Di candidati e candidature, di nomi che si impongono e di altri che tweettano, di uomini giusti per Roma e di donne che chiedono candidature.
Punto della situazione sulle primarie del centrosinistra romano.
C'erano tempi in cui la certezza imperava in casa PD, tempi in cui c'era il candidato forte per Roma, in cui il nome del presidente della Provincia Nicola Zingaretti era sulla bocca di tutti. Già da parecchio, ormai, si dava per scontata la sua candidatura. Ma è proprio quando qualcosa si dà per scontato che accade qualcos'altro che rimette tutto in discussione. In questo caso, il fattore che ha fatto inceppare la “macchina della certezza” sono state le dimissioni di Renata Polverini.
Ad ottobre, dunque, iniziava il totonomi per la candidatura a sindaco nella tornata elettorale interna al centro sinistra di Roma, dopo che era stata archiviata la candidatura di Zingaretti, oramai quotato in Regione Lazio. Ad aprire le danze era stato David Sassoli, già telegiornalista del Tg1 ed europarlamentare in quota Partito Democratico. “Bisogna essere disposti ad accettare chi vince”, affermava a metà ottobre Sassoli, dato che mentre si imponeva come candidato alle primarie un altro nome entrava a far parte della lista: Umberto Marroni.
All'interno del Campidoglio il Partito Democratico iniziava a prendere le parti di uno e dell'altro e il consigliere Ozzimo affermava: “Il prossimo sindaco deve essere una persona con una forte esperienza, deve conoscere la macchina amministrativa alla perfezione e deve aver svolto un percorso al suo interno”. L'on. Monica Cirinnà faceva eco ad Ozzimo affermando come Marroni rispondesse perfettamente all'identikit tracciato dal suo collega.
Poi arrivavano altre candidature: Mario Adinolfi si candidava con un “tweet” e affermava di voler fare di Roma “una città sinonimo di futuro”; Patrizia Prestipino, ex consigliere del XII municipio ed assessore alle politiche dello sport e del turismo, tappezzava la Capitale di manifesti con lo slogan “L'uomo giusto per Roma”; in ultimo, Gentiloni era il candidato che, parafrasando il sito di “huffingtonpost.it”, poteva portare equilibro tra le sfere ex Margherita e componenti ex Ds.
Inoltre c'erano, e ci sono il giovane candidato dello PSI Mattia di Tommaso e, in quota Sinistra Ecologia Libertà, Luigi Nieri. Nel frattempo è passata molta acqua sotto ai ponti: Adinolfi ha lasciato il Partito Democratico per per aderire al progetto del premier-tecnico uscente “Scelta Civica – con Monti”; il nome di Marroni, assieme a quello di Gasbarra, è quasi del tutto tramontato per far posto ad un più certo Gentiloni e, last but not least, in casa Sel anche Massimiliano Smeriglio, lanciato verso la Camera, abbandona la corsa per la “porpora” di Roma Capitale.
Tutti uomini, soltanto una donna candidata nel centrosinistra e quindi ecco la nascita spontanea di un comitato che ha raccolto già 395 firme a sostegno della candidatura di Gemma Azuni a Sindaco di Roma. Nell'iniziativa “L'Etica in politica” svoltasi il 5 gennaio scorso, promossa dalla stessa Azuni per rendicontare coram populo il suo incarico istituzionale in Assemblea Capitolina, il comitato che chiede la candidatura del consigliere in quota Sel è uscito allo scoperto. In una nota la stessa Azuni scriverà poi che l’entusiasmo e la partecipazione che ha condiviso con i presenti all'iniziativa le hanno dato forza per continuare nella “battaglia politica che ben potrei condurre alla Regione dove la mia competenza porterebbe ad occuparmi dei servizi alla persona, di quelli sociali, di ambiente, della salute dei cittadini e delle donne”.
Le stesse donne che ora chiedono una sua candidatura a Sindaco di Roma: “È anche una battaglia dell’altra metà del cielo. Perché non una donna Sindaco di Roma?”
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