Se non noi, allora chi? *

Agenzia MEHR © Una giocatrice della nazionale femminile di futsal dell'Iran in azione.

* di Camilla Folcarelli 

Ci eravamo lasciati, l’estate passata, con l’impresa di Sara Simeoni, con la struggente storia di Kathrine Switzer, con la speranza di trarre in salvo le donne del domani da stereotipi e pregiudizi. Eppure, in questi giorni di celebrazione per il passaggio al professionismo del calcio femminile in Italia, ci troviamo nuovamente a confrontarci con fastidiosi episodi di discriminazione di genere. Ed ancora più straziante è vedere come spesso questi provengano proprio da coloro che dovrebbero essere in prima linea in un questa battaglia: le donne. Se quasi un anno fa l'articolo che scrissi intitolato “Con due cromosomi X” (visibile qui: https://www.larinascitadelletorri.it/2021/05/26/con-due-cromosomi-x/)  raccontava dell’emancipazione femminile nel mondo dello sport vista con gli occhi di una calciatrice, oggi la stessa calciatrice si trova a raccontare un fatto accaduto di recente. L'accaduto È un sabato come tanti altri: ti prepari a scendere in campo con la tua squadra per divertirti  e far provare la medesima sensazione al pubblico e, perché no, portare a casa i tre punti. Tutto è come ci si aspetta: c’è la giusta tensione, c’è l’agonismo, c’è la voglia di far bene e c’è, come sempre, il direttore di gara. Sarà proprio l’arbitro a finire in un vortice di proteste e ingiurie, fine alla fatidica frase capace di provocare disgusto nel pubblico e nelle squadre in campo. Siamo alla metà della seconda frazione di gioco, il risultato è meno che mai in discussione: uno scontro di gioco non sanzionato dal direttore di gara spedisce il portiere della squadra in svantaggio su tutte le furie. Dopo esser stata richiamata verbalmente, senza successo, la giocatrice, che chiameremo Maria, non intende placare la sua ira, costringendo l’arbitro ad una, più che inevitabile, ammonizione. Questa ammonizione, però, non placa Maria, la quale dà in escandescenza e si lancia in una serie di irripetibili insulti che portano il direttore di gara ad estrarre dal taschino il cartellino rosso che pone la parola "fine" alla sua partita. Come se non bastasse, alla visione del cartellino rosso, Maria si scaglia fisicamente contro l’arbitro e, faccia a faccia, continua ad urlargli insulti d’ogni tipo. Si teme anche l’aggressione fisica, ma alla fine Maria viene spinta fuori dal campo dalle sue compagne. Lo stupore delle giocatrici in campo, incredule nel vedere come un contrasto di gioco abbia portato a questa insensata reazione, viene meno e si tramuta in rabbia nel momento in cui Maria, uscendo dal rettangolo di gioco, urla all’indirizzo dell’arbitro l’ultima assurda frase del suo inammissibile comportamento pomeridiano: «sei un incapace, per questo ti fanno arbitrare le femmine». Se non alziamo la testa noi, non lo farà nessuna Maria con questa frase intende paragonare le capacità del direttore di gara, non alla categoria da lui arbitrata, bensì al genere e non passa neanche un secondo da quando Maria pronuncia questa frase a quando le giocatrici in campo, chi con uno sguardo di disprezzo, chi con una delle frasi usate precedentemente da Maria stessa nei confronti dell’arbitro, invitano la ragazza ad andarsene in silenzio. È una frase forte, che fa male a chi ci crede, a chi non si piega all’idea che, anche in questo caso, agli uomini venga data più risonanza che alle donne, che le donne debbano essere arbitrare da un direttore poco competente in quanto, anche loro, sono poco competenti col pallone, a chi non ha creduto di valere meno e lotta ogni giorno con la sua passione affinché non si pensi più che una donna non può allenarsi, giocare e dare spettacolo come un uomo. La frase di Maria, declamata in un momento in cui aveva perso il senno, è lo specchio di come veniamo trattate e per cui alla fine rischi di crederci anche tu: da sempre ti hanno detto di essere inferiore, di non valere e non meritare più di tanto. È solo questione di tempo perché anche tu possa ragionare come Maria. È qui però che dobbiamo rimanere unite, perché se non ci crediamo e non ci difendiamo noi… allora chi?

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