Fotostorte production alla notte bianca del Liceo Francesco D'Assisi

Ormai chiunque è in grado di scattare una foto: basta uno smartphone sufficientemente potente. Le reti sociali sono piene di immagini perfettamente artefatte: soggetti in posa, luce perfetta, ambientazioni amene. Ma che gusto c'è?
Quelle che seguono sono delle foto scattate durante la notte bianca del Liceo "Francesco d'Assisi" e non sono instagrammabili. Anzi, sono rigorosamente: storte, fuori fuoco, sgranate e con impostazioni totalmente sbagliate perché «a noi la qualità»...

In pieno stile Fotostorte.

 






























Dalla yunga a La Paz: lo Sporting Coroico sarà in Copa Bolivar il prossimo anno

Coroico, comunità della yunga della municipalità di La Paz (ma in realtà sufficientemente distante per gli standard occidentali da non poter essere considerata troppo "limitrofa" al territorio paceño), disputerà le fasi preliminari della coppa nazionale Simon Bolivar a partire dalla prossima stagione calcistica: è la prima volta assoluta per una squadra della yunga.

Coroico de las yungas è salito agli onori delle cronache boliviane dopo aver disputato la finale della coppa dell'associazione calcistica locale di La Paz (letteralmente Torneo interprovinciale della Federcalcio di La Paz) vincendo per 4 a 3 contro la squadra di Pucaranni allo stadio «Hernando Siles».

Casa Willjtata a Quilo Quilo,
comunità agricola di Coroico
© Letizia Panseri


Più di tremila persone si sono date appuntamento il 18 novembre a Miraflores per seguire lo scontro finale tra Coroico e Pucarani che, stando a quanto riportato da «Urgente», periodico boliviano digitale, è stata «una final de infarto»: la squadra di Pucarani ha siglato il pareggio nei minuti fiinali della gara e solo durante il recupero i biancoverdi della yunga hanno avuto la meglio. 
 
Wilson Zabala, storico difensore della compagine yungueña a margine della vittoria ha rilasciato la seguente dichiarazione a «La Razòn»: «È stata una finale complicata: non bisogna mai sottovalutare i rivali. È stata dura ma ce l'abbiamo fatta!».
Lo Sporting Coroico, il cui presidente è Adrian Justino, giocatore della Strongest, avrà la  possibilità di disputare «la Copa Simon Bolivar, raggiungendo l'élite del calcio boliviano». La scommessa è quella di superare le fasi preliminari per giocarsi la permanenza nella coppa nazionale professionistica passo dopo passo.
«Questa squadra - ha spiegato Justino - è composta totalmente da giocatori della yunga: la stragrande maggioranza è di Coroico e abbiamo dimostrato che il potenziale c'è».
«Ci adopereremo per organizzare una squadra che riesca a competere nella Simon Bolivar», ha dichiarato Justino a «La Razon».

Una veduta della yunga di Quilo Quilo, territorio di Coroico
© Letizia Panseri

Bolivia: allerta arancione per la febbre gialla a nord di La Paz

Il Servizio sanitario dipartimentale (Sedes) di La Paz ha deciso l'attivazione dell'allerta arancione dopo aver registrato un aumento considerevole dei casi dovuti da febbre gialla (dengue). In Bolivia l'emergenza sanitaria da Covid-19 è terminata solo alla fine di luglio 2023 e l'attenzione delle autorità mediche sta tornando a farsi presente a causa della febbre gialla

Il comunicato del Sedes riporta come sia confermato un sostanziale aumento dei casi rispetto allo scorso anno: 1.511 confermati di cui 396 sono stati attenzionati dalle autorità come "allarmanti". Al momento della diffusione del comunicato stampa (14 dicembre 2023) si registrano 5 persone morte.

Le zone più colpite sono quelle a nord della città: «l'allerta arancione - ha dichiarato Gabriela Mamani, responsabile del Sedes di La Paz - è stato attivato in modo che la situazione possa essere monitorata capillarmente, intensificando la sorveglianza della curva epidemiologica».

Caranavi, Tipuani e Palos Blancos sono le municipalità che hanno registrato più casi. C'è da dire che l'allarme non tocca la città in sé: spesso le zone rurali distantissime dalla capitale, che siano in piena yunga o nei villaggi a 5.200 metri di altitudine, rientrano nella sfera di amministrazione e giurisdizione pacena, come per Viloco e Cairoma

Le autorità sanitarie tengono a specificare che l'allerta non è frutto di allarmismo: «i dati che arrivano da Caranavi [e dalle zone citate] sono insoliti non tanto per l'aumento dei contagi nelle ultime settimane, ma perché la malattia è stata riscontrata in luoghi dove prima non si manifestava».

È l'una di notte e tutto va MES


Le modifiche al Meccanismo europeo di stabilità sono state ratificate. 

Il Senato approva la risoluzione di maggioranza con 104 voti favorevoli. Stando alla stampa, però, le modifiche non sono state all’ordine del dibattito quanto piuttosto la querelle a distanza che si è innescata tra Meloni e Conte.

La prima rimprovera al secondo di aver ratificato le modifiche al meccanismo europeo di stabilità quando l’esecutivo guidato dall’attuale Presidente del Movimento 5 Stelle si era già dimesso. Il giorno dopo le dimissioni arrivò la firma che dava il placet di approvazione riguardo le modifiche del Mes; ovvero «quando era in carica per i soli affari correnti», ha tuonato la Presidente Meloni nel corso dell’intervento alla Camera dei Deputati. Al Senato, invece, ha mostrato il fax di Di Maio, allora componente del Governo. Un’accusa – parrebbe di capire – significativamente grave: un colpo di mano a porte chiuse.
Ma il voto in Parlamento ci fu due mesi prima e, anzi, nel corso della seduta della Camera del 2 dicembre 2019 l’allora presidente Conte diceva

«Il nuovo trattato non solo evita pericolosi automatismi ma introduce anche il common backstop, che garantisce risorse addizionali per gli interventi del Fondo di risoluzione unico previsto dal Meccanismo di risoluzione unico, rendendo più robusto il supporto in caso di crisi bancarie».
Praticamente la posizione sostenuta – sfumature a parte – dal Presidente di Forza Italia (nonché vice di Meloni) Antonio Tajani.

Chiarezza sul Mes
A metà tra il fax di Luigi di Maio e la polemica tra Camera e Senato del 12 e 13 dicembre, c’è sempre il mare dei fatti; o, comunque, delle posizioni e della concretezza materiale delle cose. Nell’epoca post ideologica (che in realtà ne ammette una sola, quella del mercato) in cui il dibattito politico non è ancorato ad altro, se non ad immanenze di cui sempre meno si conoscono contenuti e risvolti (come è successo e sta succedendo sul Piano nazionale di ripresa e resilienza), c’è il rischio che il discorso sul Mes (e sul Patto di stabilità) rischi di essere tutt’altro che concreto; come invece è. E un riavvolgimento del nastro è più che necessario.

Nel 2012 la sezione italiana dell’«International business times» parlava dell’inizio di una possibile «dittatura europea». Quello che viene definito semplicisticamente come fondo salva Stati, in realtà è una organizzazione intergovernativa: «regolata dal diritto pubblico internazionale, con sede in Lussemburgo [...] che emette strumenti di debito per finanziare prestiti e altre forme di assistenza finanziaria» oltre a concedere «prestiti nell'ambito di un programma di aggiustamento macroeconomico», «acquistare titoli di debito sui mercati finanziari primari e secondari», «fornire assistenza finanziaria sotto forma di linee di credito» e «finanziare la ricapitalizzazione di istituzioni finanziarie tramite prestiti ai governi dei suoi Stati membri». Il principio del curare la malattia con altra malattia: cercare di risolvere il debito facendo altro debito. Maurizio Turco, segretario del Partito radicale nonviolento transnazionale e transpartito ebbe a definire il Mes come «l’esempio più chiaro, accecante, della degenerazione dell’Unione Europea» [1].

Una degenerazione rappresentata dal fatto che il primo trattato con cui si ratificò il Mes sancì la nascita di un'organizzazione che si fa fatica a definire democratica. Secondo Alessandro Volpi di «Altreconomia» la riforma che l’Italia ha aspettato a ratificare con i passaggi alle Camere da parte della Presidente Meloni non sarebbe piccola: «riguarda la modifica del trattato originario che serve a far salire il valore delle banche». Quindi solo a vantaggio delle «quotazioni bancarie». Affermazioni che ricordano quelle che ebbe a dire l'ex Primo Ministro Massimo d'Alema durante il momento più cupo della crisi greca secondo cui la popolazione locale non avrebbe beneficiato degli aiuti europei, eccezion fatta per gli istituti bancari del paese: «di questi soldi i greci non sentiranno neanche l'odore: questo meccanismo non può durare a lungo».

La strategia di Meloni
Se perfino dalle parti del quotidiano francese «Le Monde» giorni fa ci si è accorti che la Presidente del Consiglio goda di enorme popolarità, pur procedendo esattamente al contrario di quanto aveva sostenuto in campagna elettorale, ci deve essere qualcosa che non va. Tanto nel Paese quanto nella maggioranza di Governo. Lo spirito dei referendum targati Fratelli d’Italia per «uscire dall’Euro» (così come della proposta di legge per l'Italexit) è stato sepolto da tempo, sostituito dalla politica di realtà e dalla necessità di non turbare la Commissione Europea. Oppure non c'è niente di strano e quel quid che “non va” è semplicemente il riflesso di un paese sempre più sfibrato che ha introiettato il dualismo tra l’azione propagandistica e l’ammissione della sottomissione politica in sede europea. E chissà che la «madre di tutte le riforme che si possono fare in Italia» non faccia leva proprio su questo progressivo lacerarsi per poter riuscire là dove altri non hanno potuto nemmeno avvicinarsi.

[1] Maurizio Turco, Stati Uniti d’Europa. Adesso!, «la nuova liberazione», giugno 2018, Roma, <https://www.partitoradicale.it/wp-content/uploads/2018/06/NuovaLiberazione-1.pdf>.

Borgata pirotecnica: i granata tornano (finalmente!) a vincere [Pompi capocannoniere: Mascioli avvisato, mezzo salvato]

Tanto tempo fa, cioè durante la scorsa stagione, al termine della trasferta di Moricone vinta all'ultimo secondo con l'incornata di Chimeri, Cicolò si avvicina alla rete del campo e urla «quant'è bello vince!».
E vagli a dar torto al capitano, adesso!

La vittoria mancava dalla terza giornata di campionato: un tempo lunghissimo che sembrava non dovesse finire  più. Non era mai il momento della Borgata: non sembrava mai arrivare la riscossa, pur giocando le partite in modo gagliardo e senza arrendevolezza o remissività. 

Sia pur contro la Cenerentola del girone, è arrivata una tonda vittoria per 4 reti a 1.

È bene dire che il controllo della partita non è mai stato della squadra ospite, nonostante il tabellino indichi il gol di Barretta segnato per totale distrazione dei nostri. La Borgata ha sempre avuto il punto della discussione del lungo discorso iniziato alle 15:00 dal fischio dell'arbitro Sciscione.
Al 10' è già Cultrera che lascia partire un tiro velenoso che si stampa sulla traversa e poi sulla riga della porta difesa dall'estremo difensore rossoverde. L'arbitro fa proseguire: non è gol. Il Borghesiana non forza la mano né imposta alcun tipo di azione che riesca a varcare il centrocampo.
L'unica azione ospite del primo tempo è al 17': il tiro di Pompili impegna Pagano che riesce a bloccare in due tempi.
Poi, solo Borgata: al 18' ci prova Pompi su punizione, al 20' Chieffo riesce a conquistare solo un angolo a tu per tu col portiere ma, ancora una volta, il gol non arriva. Il tempo scorre implacabile: serve un gol perché la situazione non si cristallizzi e possa diventare palude invalicabile.
Il gol arriva al 23': calcio d'angolo battuto corto, Cicolò serve Pompi che lascia partire un gran tiro dei suoi dal limite dell'area che Coriandoli non vede neanche partire.
La Borgata si rifà avanti al 29' e al 35' ma è al 43' che si concretizza un'aurea occasione per il tridente Cicolò-Cultrera-Mascioli: il 7 manca il pallone di pochissimo e il punteggio rimane inchiodato sull'1-0.
Neanche il tempo di realizzare che è cominciata la ripresa che già la Borgata insacca il secondo gol: ancora Pompi, ancora un tiro imprendibile per l'estremo difensore del Borghesiana.
E poi?
Poi una traversa di Cicolò al 6', un palo di Marku due minuti dopo (8'), una parata da manuale di Coriandoli su una bordata di Cultrera al 16' così come la rovesciata di Mascioli respinta al 19'. L'occasione del 3-0 la Borgata la sciupa per eccesso di altruismo: la ripartenza in contropiede è più che efficace ma Mascioli preferisce passare a Ciamarra ad un passo dalla porta. Il tiro termina sopra la traversa e il 10 si dispera. Ma, si sa, alla prima frazione di secondo di distrazione, l'avversario insacca. E così, senza che nessuno abbia davvero capito come, arriva il gol del Borghesiana al 38': punizione di Kahay e rete di Barretta. Si segnala lo stupore dei pur pochi sostenitori del Borghesiana a seguito del lieto evento - così raro - dalle loro parti.

Ma questa domenica non c'è storia: è tutta della Borgata.
Al 42' Chiarella si sblocca e porta la squadra sul 3-1 ma la ciliegina sulla torta è il tiro al fulmicotone calciato da Fonzo (al 47') che termina proprio lì dove avrebbe voluto: nell'angoletto

La Borgata è riuscita a ritrovarsi dopo la vittoria casalinga e si è scoperta come l'avevamo lasciata al termine del precedente campionato:  forte, libera, cosciente di sé.

Il tabellino della dodicesima giornata di campionato | Prima categoria laziale | Girone G

BORGATA GORDIANI - BORGHESIANA 4-1

MARCATORI:
24’pt Pompi (BG), 2’st Pompi (BG), 38'st Barretta (B), 42'st Chiarella (BG), 47' Fonzo (BG)

BORGATA GORDIANI: Capuano, Marku (32'st Capuzzolo), Chieffo, Pompi (21'st Fonzo), Capostagno, Caporalini, Cultrera (28'st Chiarella), Mascioli F. (21'st Seydi), Cicolò (32'st Ciamarra), Mascioli M., Proietti. PANCHINA: Colavecchia, Soru, Piccardi, Di Stefano. ALLENATORE: Fabrizio Amico

BORGHESIANA: Coriandoli, Matescu, Neagu, Salvatori (36'st Nanni), Ciotti, Diglio (1'st Kahay), Galati, Pompili (17'st Caddeo), Barretta, Marianotti. PANCHINA: Allegrini. ALLENATORE: Ciuffini

ARBITRO: Sciscione (Latina)

NOTE: ESPULSI al 44'st Galati (B) e Ciuffini (allenatore Borghesiana).  Ammoniti: 36'pt Salvatori (B), 42'st Chiarella (BG) per eccesso di foga, 42'st Di Stefano (BG). RECUPERO: 1’pt - 5’st. ANGOLI Borgata Gordiani 4 - 1 Borghesiana.

Salario minimo, cosa sta succedendo? - Atlante Editoriale

Arriva il niet della Camera dei Deputati sulla proposta riguardo al salario minimo presentata dalle opposizioni. Ora spetterà al Senato della Repubblica esaminare il testo della legge delega del Governo, approvata ieri alla Camera con 153 voti a favore. Le opposizioni parlamentari in Aula hanno contestato l’iniziativa dell’esecutivo e della proposta di legge delega di Rizzetto (Fdi) ed altri (tra cui l’ex eurodeputato Battilocchio) approvata in commissione il 28 novembre [2023]. Il Presidente della Camera, sospesa la seduta per una manciata di minuti a causa delle proteste rivolte al Governo dai deputati dei gruppi del Movimento 5 Stelle, Verdi-Sinistra italiana e Partito democratico, ha poi proseguito con i lavori decretando il risultato della votazione.

D’altra parte il compito di Conte, Schlein e Fratoianni sarebbe stato particolarmente arduo da portare avanti: la commissione lavoro aveva fatto sì che la proposta delle opposizioni fosse snaturata nei fatti; la strategia degli emendamenti prodotti da Pd, M5S e Verdi-Si non ha sortito l’effetto sperato – né avrebbe potuto riuscire in alcun modo, stante l'equilibrio parlamentare.

Lo strappo
Già nella giornata di martedì il Governo aveva annunciato che non avrebbe discusso la proposta delle opposizioni circa il salario minimo orario fissato a 9€ lordi. Cifra attorno alla quale le opposizioni discutevano da mesi: solo a seguito di un intenso labor limæ, i tre gruppi maggiori (M5S, Pd, Verdi-Si) sono riusciti ad accordarsi a riguardo. «Come soglia minima, la proposta di legge sanciva i 9€ lordi l’ora», ha spiegato a «Radio Radicale» la deputata Valentina Barzotti (M5S) che ha aggiunto: «in sinergia con la contrattazione collettiva avrebbe potuto prevedere trattamenti di miglior favore».

Di parere opposto la Presidente del Consiglio dei Ministri Meloni che ha dichiarato la propria contrarietà alla proposta di legge delle opposizioni in un’intervista rilasciata all’emittente radiofonica «Rtl». Meloni ha ribadito la consonanza con il parere espresso dal Cnel e dal suo presidente (Renato Brunetta) attorno alla proposta dei 9€ contestando anche parte del mondo sindacale, riferendosi - con tutta evidenza - alle organizzazioni confederali: «vanno in piazza a rivendicare la bontà del salario minimo, ma quando vanno a firmare i contratti collettivi accettano contratti da poco da più di 5€ l'ora, come accaduto di recente con il contratto della sicurezza privata».

Cosa stabilisce la legge delega?
Il testo
consta di due deleghe al Governo e non prevede un riferimento chiaro ad una retribuzione (punto su cui si fondava la contrarietà delle opposizioni) limitandosi all’espressione: «assicurare ai lavoratori trattamenti retributivi giusti ed equi». In che modo? Contrastando «il lavoro sottopagato anche in relazione a specifici modelli organizzativi del lavoro e a specifiche categorie di lavoratori» e «il cosiddetto dumping salariale», ovvero la concorrenza sleale del “gioco al ribasso” nonché estendendo «i trattamenti economici complessivi minimi dei contratti collettivi nazionali di lavoro […] ai gruppi di lavoratori non coperti da contrattazione collettiva, applicando agli stessi il contratto collettivo nazionale di lavoro della categoria di lavoratori più affine».

La proposta di legge di iniziativa popolare «non meno di 10€»
Se nell’Aula si discuteva dei 9€ e, conseguentemente, si votava la delega, fuori dalle istituzioni il dibattito correva su un altro binario. Il 29 novembre, ovvero il giorno seguente l’approvazione della delega in commissione lavoro, Unione popolare e Rifondazione comunista depositavano in Senato una proposta di legge di iniziativa popolare supportata da 70mila firme che chiedeva l’istituzione di un salario minimo di 10€ lordi l’ora. Una misura che, stando alle parole di Maurizio Acerbo (Rifondazione comunista), rilasciate al «manifesto» in quei giorni, sarebbe stata una «misura coerente di lotta contro il lavoro povero e sottopagato che ci sembra più seria di quella avanzata dalle opposizioni parlamentari nel dare attuazione all’articolo 36 della Costituzione».

«Contratti collettivi? Una foglia di fico».
Nel corso delle audizioni in commissione lavoro, i rappresentanti delle associazioni di categoria hanno spesso fatto riferimento alla mancata applicazione dei contratti collettivi nazionali in determinati settori (tessile, ristorazione, ricettivo). Secondo Stefano d’Errico, segretario nazionale del sindacato Unicobas, raggiunto da «Atlante» la questione: «è la foglia di fico dietro la quale si nasconde l’attuale maggioranza». «L'applicazione del contratto collettivo non risolve la situazione sia perché ci sono dei “contratti pirata” firmati da organizzazioni sindacali di comodo (sindacati gialli), sia perché - purtroppo - anche le organizzazioni sindacali confederali (Cgil, Cisl, uil) hanno sottoscritto almeno 25 contratti nazionali in cui la paga oraria è inferiore a 9€», ha dichiarato D'Errico. «Siamo a favore del salario minimo - ha proseguito - perché ci sono 3 milioni di lavoratori che fanno la fame (spesso lavorando a volte più di otto ore al giorno), ma anche per l’introduzione della “scala mobile” che recuperi almeno l’inflazione dichiarata. E ci sembra ridicolo anche solo il dichiarare – come pure hanno fatto esponenti della maggioranza - che attraverso un provvedimento del genere si possano abbassare i salari alti».

«C’è una grande ipocrisia attorno al salario minimo, soprattutto da parte governativa: in tutti i paesi dell’UE è presente una legge a riguardo e la cifra oraria oscilla tra gli 11€ e i 12€ lordi. Un’ipocrisia che notiamo anche tra le fila delle organizzazioni sindacali le quali, spesso, sono state talmente compiacenti con la Confindustria e col padronato da aver sottoscritto “contratti di rapina”».

 

Articolo pubblicato su Atlante Editoriale: https://www.atlanteditoriale.com/cosa-sta-succedendo-riguardo-al-salario-minimo

Bolivia: il titolo va alla Strongest tra interruzioni, accuse e polemiche. Retrocede il Palmaflor di Evo Morales (ma la "Serie B" non esiste)


Continuano le polemiche attorno al sistema di corruzione e combine nel calcio boliviano. 

 
La squadra paceña The Strongest conquista il sedicesimo titolo della sua storia con una settimana di anticipo. Los tigres possono fregiarsi di un'ulteriore vittoria – al momento matematica – mentre volge al termine una delle edizioni più controverse e difficili della Primera Division boliviana costellata da interruzioni di campionato, accuse di partite truccate, corruzione e - addirittura - collusione col mondo del narcotraffico [1]. Chi è costretto ad abbandonare la massima serie boliviana, invece, è il Palmaflor, dell’ex Presidente Evo Morales, nonché rappresentante il sindacato dei cocaleros. L'abbandona ma senza andare in seconda divisione perché, semplicemente, non esiste: la Bolivia è l'unico paese affiliato alla Conmebol a non prevedere una Serie B.
 
Il Presidente della Federcalcio boliviana Fernando Costa, fin dall’emersione del caso, ha costantemente rilasciato dichiarazioni alla stampa senza fare nomi ma parlando di una rete di corruzione piuttosto estesa. Costa – come recita il quotidiano boliviano «El Diario» - ha «smesso di fare speculazioni». Nella conferenza stampa, tenutasi a Cochabamba il 30 novembre, il presidente della Fbf ha dichiarato la Strongest: «campioni giusti e meritevoli» e anche: «non so perché siano stati messi in discussione: i risultati sono chiari a tutti e, dati i punti ottenuti, la Strongest è matematicamente irraggiungibile».
 
Niente più speculazioni: la Strongest è stata la più forte del campionato, letteralmente parlando. Tuttavia, specie in queste situazioni, il ma c’è sempre. «Nelle ultime ore – ha proseguito Costa – le reti sociali, e non, si sono riempite di messaggi e di commenti, nonché d’ipotesi, secondo cui, a causa dell’inchiesta relativa alle partite truccate, alcuni club avrebbero perso punti guadagnati nelle partite contro il Vaca Diez»
 
Ancora una volta Costa non fa nomi ma riporta i commenti che sono giunti al suo apparato uditivo riguardo le gare disputate contro il Vaca Diez, al momento uno dei club più a rischio. In settembre «Marca» diffuse gli argomenti di alcune intercettazioni telefoniche e tra i nomi più invischiati parrebbe esserci stato proprio il presidente del Vaca Diez in cui, stando al quotidiano ispanofono: «in una conversazione telefonica, presumibilmente il presidente Marco Rodriguez, parla con un arbitro per fissare il numero di gol da segnare in una partita». 
 
Uno dei più grandi scandali calcistici dell’ultimo ventennio è ancora ben lontano dall’essere risolto, anzi: Costa ha confermato che il 5 dicembre si riuniranno a Santa Cruz gli organismi della giustizia sportiva al fine di valutare ufficialmente i tornei del 2023 (campionato e coppa). Non solo: Costa ha aggiunto che sarà convocato a breve un congresso straordinario della federazione
«Nei prossimi giorni – ha concluso – presenteremo un piano di ristrutturazione del calcio boliviano»
 
Chissà che non si metta finalmente mano alla struttura professionistica e alla questione legata alla seconda serie. Il Palmaflor, come prima accennato, abbandonerà la Primera Division ma in Bolivia non esiste una serie B: la massima serie (che per ragioni di sponsorizzazione da un decennio è la Liga Tigo) non prevede la retrocessione [2] e il solo gradino "inferiore" è la coppa Simon Bolivar, organizzata dalla Anf (Asociación Nacional de Fútbol) e articolata in sette gironi da tre squadre ciascuno comprendenti società semiprofessionistiche e di base.
 
Ma ancora una volta, in pieno stile Costa, non è stato né annunciato nulla, né lasciata trapelare alcuna informazione. 
 
NOTE
[1] Le accuse giunsero dal presidente della Fabol (associazione dei calciatori) Erwin Romero
«Un paio di anni fa pensavamo di aver toccato il fondo […] pensavamo di non poter andare peggio e invece nulla è impossibile e ora siamo molto peggio di prima. È di dominio pubblico che il narcotraffico ha trafitto il nostro calcio e la stessa federazione ha denunciato l'esistenza di possibili reti di scommesse illegali e partite truccate».
[2] Esiste la "discesa diretta" e "indiretta" per cui vengono sommati i punti totali realizzati nel girone di apertura e clausura 
 

Borgata Gordiani futsal - Progetto Futsal [Rigorosamente "Fotostorte Production"]

Non c'è molto da dire su una partita disputata fra testa e coda del campionato: le atlete del Progetto Futsal, maggiori in numero e migliori nella disposizione in campo, hanno dominato la serata. Partita - ad ogni modo - divisa a metà: le granata hanno disputato un primo tempo controllando bene ma cercando anche di farsi vedere dalle parti di Landi, riuscendo ad accorciare le distanze (gol di Tedeschi) sull'1-3.
Dice: «Vabbè ma un gol avemo fatto, manco na foto?!»: sopraffatto dall'emozione, ho momentaneamente interrotto gli scatti. Rigorosamente storti, come si evince dalla selezione.





















N.B. (che in realtà è una captatio benevolentiae):
Chiedo scusa fin da ora per l'approssimazione del tabellino ma quelli delle partite di futsal non sono il mio forte. È il primo che faccio ed è molto "circa all'inquasi". Dal prossimo cercherò di migliorare.

Settima giornata di campionato | Serie D | Girone A


BORGATA GORDIANI - PROGETTO FUTSAL 1-10

MARCATRICI: Milia, Muzi, Milia, Tedeschi (BG), Milia, Rapanotti, Zivieri, Aloisi, Aloisi.

BORGATA GORDIANI
: Bruno, Scoccio, Masella, Sommacale, Catelan, Butticci, L'Altrella, Tedeschi, Spinucci. ALLENATRICE: Evelina Dettori.

PROGETTO FUTSAL: Landi, Lijoi, Caldarelli, Dezii, Milia, Chiapparone, Aloisi, Muzi, Ceglie, Zivieri, Rapanotti. ALLENATORE: David Calabria.
ARBITRO: Grassi.
NOTE: Ammonita Bruno (BG).

Fitto c’è, Meloni esulta. Ma il paese reale langue

Una vittoria. O, almeno, per i canoni dell’esecutivo Meloni una netta vittoria. E no, non stiamo parlando della contrarietà della President...