«Contro il governo agiscono magistrati politicizzati che cercano di colpire chi non è schierato con loro». No, non si tratta di Silvio Berlusconi dall’oltretomba: a parlare è la Presidente del consiglio dei ministri Giorgia Meloni, intervenuta da remoto nell’ambito dei dibattiti organizzati nella rassegna di Nicola Porro denominata La ripartenza. Quindici minuti di collegamento meloniano a-tutto-campo, quindici minuti di Meloni che arringa platea e ospiti non certamente ostili alla sua linea di governo, nonché alla sua organizzazione politica. La propaganda non deve mai interrompersi: quando succede, le maggioranze traballano. È quello che stava per succedere anche al governo di centrodestra.
Avvisi di garanzia a parte
La vicenda del rimpatrio di Najeem Osama Almasri, il generale libico, ha
provato ad essere un cortocircuito per Meloni e ministri (Nordio e
Mantovano nello specifico). La storia è ormai arci nota e raccontata da
più parti, tante quante le voci del centrodestra (nonché di articoli
della stampa amica) che si sono levate in difesa dell’esecutivo. Proprio
questa vicenda ha fatto sì che Meloni potesse sfruttare a suo vantaggio
la situazione potenzialmente negativa dopo la ricezione dell’«atto
voluto», come lei stessa lo ha definito, dell’avviso di garanzia
«inviato dal Procuratore della Repubblica Francesco Lo Voi» a seguito di
un «esposto dell’avvocato Luigi Li Gotti». Li Gotti, definito da Meloni
«ex politico di sinistra e molto vicino a Romano Prodi» in realtà è
stato deputato sia del Movimento Sociale che di Alleanza Nazionale e
solo successivamente, nel corso dell’exploit elettorale dell’Italia dei
Valori, annoverato nelle fila del dipietrismo. Secondo Mario Sechi: «il
premier e i ministri indagati in questa vicenda non sono un fatto
giudiziario ma una mostruosità politica» a cui gli fa eco Fabrizio
Cicchitto (oggi presidente dell’associazione Riformismo e libertà): «è
peggio che ai tempi di Berlusconi: non appena si approva la separazione
delle carriere, ecco che le toghe partono all’attacco».
Referendum bocciato
Non importa davvero al “legislatore meloniano” che tutti i referendum a riguardo siano stati bocciati dagli elettori nel corso dell’ultimo decennio,
non da ultimo il tentativo congiunto dei cinque quesiti proposti dal
comitato promotore organizzato da Partito radicale transnazionale
transpartito (ma non Radicali italiani) di Maurizio Turco e Lega di
Matteo Salvini. Il clima tra Governo e Associazione nazionale
magistrati, ad ogni modo, è sempre più glaciale.
Apri tutte le porte
Giudizi personali e mostruosità a parte, nel comizio (nei fatti lo era) a La ripartenza,
la Presidente ha aperto tutte le porte possibili, metaforicamente
parlando, al fine di evitare che lei, Nordio e Mantovano potessero
passare dalla parte del torto agli occhi del corpo elettorale. Soggetto
che deve essere sempre sottoposto a sollecitazioni, pena il segno meno
nei sondaggi e la perdita di credibilità: ossessioni della politica al
tempo di Instagram e Tiktok, così come quella della trasformazione
dell’opinione pubblica in curva da stadio. «Finché la maggioranza è con
me, non intendo mollare», ha dichiarato Meloni. La scuola berlusconiana
(e di recente trumpiana) ha portato i suoi frutti: la presidente
interpreta il medesimo ruolo dell’ex Cavaliere negli affondi contro la
magistratura politicizzata per far sì che la maggioranza non
scricchioli. O almeno non più di tanto.
La vittoria di Pirro dell’opposizione
E se l’opposizione continua a chiedere al governo di riferire in
Parlamento sul caso Almasri, nelle Camere sempre più svuotate di senso
politico e istituzionale a causa del continuo ricorso ai decreti legge e
ai cosiddetti decreti minotauro, il Partito democratico sembra
gioire per un fatto. Una vittoria di Pirro, con tutta evidenza. Meloni,
nel corso delle celebrazioni in commemorazione del Giorno della Memoria,
ha dichiarato che lo sterminio di ebrei durante la seconda guerra
mondiale fosse condotto con inaudita ferocia «dal regime hitleriano» che
«in Italia trovò anche la complicità di quello fascista, attraverso
l’infamia delle leggi razziali e il coinvolgimento nei rastrellamenti e
nelle deportazioni». I democratici, che tanto speravano nella
dichiarazione di antifascismo da parte di Giorgia Meloni, potranno
felicitarsi del risultato raggiunto. La via da per immaginare (e
costruire) un’alternativa di sistema è troppo difficile da
intraprendere: tanto vale accontentarsi delle ghiande e lasciar perdere
le ali.
Articolo pubblicato su Atlante editoriale il 1 febbraio 2025 https://www.atlanteditoriale.com/meloni-a-scuola-da-berlusconi-magistratura-politicizzata/
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