eloquenti riguardo lo sfruttamento minorile nel paese: «In 11 anni si sono registrati 6.001 matrimoni tra uomini e ragazze minorenni la cui età si aggira tra i 16 e i 17 anni». Ancora: «nel 6,06% dei casi registrati l’età dello sposo è fino a tre volte superiore a quella della sposa». Una situazione evidentemente esplosiva che rappresenta, purtroppo, un costume diffusissimo nel paese.

«Nel carcere minorile di Qalauma [nella città di Viacha] i delitti riconducibili alla violenza sessuale sono tra i più commessi», afferma Giavarini «manca una vera educazione sessuale, alla reciprocità e non vengono veicolati messaggi ed esempi positivi da parte delle istituzioni (che siano governative o scoladtiche); si sono naturalizzati dei comportamenti che vedono la figura femminile solo come strumento di piacere maschile. La donna non è vista come portatrice di soggettività, partecipazione, dignità e uguaglianza: qui a El Alto le ragazzine popolano i locali notturni».

La situazione, dunque, sembra non possa giungere ad una soluzione rapida. Anzi. Lo scontro tra fazioni del Mas-Ipsp, così come quello delle organizzazioni sociali ad esso legate, parrebbe essere destinato ad una recrudescenza sempre maggiore: sulle elezioni che si terranno ad agosto aleggia lo spettro di nuovi scontri sociali, com’è avvenuto per il tentato golpe dello scorso anno e per la Marcia per la vita a cui hanno partecipato i sostenitori di Morales il 14 gennaio [2025] terminata in scontri, lanci di molotov da parte dei manifestanti e lacrimogeni da parte della forza pubblica. La Bolivia, secondo paese al mondo per colpi di stato (35, dietro al Cile che ne vanta 36), non ha ancora trovato una stabilità nella democrazia.


Pubblicato su Pressenza il 17 febbraio 2025

«Esiste un piano Usa per spaccare il Mas dall'interno», ma è Morales ad aver cominciato

«Le informazioni trapelate dall’ambasciata Usa in Bolivia mostrano chiaramente che esiste un piano per la ri-colonizzazione del nostro paese. E questo sarebbe possibile andando alla rottura del Mas per cercare di candidare un outsider alle prossime elezioni per conto del Mas». Evo Morales, Presidente del Mas-Ipsp e autoproclamatosi candidato del partito per le elezioni del 2025, legge pubblicamente un documento «siglato il 18 aprile dall'ambasciata degli Usa in Bolivia», ha assicurato, nel corso della manifestazione di ieri [17 agosto 2024] a Caranavi (piccola cittadina nella regione de las yungas a nord est di La Paz). «Stanno cercando di spaccare il Mas per prendersi il litio e le terre rare del nostro paese, hermanos», dice Morales leggendo il documento  e arringando la folla ammutolita in religioso silenzio. «Eso nunca, Evo! [Questo non succederà mai, Evo!]», urla qualcuno: la tensione si rompe fragorosamente in un applauso in sostegno a Morales. Il discorso continua e si conclude in una festa nella cittadina yungeña. Dopo le tensioni verificatesi nel partito a seguito dell’annuncio della sua candidatura, nonché dopo aver di fatto – spaccato in due il Mas tra evisti (tendenza di sostenitori e fedelissimi di Evo Morales) e arcisti (tendenza di sostenitori del Presidente boliviano Luis Arce Catacora e del vicepresidente David Choquehuanca), Morales sembra aver preso in mano la situazione e sta calando tutti gli assi che ha in mano.

Un candidato outsider?

Questa sarebbe la rivelazione resa da Evo Morales mentre parlava dal palco allestito per la manifestazione svoltasi a Caranavi. L’obiettivo dei gringos sarebbe il medesimo di sempre: appropriarsi delle ricchezze della Bolivia, specie nella fase attuale in cui l’occidente politico ha sempre maggior necessità non già di idrocarburi, quanto di terre rare e litio. Materie di cui la Bolivia è indubbiamente molto ricca. Un candidato terzo che non proverrebbe dalle fila del Mas sarebbe il colpo di teatro «dell’impero nord americano», nonché di parti della borghesia boliviana: dopo il tentato golpe che ha coinvolto settori deviati dell’esercito e dello Stato maggiore boliviano, gli Usa – sostiene Morales – si starebbero preparando a «spaccare il Mas dall'interno».

Il comizio di Evo Morales a Caranavi | 17 agosto 2024 | Fonte: pagina Facebook Evo Morales Ayma.

Chi spacca cosa?

Uno scenario di intromissione nel processo elettorale di un paese sudamericano non rappresenta, nei fatti, una novità per la politica internazionale. Non serve riesumare la dottrina Monroe nella sua riformulazione rooosveltiana (così come pure ha ricordato Morales dal palco di Caranavi), basti pensare ai colpi di stato palesemente eterodiretti dagli Usa nella regione. Il golpe nei confronti della prima vittoria di Hugo Chavez in Venezuela, per rimanere nei primi anni del nuovo millennio, ne fu un chiaro esempio. Sebbene sia del tutto plausibile, tuttavia la spaccatura del Mas non sarebbe da imputare a nessun altro se non a Evo Morales stesso. Ad ottobre dello scorso anno [2023], Evo Morales ha tentato il colpo di mano sul Mas, di cui è tutt’ora Presidente, come già ricordato (la carica giuridicamente più importante) convocandone la parte del partito a lui fedele in un congresso-farsa nel dipartimento di Cochabamba, nella cittadina di Lauca Ñ e da lì è cominciata a venir giù la metaforica e proverbiale slavina. Il partito si è spaccato e ora esistono due Mas che sono letteralmente l’uno contro l’altro.


Casus belli

Si aggiunga la questione della cosiddetta auto-proroga dei giudici: il Presidente Arce sostiene la proroga dei giudici di quella che in Italia chiameremmo Corte Costituzionale e che invaliderebbe la candidatura di Morales alle presidenziali. Non essendosi ancora tenuta la votazione popolare che sostituisca i membri decaduti a dicembre 2023, il Governo li ha prorogati de facto. Evo ha mostrato i muscoli e ha proceduto con i suoi mezzi: blocchi stradali in tutto il paese. Dal 22 gennaio a metà febbraio [2024] i sostenitori di Morales (che guida la sua corrente dal fortino di Cochabamba) hanno paralizzato le principali strade e autostrade del paese, in particolare l’arteria Oruro-La Paz, attuando blocchi stradali, interrompendo commerci, trasporti pubblici e privati. Secondo Gary Rodriguez, portavoce dell’Ibce (l’Istituto boliviano per il commercio estero), in quei giorni «l’economia boliviana ha perso circa 75 milioni di dollari al giorno». Ma la faccenda non si è conclusa neanche in quel caso. Se Morales ha convocato il congresso ad ottobre [2023], riconvocandone poi un secondo nel marzo [2024] (chiamato ampliado), Arce ha risposto chiamando l’assemblea congressuale a El Alto nel mese di maggio. Per l’amministrazione e la burocrazia boliviana, però, nessuna delle convocazioni è giuridicamente valida: nessuna delle assemblee è stata riconosciuta come propria del Mas così come nessuna ha avuto il placet per la registrazione del nuovo statuto che entrambe le parti hanno riscritto in separata sede. Nel corso di questo braccio di ferro politico si è inserita la divisione all’interno di ogni singola organizzazione sindacale, sociale e interculturale che orbita attorno al partito, tanto che il 2 marzo il grande incontro (in aymara: Jach’a Tantachawi) tenutosi a Oruro e promosso dal Conamaq (il consiglio nazionale delle popolazioni indigene del Qullasuyo) è terminato a pugni e sediate, con tanto di intervento della forza pubblica. E sì che l’organizzazione doveva scegliere un nuovo rappresentante tra due entrambi del Mas. Manco a dire ci fossero davvero esponenti outsider o della destra. I rapporti tra le due ali del Mas sono andati deteriorandosi sempre di più quando ad inizio giugno [2024] il presidente del Senato Andronico (Mas, vicino a Morales), in sostituzione al presidente assente e al vice Choquehuanca in missione all’estero, ha fatto in modo di far approvare la destituzione dei componenti del tribunale che invaliderebbero la candidatura di Evo nel corso di una seduta parlamentare. Le elezioni popolari non sono state, tuttavia, ancora indette e la proroga dei giudici continua ad esserci de facto. L’azione di Andronico non ha fatto altro che inasprire ancora di più le parti in lotta nel Mas e nella società boliviana.

E ora?

Forse dopo il tentato golpe ai danni della presidenza di Luis Arce Catacora, la Bolivia dovrà davvero fare i conti con il peso specifico dell'autocandidato Evo Morales. In questi mesi (quasi una gestazione) la società boliviana si è atomizzata ed è stata polverizzata a tal punto che risulta verosimilmente impensabile che le due parti in lotta all’interno del Mas possano siglare un accordo di tregua, sedendosi pacificamente attorno ad un tavolo per concludere delle trattative. E i candidati alle elezioni del 2025 continuano a essere due: Evo Morales e Luis Arce.

Pubblicato su La Rinascita - delle Torri