Torre Maura spara. Ma non è una canzone dei Calibro35

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A Torre Maura si spara ancora, di nuovo in pieno giorno. Famiglia italianissima, non come quegli "sporchi" 60 rom che volevano "rubare" a prescindere: oltre a svaligiare casa avrebbero sicuramente anche sottratto quel poco di lavoro che c'è. E che, beninteso, a Torre Maura non è che ci sia mai stato. È un quartiere 'di passaggio' così come lo è stato sulla tratta che andava a Laziali, lo è ora sulla ben poco funzionale ed efficiente linea C della metropolitana di Roma.
Io e la mia ragazza eravamo tornati giusto da poco a casa quando avevamo deciso di andare a fare la spesa: camminiamo, chiacchieriamo, mettiamo a posto la macchina e mentre saliamo su casa vediamo un trambusto a fine della via. "Vado a dare un'occhiata", le dico e subito dopo incrocio il vicino di casa: "Se so sparati", mi dice laconicamente.
Il morto, fortunatamente, non c'è scappato, come spesso accade quando ci sono le armi da fuoco di mezzo.
Una notizia, questa qui, che nonostante sia avvenuta nel quartiere sulla bocca di tutto il mondo per più di una settimana, non troverà alcuna eco o una minima mediaticità. Questo perché il fatto non ha notiziabilità, per usare un termine tanto caro ai giornalisti d'accatto quanto da me realmente disprezzato. Si cerca lo scontro e la miccia scatenante della guerra fra  poveri, conflitto che viene vinto dai ricchi per forza di cose. Una notizia che mette in luce la pericolosità di chi vuole iniziare ad armare residenti e cittadini perché se mi entra un ladro in casa devo poter difendermi, nonché sparare, secondo la logica del Ministro dell'Interno e, non da ultimo, un fatto che rileva quanto precaria sia l'educazione di chi, perdendo la testa contro i propri genitori (a 22 anni) non esiti ad imbracciare un fucile per una questione di soldi e a sparare contro la macchina del padre.
C'è molto in ballo, a partire da questa notizia: i quartieri periferici diventano, ogni giorno di più, terra di nessuno, con buona pace di Lucia Annunziata che pensa come Torre Maura, nonostante sia un quartiere isolato e con l'unica pecca di avere le grate di fronte alle finestre, sia un quartiere pulito, con grandi strade, senza immondizia sparsa per i viali o degrado. Un giudizio davvero schematico per essere formulato da una Direttrice di una testata nazionale come Huffington Post.
Quando qualcuno si accorgerà del danno che ha commesso ad allontanarsi dalle periferie, come ha ribadito il partigiano Aldo Tortorella dal palco del 25 aprile a Porta San Paolo, si renderà conto che non avrà più tempo per rimediare alla situazione.

A tal proposito mi torna in mente il referendum del 2016, quello sulla Costituzione. Durante lo spoglio, in uno dei vari seggi di Via Belon c'era anche il consigliere Compagnone (Pd). Atterrito e basito dai risultati che lo davano in netta minoranza rispetto al 'no' (lui sosteneva il 'sì' come il suo partito) disse sconfortato, un po' sottovoce, ad un suo amico che era con lui: "eh, ma qua dovemo fa qualcosa pe le periferie" mentre il presidente di seggio ammonticchiava le schede barrate con i "no" a fianco a quelle (pochissime) dei "sì".
Questo è stato l'atteggiamento verso le periferie del cosiddetto centrosinistra nel corso degli anni: creare un esercito di riserva in cui si possono smuovere voti allo schiocco di dita di questo o quell'altro candidato di uno o l'altro partito; ridurre le poche strutture sociali e aggregative a comitati elettorali permanenti.
Chi semina vento, raccoglie tempesta, dice il proverbio. O, in questo caso, chi semina divisione e odio, raccoglie la guerra fra poveri. In questo caso, il raccolto non è incline ad ossequiare la semina, né a farsi troppi scrupoli. E far capire ai propri simili, vicini di casa, fratelli, che la guerra fra poveri la vincono i ricchi diventa ogni giorno più difficile. 

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