Per preparare gli esami del Corso di Laurea di Scienze Storiche, che frequento dopo aver concluso il percorso di studi di primo livello, vado a studiare in biblioteca. L'accesso alla biblioteca della facoltà (ora macroarea) di Lettere e Filosofia di Tor Vergata era interdetto a chi non possedeva il tesserino della medesima, quindi che non fosse iscritto alla facoltà. Da qualche anno a questa parte, tuttavia, l'accesso è consentito anche ai generici iscritti all'Università di Tor Vergata.
Spesso, insomma, ci passo le giornate intere, come è accaduto oggi e, di norma, mi tolgo gli occhiali data la distanza ravvicinata coi libri, posandoli sul tavolo a fianco alle penne e alle matite. Tutto questo, ovviamente, amplifica la percezione distorta della realtà: il mondo, senza lenti, è per me a metà tra un quadro impressionista e una sempre presente nebbia che avvolge persone e cose.
Oggi, per un motivo o per un altro, verso le 17:00, ero già fuso, nonostante fossi entrato a studiare alle 9:15 (minuto più, minuto meno), dunque inizio a rassettare le mie cose e a impilare libri, fotocopie, dispense e quant'altro. Mi giro per prendere (sempre senza occhiali) la giacca a vento che avevo avvolto alla sedia che mi ha sostenuto per alcune ore di studio e nella torsione del busto vedo passare una figura che assomigliava ad un tizio con cui ho condiviso degli esami di triennale.
Il tizio stava certamente cercando qualcuno con gli occhi, girando la testa da una parte all'altra del piccolo corridoio che separa tavoli di consultazione e fondi librari, quando ad un certo punto mi alzo, e gli tendo la mano dicendo - sottovoce - «Ao, ciao! Come stai?». Lui, sicuro di sé e col piglio della persona che mi conosce da decenni, mi fa «Caro che piacere, tutto bene».
Mi stringe la mano, mi sorride e si rivolge nuovamente alla breve strada che dovrà percorrere per trovare quel qualcuno che cercava con lo sguardo poco prima. Esco dalla biblioteca, metto a posto le cose e mi ripensando all'accaduto mi viene in mente che, in realtà, non ho salutato il tizio con cui ho condiviso degli esami in triennale ma un perfetto sconosciuto, come se a distanza di qualche minuto il cervello mi avesse svegliato dalla stanchezza in cui ero immerso.
Insomma, ho salutato un tizio che non conoscevo affatto che mi ha ricambiato come se ci conoscessimo da tempo immemore.
Un vicendevole saluto cordiale tra sconosciuti.
Spesso, insomma, ci passo le giornate intere, come è accaduto oggi e, di norma, mi tolgo gli occhiali data la distanza ravvicinata coi libri, posandoli sul tavolo a fianco alle penne e alle matite. Tutto questo, ovviamente, amplifica la percezione distorta della realtà: il mondo, senza lenti, è per me a metà tra un quadro impressionista e una sempre presente nebbia che avvolge persone e cose.
Oggi, per un motivo o per un altro, verso le 17:00, ero già fuso, nonostante fossi entrato a studiare alle 9:15 (minuto più, minuto meno), dunque inizio a rassettare le mie cose e a impilare libri, fotocopie, dispense e quant'altro. Mi giro per prendere (sempre senza occhiali) la giacca a vento che avevo avvolto alla sedia che mi ha sostenuto per alcune ore di studio e nella torsione del busto vedo passare una figura che assomigliava ad un tizio con cui ho condiviso degli esami di triennale.
Il tizio stava certamente cercando qualcuno con gli occhi, girando la testa da una parte all'altra del piccolo corridoio che separa tavoli di consultazione e fondi librari, quando ad un certo punto mi alzo, e gli tendo la mano dicendo - sottovoce - «Ao, ciao! Come stai?». Lui, sicuro di sé e col piglio della persona che mi conosce da decenni, mi fa «Caro che piacere, tutto bene».
Mi stringe la mano, mi sorride e si rivolge nuovamente alla breve strada che dovrà percorrere per trovare quel qualcuno che cercava con lo sguardo poco prima. Esco dalla biblioteca, metto a posto le cose e mi ripensando all'accaduto mi viene in mente che, in realtà, non ho salutato il tizio con cui ho condiviso degli esami in triennale ma un perfetto sconosciuto, come se a distanza di qualche minuto il cervello mi avesse svegliato dalla stanchezza in cui ero immerso.
Insomma, ho salutato un tizio che non conoscevo affatto che mi ha ricambiato come se ci conoscessimo da tempo immemore.
Un vicendevole saluto cordiale tra sconosciuti.
Nessun commento:
Posta un commento