Massimo Bordin

Quando le giornate nascono storte non c’è proprio nulla da fare, prendono una piega che a te non va proprio e la imboccano senza chiederti il permesso. Vanno contromano sull’autostrada, spingendo il piede al massimo sull’acceleratore. Stamattina ho appreso della scomparsa di un attivista del municipio con cui avevo condiviso una campagna elettorale. Però, dopo pranzo, è arrivato il pugno sulla bocca dello stomaco.
Massimo Bordin.
Massimo Bordin era il mio mentore, giornalisticamente parlando. 
Era la mia compagnia in macchina e quando mi svegliavo. 
Non mi sono mai svegliato troppo tardi, spesso aprivo gli occhi e 'Stampa e Regime' era ancora ben lungi dal cominciare. Me ne stavo una mezz’ora abbondante a letto, accendevo lo smartphone e mi mettevo la rassegna stampa, la sua voce mi aiutava a svegliarmi e a concentrarmi. 
La mettevo a volume basso, vicino al cuscino, ne carpivo tutte le parole. 
La voce di Bordin era quella di una persona amica. 
Una volta sono andato a seguire una conferenza stampa a via di Torre Argentina per un giornale per il quale scrivevo, prima di quell'appuntamento pubblico lo avevo anche intervistato. 
Decisi di non indugiare e di presentarmi: mi diede una pacca sulla spalla e mi disse di non mollare. 
Fu uno dei pochi ricordi belli della mia personale “parabola” giornalistica, quando ancora pensavo di scrivere e di viverci. 
Illusioni adolescenziali evanescenti come zucchero filato sulla lingua di un bambino. 
Mi teneva compagnia prima di un esame universitario, mi dava spunti per articoli e riflessioni. 
Era fonte di ispirazione, persona molto intelligente e dotata di rarissimo acume. 
Preso dall’ardore e dalla devozione che avevo per lui, molto tempo fa avevo anche iniziato una trasmissione di rassegna stampa domenicale con RadioRedonda alla Casa del popolo di Tor Pignattara. 
Volevo fare proprio come lui: leggevo gli articoli interamente, provavo a commentarne qualcuno, mi lasciavo andare in qualche battuta mordace quando le notizie erano su quel filo immaginario che solitamente divide la tragedia dalla farsa. 
E ora non c’è più. 
Avevo scritto anche delle e-mail con proposte editoriali a lui, personalmente, e al direttore di Radio Radicale per conoscenza. Mai inviate un po’ per timidezza un po’ per “ma tanto non è che me stanno a aspetta a me”
Forse ho fatto male, chissà che Bordin non le leggesse e non ne approvasse l’idea. 

Resta la sua voce nella testa e il toscano stretto fra le dita mentre mantiene un quotidiano.

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