La vita incasinata [ma bellissima]

Questo dagherrotipo raffigura un insegnante precario al mattino, un giornalista al pomeriggio ma anche di notte, in attesa di intervistare il primo statunitense che abbia mai giocato (e segnato) nel campionato sovietico di calcio.
L'americano che scelse "i rubli al posto dei dollari", che si sposò con Ekaterina Alexandrovna (modella), nonostante poi vissero insieme negli Usa: «mi chiese di sposarlo ma pensavo stesse scherzando», avrebbe poi detto a "Sports monday". 

Il centravanti in questione si chiama Dale Mulholland e insieme a Fabio ne avevamo già parlato in "Calcio e martello - storie e uomini del calcio socialista". Dal 2017 ad oggi ho provato a mettermi in contatto con lui e, finalmente, ce l'ho fatta con l'inizio del nuovo anno. Ha parlato due ore e mi ha mostrato tutti i suoi memorabilia sovietici.
Seguirà un'intervista per «Atlante» su quanto (troppo!) mi ha raccontato, ma intanto leggetevi quello che scrivevamo su di lui dopo l'uscita del libro.

Per chi ancora non avesse letto Calcio e martello, può rimediare cliccando sull'immagine e ordinarne una copia :)
Ho ancora i compiti da correggere, le lezioni da preparare, le ripetizioni pomeridiane da confermare.
Però ho intervistato Mulholland.
Ma si fa tutto.
At least I try.

Tratto dal personalissimo archivio piccinelliano. Anno Domini 2017


Dale Mulholland, come gli aficionados del nostro piccolo "Calcio e Martello" ormai sanno a menadito, è stato un calciatore statunitense in forza agli Orlando Lions che, prima del crollo dell'URSS, andò a giocare con la Lokomotiv Mosca. Il quotidiano La Repubblica del 4 marzo 1990 scriveva così:
«Anche il calcio dà il suo piccolo contributo alla distensione tra Usa e Urss. Un calciatore statunitense, Dale Mulholland, ha firmato un contratto con una squadra sovietica. Ha scelto i rubli anziché i dollari [...] Non parla il russo, ma ha detto che prenderà lezioni non appena arriverà a Mosca. Non si sa quanto guadagnerà». 
Mulholland aveva più volte cercato un contatto con la controparte socialista ma prima per il rifiuto degli stessi americani, poi per quello del Goskomsport non si era riusciti a trovare un accordo accettabile fra le parti. 

L'idea dello scambio vene soltanto in seguito, dopo svariate pressioni di Mulholland, come riporta il New York Times dell'epoca: 
«Mulholland, who played for the University of Puget Sound before turning pro, said he had spent four years prodding American and Soviet officials to make his dream come true». 
Tradotto: Mulholland, che ha giocato per l'Università di Puget Sound prima di diventare professionista, ha dichiarato di aver trascorso gli ultimi 4 anni incoraggiando i funzionari americani e sovietici per far sì che il suo sogno divenisse realtà». Ovvero, Mulholland voleva (grassetto, corsivo e sottolineato) andare a giocare nel massimo campionato sovietico: 
«La Russia per me rappresenta la storia, una cultura che stiamo cercando di scoprire, l'architettura, il balletto», aveva dichiarato il nostro, venendo anche ripreso da Repubblica
Ma se La Repubblica parlava di un altro passo verso la distensione tra gli Stati, il NYT lo stesso giorno del sopra citato articolo del quotidiano italiano, dedicava un misero francobollo al passaggio del giocatore di Tacoma al campionato socialista. 

La sua presenza fu, dobbiamo dirlo, quasi evanescente: dieci presenze e un gol, prima che tutto crollò. Tutto, cioè, l'Unione Sovietica. Le Repubbliche Socialiste caddero senza che fu sparso sangue e che venisse sparato un colpo, questa è la retorica più (ab)usata dagli storici.
Ma di questo, a Dale Mulholland, non importò molto: rimase in Russia e in Europa orientale per poi tornare negli States con la moglie Ekaterina Alexandrovna.
Oggi, forma allenatori e giovani calciatori tra Usa e Indonesia.

 Dale Mulholland con la Lokomotiv Mosca. La capigliatura sovietica anni '80 c'era tutta. 

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