Il cuore granata regge per 89 minuti, poi la beffa

Sesta giornata del girone F di Seconda Categoria Laziale: è subito scontro al vertice tra Borgata Gordiani e Torrenova. Stessi punti e uguale numero di reti segnate. 
I granata arrivano a questo scontro a ranghi ridottissimi: mancano Cassatella Mascioli iunior, così come pure Piccardi (che sta recuperando da un infortunio rimediato contro il Moricone). Di Stefano è costretto a partire dalla panchina.  

Il modulo con difesa a tre regge per tutto il primo tempo di confronto contro il Torrenova anche se, c’è da dire, le insidie cominciano subito: gli ospiti sono attrezzati per far sì che si giochi poco e male nel corso dei 90’, commettono sovente dei falli e, comunque, occupano vigorosamente il rettangolo di gioco. 
I granata (in maglia bianca) si pre-occupano di contenere ogni scorribanda ospite del tridente d’attacco schierato da mister Mancuso: Scafati riesce sempre a bucare la difesa locale, in un modo o nell’altro, ma oggi la Borgata ha giocato in tredici, nonostante la sconfitta. 
Tredici, non è un errore di battitura: undici in campoun uomo in più sui gradoni e in due a difendere la porta. Oltre a Daniele Poma c’era anche San Daniele Poma
La canonizzazione è arrivata a partita in corso direttamente dal Santo Padre: non c’è stato neanche bisogno del processo di beatificazione.
Scherzi a parte: il confronto tra le parti è serrato e molto “tirato”.
Il Torrenova cerca di imprimere subito il suo gioco e nei primi venti minuti è la compagine ospite a gestire la partita. 

Ma questa è la partita della maturità per gli undici granata: alle provocazioni non si reagisce e, anzi, si vuole giocare e provare a impostare la partita come il mister ha chiesto. 
A centrocampo, però, la mancanza di Cassatella si sente e Poma (così come il suo alter ego santo) è costretto agli straordinari: viene sollecitato al 19’ da Scafati, al 27’ su punizione calciata da Ricci, e ancora al 31’ il pallone dell’ala sinistra ospite si spegne di poco sul fondo, lambendo il palo sinistro. Poma copre tutto. La Borgata soffre ma prova a impostare la propria manovra offensiva: il gioco aereo è totalmente dominato dal Torrenova.
La prima frazione di gara finisce a reti bianche con solo un paio di occasioni create dai gordiani. 

Lo stato di tensione sui gradoni era più o meno il seguente:

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La seconda frazione è una copia conforme del primo tempo se non che la Borgata prova a insistere, nonostante è il Torrenova che ha la maggior parte del possesso palla. Da segnalare il gran tiro di Paciotti (Torrenova) che impegna notevolmente Poma al quarto d’ora. 

Capovolgimento di fronte un minuto dopo: Mascioli, su punizione, impegna il portiere ma il tiro non finisce dove il 10 avrebbe voluto. Quando entra Di Stefano, cambia del tutto il volto dell’attacco locale: più volte il Torrenova è costretto a contenere con la forza l’impeto del numero 18 e al 28’ la Borgata ha l’occasione d’oro per poter mettere in cassaforte la partita. 

Ma la vita è ingiusta, il calcio – poi – non ne parliamo: solo davanti al portiere il tiro di Di Stefano finisce di pochissimo fuori dallo specchio della porta. 
All’ultimo minuto arriva la beffa: la Borgata si distrae per un secondo e lascia il tempo a Carboni di ricevere il pallone nell’area difesa da Poma, aspettando serenamente il cross del compagno di squadra sulla sinistra e coordinarsi. 
Rovesciata e gol. 

Sfottò e provocazioni non lambiscono l’intenzione e il cuore del muro granata. Gli undici, che oggi erano tredici, vanno avanti per la strada tracciata

C'è tristezza, rammarico e contrarietà tra i granata. Scende qualche lacrima. Ma se il sentiero si fa aspro e scosceso, i nostri sanno come fare per tornare a seguire il nord. Perché anche quando tutto sembra perduto, bisogna tranquillamente rimettersi all’opera.
Ricominciando dall’inizio.
E se lo scriveva Antonio Gramsci, c’è da star tranquilli. 

Il Tabellino della sesta giornata di campionato | Seconda categoria | Girone F 


BORGATA GORDIANI - TORRENOVA FC 0-1 

MARCATORI: Carboni (T) 44'st 

BORGATA GORDIANI: Poma, Chieffo, Brigazzi, Pompi, Mascelloni, Zagaria, Ciamarra, Alfonsini (34st Capuzzolo), Chiarella (14’st Di Stefano), Mascioli, Proietti PANCHINA: Segatori, Brugnoli, Schiaroli, Michelangeli, Corciulo, Belardi, Barsotti
ALLENATORE: Fabrizio Amico 
TORRENOVA FC: Promutico, Porfirio, Carboni Mat., Bombardieri, Lupi, Caranci, Paciotti, Spezia (1’st Ticconi), Ricci (24’st Battistini) Carboni Mar. (44’st Petrini), Scafati PANCHINA: Romani, Collalti, Mancuso, ALLENATORE: Massimiliano Mancuso 
ARBITRO: Soccimaro (Roma1)
Note: Ammoniti 27'pt Ciamarra (BG), 20'st Ticconi (T), 39' st Battistini (T) Recupero 2'pt – 3’st



Uno spettro si aggira per Montecitorio: lo spettro dell’esercizio provvisorio - Atlante Editoriale

«Il Governo ha giurato giurato il 28 ottobre, oggi è 22 novembre: neanche un mese e c’è la legge di bilancio sul tavolo», la Presidente Giorgia Meloni inizia così la conferenza stampa di stamattina [22/11/2022]. L’approccio del governo non è «solo ragionieristico», ha dichiarato Meloni, ma è piuttosto quello del «bilancio familiare».
Bilancio che, in questo caso riferito allo Stato, prevede una legge da 35 miliardi di euro: «quando ci si occupa del bilancio della famiglia e le risorse mancano non si pensa al consenso ma quel che è giusto fare al fine di farla crescere nel maggiore dei modi: si fanno delle scelte e ci si assume la responsabilità di esse». La Presidente del Consiglio dei Ministri vuole scacciare le ombre che sembrano addensarsi sul governo a neanche un mese dal giuramento: se per Nicola Pini di ‘Avvenire’ il testo varato in tarda notte dal Governo sia il più “ritardatario”, per ciò che concerne la trasmissione della legge di bilancio nella storia della Repubblica, per Meloni non si poteva fare prima di così. 

«Tasse piatte», caro bollette, addio ai bonus
Per evitare qualsiasi tipo di anglismo, la presidente Meloni denomina i provvedimenti di flat tax con l’italianissimo nome di tasse piatte e ce ne sono ben tre. La prima: «applichiamo una tassa del 15% sui redditi incrementali, cioè alle partite iva sul maggiore utile conseguito nel triennio precedente» ma con una soglia massima di 40mila euro. La seconda prevede l’incremento della tassa al 15% per gli autonomi e i dipendenti. Infine, per i lavoratori dipendenti la tassa piatta è fissata al 5% per i premi di produttività fino a 3mila euro». La voce maggiore è, ad ogni modo, il caro bollette: «ci sono 21 miliardi di euro dedicati» per cui si è proceduto su un doppio binario: «confermata l’eliminazione degli oneri impropri delle bollette, rifinanziato fino al 30 marzo 2023 il credito d’imposta per l’acquisto di energia elettrica e gas naturale che per bar, ristoranti ed esercizi commerciali salirà dal 30% al 35% mentre per le imprese energivore e gasivore dal 40% al 45%». 

Il Dio minore di comuni e sanità
Sanità ed enti locali, compreso il trasporto pubblico locale, avranno solo 3.1 miliardi da spartirsi. Meloni sostiene come questa sia una manovra che favorisca il ceto medio, rivolgendosi in particolare a coloro i quali in questo periodo abbiano «dimostrato di valere e si siano rimboccati le maniche», tuttavia il Dio della sanità e della gestione dei comuni è sempre quello minore. Si taglia dove si può: trasporto pubblico locale, sanità. Possibilmente esternalizzando servizi: la storia sembra ripetersi.
Se questo sembra essere il sentiero tracciato dal nuovo governo, viene da pensare che prossimamente (ma è una previsione) toccherà anche alla scuola e alla riforma del reclutamento dei docenti.

 «Manutenzione straordinaria»
 Secondo il Ministro del Tesoro Giorgetti il reddito di cittadinanza si avvierà verso la «manutenzione straordinaria» e successivamente si incardinerà quel provvedimento verso l’«abolizione». Scompare, per il momento, il taglio all’assegno di disoccupazione (NaSPI) che stava facendo serpeggiare preoccupazione in diversi settori occupazionali, tra cui quello della scuola (tanto per gli ATA quanto per i docenti). A quanto stabilito dal Governo: «Dal 1 gennaio 2023 alle persone tra 18 e 59 anni (abili al lavoro ma che non abbiano nel nucleo disabili, minori o persone a carico con almeno 60 anni d’età) è riconosciuto il reddito nel limite massimo di 7/8 mensilità invece delle attuali 18 rinnovabili». Previsto, poi, un periodo di «almeno sei mesi di partecipazione a un corso di formazione o riqualificazione professionale». Se non vi si prende parte, il reddito non viene più erogato, così come se si dovesse riufiutare la «prima offerta congrua» di lavoro. Bonus una tantum, reddito di cittadinanza e “Quota100” devono, in un certo qual modo, rientrare nel bilancio dello Stato: non più al passivo ma all’attivo. 

Lo spettro dell’esercizio provvisorio
Il punto centrale, al netto di quel che stabilisce la manovra, è rappresentato dalle scadenze e da quel che viene chiamato, traslando il linguaggio imprenditoriale nella vita quotidiana, crono-programma. La legge di bilancio deve essere discussa e approvata da entrambe le Camere per poi, entro il 30 novembre, essere inviata a Bruxelles affinché la Commissione europea possa esprimere il proprio parere. Incassato il “nullaosta” da parte dell’UE, si tornerà in Italia e vi sarà un’ulteriore scadenza: il 31 dicembre. Entro quella data va approvato il testo, già visionato e approvato da Bruxelles. Se non si rispettano questi termini si andrebbe in esercizio provvisorio, ovvero la modalità di spesa pubblica che fa riferimento al dato storico dei precedenti esercizi finanziari. A tal proposito venivano espresse le dichiarazioni attribuite alla Presidente Meloni sul ‘Corriere della sera’ di ieri [21/11/2022] nel retroscena di Monica Guerzoni: «La nostra priorità è affrontare l’emergenza e dare all’Europa e ai mercati un senso di grande serietà e responsabilità» e ancora «niente azioni spericolate».
Detto fatto: il comunicato del Governo a margine del Consiglio dei Ministri non da’ spazio a letture altre: «La manovra si basa su un approccio prudente e realista che tiene conto della situazione economica, anche in relazione allo scenario internazionale, e allo stesso tempo sostenibile per la finanza pubblica, concentrando gran parte delle risorse disponibili sugli interventi a sostegno di famiglie e imprese per contrastare il caro energia e l’aumento dell’inflazione. 

Letta evoca la piazza, i sindacati di base lo hanno già fatto
Il Partito democratico ha annunciato che scenderà in piazza sabato 17 contro una «manovra improvvisata e iniqua». Il segretario dimissionario democratico si presenterà come difensore del Reddito di cittadinanza sebbene, come ha ricordato Meloni «il Pd votò contro e si oppose al beneficio». Giuseppe Conte convoca la piazza a sua volta: parla di provvedimento disumano, per quel che riguarda l’iter di abolizione del reddito di cittadinanza e dichiara: «Questo Governo ha voluto mostrare i muscoli solo contro una fascia ristretta di popolazione: spaccia vigliaccheria per coraggio, confonde la prudenza con l’ignavia. Vuole togliere al Paese l’unico sostegno che non ha mandato per strada milioni di persone in estrema difficoltà e lavoratori che pagano lo scotto di stipendi da fame che non consentono nemmeno di fare la spesa. Se vogliono mandare fuori strada gli ultimi, troveranno un muro. Non possiamo permettere un massacro sociale». Fuori dal Palazzo la piazza, però, ribolle davvero e la convocano i sindacati di base: dall’USB al S.I. Cobas, stavolta riuniti nella stessa rivendicazione, per denunciare il «governo nemico dei lavoratori». L'inflazione «svuota i carrelli della spesa e affama milioni di famiglie operaie, si prepara una nuova ondata di regalíe di stato per i padroni attraverso la flat tax e l'innalzamento del tetto al contante, vero e proprio incentivo all'evasione. Intanto, centinaia di fabbriche e di aziende chiudono o delocalizzano, generando migliaia di nuovi disoccupati; le scuole e le infrastrutture cadono a pezzi; la sanità e il trasporto pubblico sono al collasso e la mattanza dei morti sul lavoro continua senza sosta».
L’autunno è appena cominciato.

Fuorigioco batte individualismo 2 a 1

Mi ero ripromesso di non guardare nemmeno un minuto di partite del Mondiale che si sta svolgendo in Qatar in questi giorni: fattori di principio me lo imponevano (lo fanno tutt'ora), così come lo avrei fatto in ossequio alla campagna di boicottaggio internazionale, a cui la Borgata Gordiani (e altre realtà di calcio popolare in Italia) ha aderito e ne è promotrice.
Stamattina, tuttavia, nel lavoro mattutino del giorno di riposo infrasettimanale (per chi, come me, ha lezione il sabato), sono stato colpito dalla quantità di meme, sfottò, prese in giro nei confronti dell'Albiceleste comparse a dozzine sulle reti sociali. Aveva appena pareggiato l'Arabia Saudita.

Al 48', neanche una manciata di minuti dal fischio della ripresa, l'Arabia Saudita trova il gol con Saleh Al-Sheihri, ventinovenne in forza all'Al-Hilal.
Decido di collegarmi per vedere il resto del gioco: l'assurdità del parziale lo impone (così come assurdi i tredici [!!!] minuti di recupero concessi)
Passano cinque minuti e l'Arabia Saudita raddoppia con un gran tiro di Salem Al-Dossari.
Caporetto totale per l'Argentina: pressing costante e venti minuti di trinceramento saudita nella propria trequarti di campo. L'assedio dell'Argentina, in realtà, non porta a nulla se non ad un tentato pareggio sventato dall'intervento provvidenziale di Al-Sharani sulla linea di porta al 91'.

Subito dopo aver sbrigato il lavoro arretrato, ho avuto modo di recuperare la visione del primo tempo: l'Arabia Saudita ha ingabbiato l'Argentina semplicemente col fuorigioco. La squadra di Scaloni ci è caduta almeno quattro volte nel corso del solo primo tempo, fase del gioco in cui i suoi undici stavano pure conducendo per 1 a 0 grazie al rigore trasformato da Messi. 
Non sto dicendo che l'Arabia Saudita abbia giocato un bel calcio, sebbene sia del tutto soggettivo giudicare il gioco di una squadra, tantopiù se è una rappresentativa nazionale; sebbene, poi, i due gol segnati siano stati davvero molto belli da vedere.
La questione che balza agli occhi con tutta evidenza è la seguente: il calcio individualistico occidentale basato sull'uno, sul guizzo di Messi, sullo scavetto di Martinez e sulle preziosissime individualità, vale poco se di fronte ha una compagine organizzata. Può essere anche la Marosticense o l'Atletico Gallo Colbordolo.
I giocatori sauditi portano con sé nomi sconosciuti al pubblico occidentale ma ben noti nelle competizioni asiatiche e nei paesi limitrofi. Noti o meno, sono riusciti ad ingabbiare Messi e i suoi, portando a casa tre punti pesantissimi. Il merito è, senza dubbio, dell'allenatore Renard: nella sua carriera ha allenato più rappresentative nazionali africane che clubs, ha avuto modo di portare al trionfo la Costa d'Avorio e l'Angola. Uno che il calcio africano lo conosce, così come quello asiatico, avendo allenato nella massima serie del Vietnam. 

Uno che sa come, a volte, le cose semplici e il gioco costruito con poche indicazioni, seppur elementari, fa la differenza: come per la trappola del fuorigioco. 
Commentatori e penne illustri del giornalismo sportivo (Nanni Moretti, ora pro nobis) hanno iniziato a scrivere come l'Argentina sia crollata di fronte ad una squadra di sconosciuti con un gioco discutibile e quasi da terza categoria. 

Siamo, però, alle solite: il calcio non è l'individuo all'interno della squadra ma è il collettivo che lo compone; è l'adrenalina del pareggio contro una grande squadra quando sai di essere decisamente più scarso e che ti fa giocare sopra le righe.

È il lancio lungo del portiere, è il palla lunga e pedalare, è il campo di terra battuta e il ripensamento sulle sostituzioni. È la rosa di sconosciuti e la trappola del fuorigioco. È la terza categoria, in sostanza. 
Che torna e riemerge carsicamente ogniqualvolta si verifica un crollo dostoevskiano delle grandi squadre o delle rappresentative nazionali. Perché, davvero, il calcio che piace è tutto finto


Per chi volesse rivedere la partita, qui c'è il link della Rai. Però poi basta Mondiali.


https://www.raiplay.it/video/2022/11/Mondiali-di-calcio-Qatar-2022---Argentina-Arabia-Saudita-la-sintesi---22-11-2022-393a355e-fec3-4487-a13c-2d344f56dbc9.html

Turbolenze in vista tra candidati alle primarie e vecchi-nuovi partiti di (centro)destra - Atlante Editoriale

Se la confusione e l’irrigidimento di posizioni sembrano essere diventate la costante cui la politica europea ci ha abituato in questa circostanza tutt’altro che passeggera di “crisi migratoria”, come viene chiamata dalla stampa, la politica e i partiti non se la passano meglio.
Lo “spirito del congresso” del Partito democratico aleggia come quello della filosofia di Hegel.
Il primo, però, è alimentato da comunicati e da dichiarazioni che non tendono a mostrare un quadro chiaro della situazione, anzi.
Stando alla ricostruzione del “Corriere della Sera”, i candidati al momento più quotati sono: Stefano Bonaccini (presidente della Regione Emilia-Romagna), Paola De Micheli (deputata), Dario Nardella (primo cittadino di Firenze), Matteo Ricci (primo cittadino di Pesaro) ed Elly Schlein (deputata). Ci sarebbero, tuttavia, anche gli esponenti di Articolo1 e Demos che reclamano un posto per la corsa alla contesa che si dovrà tenere nei primi mesi del 2023.

Demos e Articolo1 in corsa

C’è dell’altro, tuttavia: nei mesi scorsi Roberto Speranza, già ministro della sanità e figura di riferimento di Articolo1-Mdp, aveva parlato della necessità di poter partecipare ad una nuova fase di organizzazione del centro-sinistra italiano. Dunque Articolo1 tornerà a far parte non già della coalizione ma proprio del Pd, qualora dovesse superare se stesso. Proprio in area ex-bersaniana, Francesco Miragliuolo (Articolo1) dichiarò una manciata di giorni fa come: «Articolo Uno può rilanciare la collocazione del Pd nell’alveo della socialismo democratico ed europeo». Anche Demos conferma la volontà di permanere nella medesima collocazione di centro-sinistra e i dem, stando al retroscena di Monica Guerzoni sul “Corsera” [oggi 15/11/2022], sarebbero pronti a cambiare lo statuto pur di poter far partecipare anche le forze citate. Uno statuto a corrente alternata, pronto ad accogliere Demos e Articolo1 ma che anni fa respingeva i radicali e la candidatura di Marco Pannella a più riprese proprio per evitare modifiche alle regole interne, ma tant’è.

Il caso della Regione Lazio

Saltato l’accordo Pd-5Stelle, data la questione inceneritore e il veto di Giuseppe Conte, i pentastellati potrebbero puntare a nomi che andrebbero a deviare il sentiero entro cui si muove il Partito democratico. Il nome di Massimiliano Smeriglio serpeggia in ambiente grillino e, senza dubbio, un nome simile potrebbe sconvolgere l’assetto quadripolare. Quantomeno nel Lazio, dato che il nome del candidato (ormai dato per certo) è di Alessio D’Amato (assessore alla sanità). Gradito a Calenda/Renzi, ma non troppo ad una parte dell’alleanza. Lo stesso Angelo Bonelli (Europa Verde-Alleanza Verdi Sinistra) nella mattinata di oggi [15/11/2022] ha dichiarato: «Non è un problema di nome, conosco D’Amato da quando avevamo i calzoni corti e va benissimo. Ma la candidatura doveva essere annunciata tutti insieme, procedere in questo modo è stato un grande errore. Vogliamo capire se la linea programmatica la dà Calenda o il candidato del centrosinistra. Il leader del Terzo Polo non può dire ‘queste sono le linee della Regione e Bonelli e Fratoianni devono accettarle o stanno fuori’», come riporta l’agenzia “9Colonne”.

L’equilibrio di chi non lo ha

Stando al deputato ecologista, è il «Pd a dover cercare un equilibrio» ma, parafrasando il Manzoni, se uno l’equilibrio non ce l’ha non se lo può certo dare. Proprio per questo il dibattito attorno alla natura del partito di centrosinistra si fonda sulla legittimità e l’esistenza dell’organizzazione stessa. Per Paolo Cacciari il ritorno al dualismo di soggetti alleati, ma formalmente distinti, non sarebbe nefasto: «Tornare a uno schema Margherita-Ds non sarebbe neppure il male peggiore. Almeno si riconoscerebbe onestamente il proprio fallimento e da questa onesta constatazione si potrebbe più seriamente ripartire», ha dichiarato il filosofo ai microfoni di “Italia Oggi”. Un dualismo che ammetterebbe il fallimento della ‘vocazione maggioritaria’ evocata da Walter Veltroni all’inizio del percorso del Partito democratico, dato che con tutta evidenza: «non può essere la sola Schlein a risolvere le questioni del partito», come ha scritto Mario Giro sull’editoriale apparso sul quotidiano “Domani” di lunedì 13 [novembre 2022]. Certo è che di fronte ad un’organizzazione politica che ha condannato qualsiasi tipo di ideologia socialdemocratica (compresa quella liberal-socialista) per abbracciare il liberalismo più radicale, per cui si fa sempre più fatica a rintracciare un’alternativa nei programmi e nella sostanza dei fatti dal resto delle coalizioni di centrodestra (così come anche con i centristi di Azione/Italia Viva), rimane da chiedersi se ha ancora senso definire il Pd come “soggetto politico alternativo alla destra”. Posto che lo sia mai stato davvero. Le recenti dimostrazioni di apertura, nonché della riabilitazione pubblica di Letizia Moratti, segnano il passo.

Nel frattempo, alla destra-centro...

Rinasce, anche se in realtà non era mai scomparsa, Alternativa popolare, l’organizzazione politica che era sorta dalle ceneri del Nuovo Centrodestra fondato da Angelino Alfano e durato il tempo di una legislatura per poi dissolversi come neve al sole. Alternativa popolare torna a far parlare di sé perché Stefano Bandecchi (presidente della Ternana e dell’Università Niccolò Cusano) è stato nominato coordinatore nazionale del partito dell’ex forzista Paolo Alli e, non solo: annuncia la propria candidatura a sindaco di Terni alle prossime amministrative. Sarà una candidatura di centro, sebbene Bandecchi non si candidi con il centro, saltato l’accordo con Calenda, dato che il progetto politico di Ap si colloca naturalmente nel Partito popolare europeo, secondo le intenzioni di Bandecchi. Eppure, rivendicando la sua appartenenza e il suo «orgoglio di aver servito lo Stato e la bandiera come militare nella Folgore» respinge le accuse di fascismo, sebbene sia solito indossare magliette (tanto da riprendersi per dirette su Instagram) con il motto del reggimento e slogan ripresi dal neofascismo militante. Bandecchi nega tutto, le immagini e le intenzioni rimangono. Il nuovo, già “avanza”.

Difendere, conservare, pregare: l'ascesi di Giovanni Lindo Ferretti - Atlante editoriale

È uscito un nuovo libro di Giovanni Lindo Ferretti, si intitola “Óra” (Compagnia Editoriale Aliberti, pp.114, 12€). Mai come in questo caso la descrizione che segue il titolo spiega, ancor di più, il senso del piccolo volume in oggetto: difendi, conserva, prega.Senza virgole, senza maiuscole, solo gli spazi a separare il triplice invito che viene fornito al lettore e che l’autore dà a sé stesso prima di tutto.

Pensieri, ricordi, parole e preghiere del Giovanni Lindo Ferretti che fu, era ed è: una lettura pesante come un macigno per chi ha conosciuto – e seguito pedissequamente – l’evoluzione del percorso musicale, culturale e politico del cantante dei Cccp, Csi, Pgr; spirituale e autobiografica per chi si accosta solo ora ai suoi scritti. 

«Quando prego poi sto bene, comunque meglio. Se non prego è comunque peggio, ma ve l’ho già detto: sono stupido, debole, non aspettatevi granché ne rimarrete delusi». 

La soggettività, ad ogni modo, percorre le pagine e le considerazioni conseguenti nella lettura del libro: arrivati all’ultima pagina non ci saranno analisi simili tra i lettori di “Óra” ma solo opinioni contrastanti. Molti, tra coloro che hanno seguito i Cccp fin dall’inizio, reputano terrificante (senza mezzi termini) la svolta ultra cattolica e reazionaria di Ferretti. Non c’è motivo di dar loro torto: il frontman dell’unico gruppo italiano realmente punk, svolta dalla critica al capitale (produci, consuma, crepa) ad un triumvirato di sensazioni che niente hanno a che fare con la contestazione.
È mutata la Regola, come per gli ordini ecclesiastici. Similitudine non peregrina. 

«Il pontificato di Benedetto XVI è stato, nella mia vita, un momento di grazia quotidiana. Per una volta, adulto, mi sono sentito in perfetta sintonia. Ogni sua parola, ogni suo gesto, un nutrimento per la mia anima nei miei giorni di uomo. Avrei obbedito ad ogni suo cenno. La sua rinuncia al soglio pontificio è stata un dolore fisico, mi ha annebbiato la mente. Mi ha prostrato. Me ne sono fatto ragione senza comprensione. Una premonizione: l’Europa finisce con il suo ultimo Pontefice. Uno stallo, emerito, sospende il verdetto. Poi? La pena è certa.». 

Ferretti è del tutto un’altra persona: abbandonare ogni aprioristica considerazione sulla sua conversione è ‘cosa buona e giusta’; provare a incasellarlo, od incastrarlo in qualsivoglia costrizione che lui stesso non si sia dato, potrebbe trarci in inganno e far deragliare i binari della nostra analisi o ragionamento.
In sostanza: “[…] e non abbandonarci alla tentazione”. 

Tra le pagine di “Óra” , che scorrono via una dopo l’altra, così come la scrittura di Ferretti, senza troppe punteggiature o maiuscole, si è dentro un flusso di coscienza personale e spirituale: tanto nei suoi altri lavori editoriali, nonché nelle canzoni ( “Orfani e vedove” su tutte), condanna il suo passato in modo irrevocabile, senza appello per quello che ha condotto fino ad un certo momento della sua vita. 
Forse, anche ingiustamente: ogni cosa compiuta dall’essere umano definisce la propria identità e concretezza. Cancellarlo con un tratto di penna, o a suon di pubblicazioni, non sembra il mezzo più adatto.

Sostiene Ferretti che aveva abbracciato il suo tempo con ingenuità ripetendo slogan e che ora s’è dato al clericalismo puro e intransigente: 

«Continua l’altro compito stabilito: l’ascolto di 40 anni di dischi, ho ripreso CO.DEX il disco che marca il confine della mia vita adulta. Registrato a Berlino tra MCMXCIX e MM. Nuovo secolo nuovo millennio nuovo me. C’è stata la Mongolia / meraviglia d’un mondo d’età ruvida acerba. C’è stata la Jugoslavia / la guerra che compare materiale all’orizzonte. È in atto il mio ritorno a casa / la civiltà Città m’allergica.». 

Il libro in sé non fornisce nulla di nuovo nell’elemento d’analisi e di conoscenza della conversione di Ferretti: una pubblicazione impreziosita dalle perle dei racconti personali dell’autore, tuttavia il lettore si trova a ripercorrere anni di vita, di carriera, per mezzo delle preghiere e di momenti salienti della vita del cantante. Un’operazione editoriale, in fondo. 

“Ortoprassi versus ortodossia”
Non risparmiando critiche al clero, a sua detta troppo civilizzato, a cui manca spiritualismo e, quasi, dottrina nella prassi, Ferretti rivela quel che in realtà poteva essere percepito solo carsicamente. 
Negli anni della gioventù, quando cantava/militava nei Cccp, lo si riteneva il primo alfiere della difesa dell’ortodossia socialista sovietica. O meglio: anche chi si dovesse accostare ora al fenomeno del gruppo punk filosovietico emiliano, avrebbe l’idea di un individuo che, abbandonata l’illusione menzognera della vita occidentale, riesce ad abbracciare l’ideale socialista, inteso come costruzione della propria visione del mondo. Cioè, della propria ideologia. 

Man mano che si procede nel contatto con il nuovo corso del cantante dei Cccp/Csi/Pgr, si ha la sensazione dell’esatto contrario: la burocrazia sovietica e l’apparato erano i fattori che più avevano suscitato il fascino di Ferretti. Non già l’afflato dell’ideale o la sensazione della realtà che l’Urss stesse, in un modo o nell’altro, geopoliticamente interpretando: l’altro mondo possibile, agli occhi di Ferretti, era rappresentato dall’autorità e non dalla costruzione della società socialista. 

Il lettore accórto se ne avvede subito quando l’autore parla di Benedetto XVI, così come pure egli ha fatto in passato più volte: la sensazione è che a Ferretti manchi l’autorità cui soggiacere. 

Dopo avere attraversato varie fasi della propria vita, si è ritrovato nella ciclicità e nella periodicità del rito, con il mondo rurale che aveva abbandonato fin dall’infanzia e dalla pre-adolescenza, tornando ad avvicinarsi a quel vissuto che aveva scansato troppo rapidamente. Sebbene, anche in questo caso, riferimenti cristiani, religiosi e mariani non sono mai mancati nel corso della produzione dei Cccp: il ritornello/litanìa di “Aghia Sophia”, “Madre”, inserita in “Palestina” ne è un chiaro esempio.

«La preghiera apre uno spiraglio che concede al finito di percepire, accedere all’infinito. […] Da che ho ripreso a pregare, non tanto quanto dovrei non meno di quanto riesco – non fatevi illusioni: sono e resto un peccatore, miserevole e anche stupido – mi affido alle preghiere della mia infanzia, pregate da sempre». 

Ferretti è, dunque, spirituale, ma anche «cattolico, reazionario e stronzo», come ebbe a dire in un’intervista del 2013 a margine della presentazione di “Fedele alla linea”, proiettato in anteprima alla Cineteca di Bologna . 

Ferretti anche contestatore, ma del sé stesso pubblico che non è caduto nell’oblio come avrebbe voluto.

Pubblicato su Atlante editoriale: https://www.atlanteditoriale.com/it/letteratura/giovanni-lindo-ferretti-ora/

«Stop, dimentica»: finisce 1-3 al 'Vittiglio'

Quando arriva, arriva. C'è poco da girarci intorno. E per quanto la malasorte, l'arbitraggio, la disattenzione, la poca concretezza a tu per tu col portiere possano essere tutti fattori inevitabilmente determinanti, alla fine sembra sempre che la sconfitta sia quella ad avere ragione su qualsiasi cosa. Anche e soprattutto sul cuore. Sul buonsenso, poi, non ne parliamo.
Che poi, magari, non sia così o che la sconfitta traditrice giunta tra le mura casalinghe del 'Vittiglio' non sia stata realmente meritata, specie se per tre reti subite contro una sola segnata, è un altro discorso. 
"Vajelo a spiegà". A Roma si usa spesso questa frase: "vajelo a spiegà". Il soggetto non c'è, è quasi impersonale. Significa che, per una determinata circostanza, se le cose vanno male, ma magari troppo male rispetto a quanto stabilito inizialmente, uno potrebbe anche farlo presente. Ma a chi? E vajelo a spiegà n po' te

Carlo Emilio Gadda, l'autore del Pasticciaccio, scriveva così, a proposito di quanto di negativo accadeva al Commissario Ingravallo. Don Ciccio, così veniva anche chiamato, sosteneva: «che le inopinate catastrofi non sono mai la conseguenza o l’effetto che dir si voglia d’un unico motivo, d’una causa al singolare: ma sono come un vortice, un punto di depressione ciclonica nella coscienza del mondo, verso cui hanno cospirato tutta una molteplicità di causali convergenti. Diceva anche nodo o groviglio, o garbuglio, o gnommero, che alla romana vuol dire gomitolo»

Ripescare il capo del garbuglio, in domeniche come questa, è praticamente impossibile.

E, dunque, eccola qui: prima sconfitta in campionato per la Borgata Gordiani
Brucia perché in casa e perché passati in vantaggio su rigore al quarto d'ora: Mascioli trasforma il tiro dagli undici metri trafiggendo Tassi
Ma procediamo con ordine.

Quiete prima della tempesta
Il primo tempo si gioca, o - meglio - si inizia a giocare, su ritmi tutt'altro che frenetici: le squadre si studiano e si "annusano" come animali allo stato brado per circa mezz'ora, dopodiché la gara si inizia a mostrare per quel che, successivamente, darà a vedere.
Come spesso succede in Prima, Seconda e Terza Categoria, le classifiche sono bugiarde e il Moricone (che prima di questa gara aveva 5 gol all'attivo e il doppio subiti) si dimostra una squadra che sa partire al rallentatore per poi riattivarsi immediatamente. 
Mister Molinari, nella prima frazione di gioco, adotta la classica difesa a quattro, ma è praticamente impostata sempre a cinque, dato il pressing alto della Borgata: le ripartenze dei biancoverdi tagliano a metà il gioco dei gordiani che, tuttavia, tengono bene il campo e impediscono più volte che il gioco offensivo del Moricone si concretizzi davvero. 

Gilardi e Di Gianfelice provano, in tutti i modi, a trafiggere Poma nei primi quarantacinque minuti: al 18', dopo il rigore trasformato da Mascioli al 17', è il centravanti a farsi vedere ma trova Capuzzolo pronto a reagire; una manciata di minuti dopo è la seconda punta a far digrignare i denti all'estremo difensore granata. 
Alla mezz'ora la Borgata ha già all'attivo ben due occasioni da gol che avrebbero potuto cambiare il corso della partita. Ma il condizionale, seppur coniugato al presente, non dà molte certezze, anzi, tutt'altro.
Al 38' arriva l'occasione con la L maiuscola: punizione di Mascioli che termina tra i piedi di Piccardi sulla fascia sinistra. L'11 si accentra, si libera di un difensore: è nell'area piccola ma aspetta Di Stefano per servirgli la proverbiale palla d'oro. Sfortuna vuole che, nonostante a tu per tu col portiere, il 7 granata sbagli: Tassi ci mette una pezza (in questo caso una gamba) e la palla non entra. 

Dense nubi al Vittiglio, certezza di rovesci (metaforici e non)
Si ritorna in campo con umori non buoni da entrambe le parti: la direzione arbitrale ha fatto sì che la gara diventasse leggermente tesa: stato d'animo e di gioco che aumentava allo scorrere del tempo. Enumerare le occasioni da entrambe le parti sarebbe superfluo: i due schieramenti provano, ripetutamente, a pressarsi e a pungersi. La Borgata sembra essere entrata con i remi già in barca: i contropiedi sembrano non riescano a incidere più di tanto («ci è mancato evidentemente qualcosa sotto porta», dirà a fine partita il 10 Mascioli) e il Moricone alza il baricentro a tal punto che nelle retrovie restano solo in due contro Di Stefano e Ciamarra (dal 34'st Belardi). 
Attorno al 15' inizia a pioviccicare e alla mezz'ora l'assedio è tutto del Moricone che prova in ogni modo a bucare la difesa granata. 
Prima al 39' con Felli e poi su due episodi, di cui uno in netto fuorigioco, il Moricone riesce a portare a casa i tre punti
Dimostrazione pratica del: "vajelo a spiegà 'n po' te" di cui si parlava all'inizio. 

«Certo che è stata una giornata storta - afferma a fine partita Mister Amico - ma non buttiamo il grande lavoro che abbiamo fatto da tre mesi ad ora! La testa è tutta proiettata a sabato prossimo in casa del Football United». Anche perché, a dirla tutta «ci hanno condannato degli episodi nel giro di dieci minuti»
Come a dire: colpa nostra, ma adesso ci rimbocchiamo le maniche e vediamo di riprendere da dove avevamo lasciato contro il Montedoro.

Il campionato è appena cominciato

Il tabellino della quarta giornata di campionato | Seconda Categoria Laziale | Girone F

BORGATA GORDIANI – MORICONE 1- 3


MARCATORI: Rig. 17' pt Mascioli M. (BG) 39' st Felli (M), 43' st Gilardi (M), 45’ st Gilardi (M).

BORGATA GORDIANI: Poma, Capuzzolo, Mascioli F., Pompi (38' st Brugnoli), Mascelloni, Zagaria, Di Stefano, Cassatella (46' st Corciulo), Ciamarra (34'st Belardi), Mascioli M. (32' st Alfonsini), Piccardi (46' pt Proietti) PANCHINA: Schiaroli, Ienuso, Michelangeli, Chiarella.
ALLENATORE: Fabrizio Amico

MORICONE: Tassi, Peroni, Marroni, Venettoni, Cruciani, Pietrosanti (16’st Ferraresi), Ranucci (32’st Fazio), Santus, Gilardi (47’st Pichetti), Pasquarelli, Di Gianfelice D. (12’st Felli) PANCHINA Di Gianfelice S., Maggi, Cherubini, Tonelli. 
ALLENATORE: Federico Molinari

ARBITRO: Tenaglia (Roma2).

NOTERecupero 3' pt - 4' st; Espulso al 43' st Zagaria (BG); Ammoniti: 24' pt Ranucci (M), 43' pt Pompi (BG), 26' st Mascioli F. (BG), 26' st Venettoni (M), 40' st Felli (M), 42' st Brugnoli (BG).




La stampa gossippara, la destra che ci sguazza, l'opposizione socia della maggioranza

Due notizie che riguardano il Municipio VI giungono alla luce della stampa nazionale nel giro di pochi giorni: la prima è il rifiuto del presidente Nicola Franco (Fd'I) di applicare la direttiva 1/2022 di Roma Capitale in deroga al decreto Renzi-Lupi, ovvero la norma che prevede «il divieto di residenza, di allacciamento ai pubblici servizi per chiunque occupi illegalmente un immobile e l’impedimento per 5 anni a partecipare alle procedure di assegnazione di alloggi popolari se si tratta di un immobile Erp»; l'altra è che lo stesso presidente pare non abbia conseguito una laurea nonostante egli abbia indicato il titolo come conseguito presso l'università «La Sapienza» di Roma.

La notizia che più è rimbalzata , ça va sans dire, è stata la seconda: quella della laurea.
Fiammeggianti e roboanti le parole dell'opposizione in Municipio, mai come ora così presenti e accaniti.
Per Compagnone (Pd), interpellato da 'TPI' c'è da augurarsi che

«il diretto interessato dia una risposta in fretta. Tutti i candidati presidente hanno depositato il proprio cv e adempiuto agli obblighi previsti dalla legge. Se non si chiarirà la situazione dovremo capire come agire perché il curriculum costituisce, oltre che un atto di trasparenza, anche una forma di orientamento al voto per i cittadini»

Tonante anche il Movimento 5 Stelle: «va fatta chiarezza appurando quale sia la verità».

Un vulnus gravissimo per la democrazia, quello della menzogna sul curriculum depositato come da obblighi di legge su cui ci sarà da interrogarsi sul come agire, capogruppo democratico docet,
Un atto gravissimo su cui c'è da fare immediatamente piena luce!
Il sarcasmo, spero, si sia colto. O, quantomeno, auspicabile.

Il punto centrale è, ancora una volta, la percezione della periferia agli occhi della grande stampa (nonché della stampa stessa), così come pure dei suoi organi politici eletti e che dovrebbero (condizionale d'obbligo) rappresentare il corpo elettorale tutto.
Il fatto che Nicola Franco non abbia una laurea, che abbia millantato di possederla dichiarando il falso, stando a quanto riporta 'TPI', è certamente un atto grave. Tuttavia, dalle parti della Rinascita si ritiene infinitamente più grave il fatto che il presidente di un municipio abbia, tramite comunicato diffuso agli organi di stampa, dichiarato pubblicamente di non voler attuare la direttiva 1/2022 di Roma Capitale, in deroga al decreto Renzi-Lupi, sostenendo quanto segue: 

«[...] La direttiva del Sindaco Gualtieri è un vero e proprio inno all’illegalità, perché favorisce l’occupazione illegittima degli alloggi d’edilizia residenziale pubblica. Tutti sanno, ma nessuno dice, che a Roma la criminalità gestisce buona parte della compravendita di appartamenti popolari. Soltanto nel territorio del Municipio VI delle Torri insistono quattordici clan mafiosi, che guardano con molto interesse alla direttiva del Sindaco. [...] Non tollero essere spettatore impotente del colpo mortale alla legalità che il Sindaco Gualtieri sta infliggendo senza pietà. Con oggi, la direzione del Municipio VI delle Torri nei confronti del Campidoglio su questa tematica è una sola: ostinata e contraria» e ancora «sto preparando una lettera da inviare al Presidente del Consiglio dei Ministri, Giorgia Meloni, e al Ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, affinché si pronuncino e blocchino la direttiva del Campidoglio, per salvaguardare la sicurezza e il rispetto della legalità». 

Sembra quasi che si legga tra le righe che: ogni richiesta di residenza dovrà essere vagliata una per una, così come, c'è caso che venga bloccata per motivi politici. E ci immaginiamo quanta ulteriore burocrazia dovrà essere prodotta per poter chiedere la richiesta sopra citata, stante il cortocircuito politico-normativo.

Su questo, ovviamente, le opposizioni non hanno dichiarato nulla perché, c'è poco da dire: gli schieramenti ad oggi presenti nel consiglio municipale, così come in Assemblea Capitolina, sono il frutto di un mesto gioco delle parti per cui, in fondo, c'è accordo su gran parte delle questioni. Lo stesso decreto che è oggetto delle contestazioni di questa fase, porta il nome di due componenti del Governo di allora: Renzi, già segretario del Pd; Lupi, ora "Noi di Centro", comunque in quota centrodestra. D'altra parte la dirigenza del Pd romano è in perfetta linea con Nicola Franco:

«[...] Oltre all’accordo con la Prefettura, in questi mesi abbiamo creato una task force della polizia locale per intensificare gli accertamenti e gli sgomberi. Inoltre, per proteggere la case vuote dalle nuove occupazioni ci siamo rivolti alla stessa ditta che installa i dispositivi di allarme nelle case dell’Ater», ha dichiarato l'Assessore al patrimonio Tobia Zevi (Pd) al 'Corriere della Sera' il 12 agosto [2022].

L'immagine dell'opposizione, in VI Municipio, è sempre di più quella del padrone di casa che sistema i quadri durante un cedimento strutturale delle fondamenta. Ma che si arrabbia e punta il dito nei confronti degli altri quadri che stanno cadendo, mentre in tre provano a raddrizzarne uno che sta venendo giù.
L'immagine della stampa nazionale (digitale o cartacea) è sempre la stessa e mira allo scandalo e al gossip, piuttosto che al cuore delle questioni. L'informazione è roba che non riguarda costoro. Non interessa, neppure a titolati periodici locali, come centinaia di cittadine e cittadini, a seguito di questa polemica politica per cui il Presidente Franco si oppone alla direttiva, si ritroveranno (immaginiamo, senza troppi sforzi) invasi da ancora più burocrazia per  poter giustificare un semplice cambio di residenza.
Alla faccia della semplificazione e della "città europea", della "città dei 15 minuti".

Alla faccia di tante cose.
Alla faccia nostra. 

L'articolo è stato pubblicato su 'La Rinascita delle Torri': https://www.larinascitadelletorri.it/2022/11/10/macerie-dellinformazione-informazione-tra-le-macerie/


Tre volte Borgata: Ciamarra, Mascioli e Di Stefano portano in vetta i granata

Le foto dell'articolo sono state realizzate
 da © Elisa Vannucchi 
La domenica della Borgata è condensata da una serie di avvenimenti e di casualità che aleggiavano prima e durante la partita (come lo Spirito nella filosofia hegeliana) che sarebbe bene trattare in questo nostro piccolo spazio digitale. La partita si è disputata al campo della “Polisportiva De Rossi”, nella domenica di Roma-Lazio. 

Come a dire: «è impossibile che dimentichiate l’esistenza del derby di Serie A» e, in effetti, l’aria è metallica.

Afosa, ma gonfia d’elettricità e di doppie aspettative: per la Borgata e per il derby serale, il cui fischio d’inizio sarebbe stato a ridosso del termine della terza giornata del Girone F di Seconda Categoria.

Ma veniamo al dunque: tre vittorie consecutive nelle prime tre giornate di campionato stanno a significare che la Borgata ha raggiunto i 9 punti. Dunque, complice la sconfitta della Fidelis in casa della Football United per due reti a zero, la squadra di Villa Gordiani si trova in cima alla classifica del suo girone.

Primo tempo: Dr. Jekyll

La prima frazione di gioco inizia da principio frizzante e piena di iniziativa da entrambe le parti: Ciamarra al secondo minuto prova a impensierire il portiere locale Pincelli senza riuscirci realmente, così come due minuti dopo Di Stefano illude tutti con un tiro che si spegne a lato della porta dei locali. Il Montedoro si organizza e prova a rispondere ma la Borgata chiude bene gli spazi. La gara sembra imboccare un lungo declivio fino alla mezz’ora quando gli animi – calcisticamente, s’intende – iniziano a mostrarsi molto più accesi: Poma salva il risultato più volte, intercettando palloni che lo mettono a dura prova in più d’un’occasione. Il Montedoro prova ad allungare e lo fa cogliendo le iniziative di Cortazzo e Bercolli, tanto da palla inattiva quanto costruendo l’azione.

Il ribaltamento di fronte arriva al 30’: rinvio di Poma che imbecca magnificamente Ciamarra.
Il pallone spiove precisamente là dove avrebbe dovuto, e dove il centravanti avrebbe voluto che fosse: Ciamarra non deve far altro che liberarsi di un difensore e trafiggere il portiere.

Il rinvio-cross di Poma è sembrato essere uno di quei momenti in cui Football Manager è diventato realtà: eppure è andata davvero così!

La Borgata, ad ogni modo, non sembra essere troppo “in palla”: nei primi quaranta minuti di gioco Mascioli sembra affaticato e il carico di lavoro per Di Stefano e Piccardi è molto più ingente del normale. Lo dimostra il fatto che, a gol segnato, la squadra sembra adagiarsi: gli arancioneri locali si fanno sotto più volte e al 45’ arriva l’occasione più grande per i padroni di casa: percussione di Capuana che coglie di sorpresa la difesa granata, passaggio al centro dell’area per Corica a Poma (praticamente) battuto, ma il numero 7 locale tira troppo forte e il pallone vola ben oltre la traversa.

Un brivido, una scossa elettrica che ha fatto capire agli undici di Mister Amico quanto fosse importante la concentrazione: abbandonarla, seppur per una manciata di minuti, risulta sempre fatale. In questo caso specifico, potenzialmente fatale.

Secondo tempo: Mr. Hyde

Montedoro – Borgata” comincia realmente, va detto, solamente nella seconda frazione di gioco: lo spettacolo messo in scena dai ventidue presenti nel rettangolo di gioco è completamente diverso da quello offerto prima del duplice fischio arbitrale.

Nei primi dieci minuti c’è tanto Montedoro e tanta Borgata: al 1’ è ancora Di Stefano a farsi vedere dalle parti di Pincelli, così come Mascioli tenta una delle sue punizioni che l’estremo difensore locale respinge di pugno.

Arriva lo squillo che, forse, era necessario per gli undici granata: al 9’ della ripresa Andrea Carboni insacca per gli arancioneri e riporta la partita in parità.

Si entra, da questo momento in poi, nel vivo della gara ma solo al quarto d’ora (precisamente al 16’) la partita subisce una brusca svolta in favore della Borgata: Ciamarra, lanciato verso la porta del Montedoro, viene atterrato in area e l’arbitro Borra non ha dubbi. Calcio di rigore.

Mascioli trasforma il tiro dagli undici metri: 1-2, punteggio di nuovo in favore dei gordiani.

Se la partita ha rappresentato una doppia faccia e una doppia realtà a sé stante, la medesima cosa si può dire per quel che riguarda la prestazione di Mascioli: rientra in campo e gioca come sa e come (forse) avrebbe voluto nel primo tempo; l’attacco ospite ne guadagna infinitamente in termini di profondità e di coordinamento del reparto d’attacco.

Tre minuti dopo Di Stefano, che cercava il gol dal secondo minuto del primo tempo, triplica il conto: è 1-3.

Saltano gli schemi

La Borgata continua a premere con Piccardi e Di Stefano che sembrano instancabili, pungendo e risultando velenosissimi nei confronti della difesa locale: entrambe le squadre hanno alzato il proprio baricentro ma, forse, il Montedoro risulta più scoperto della Borgata e il triumvirato d’attacco ospite prova a farla da padrone nella metà campo avversaria.

Felicità e consapevolezza della realizzazione del risultato danno alla testa i gordiani: dopo la mezz’ora della ripresa si esaurisce la spinta propulsiva della Borgata ed è il Montedoro ad attaccare.

Gli arancioneri locali ci provano in tutti i modi ma vuoi per la malasorte, vuoi per Poma che riesce ad arrivare su qualsiasi pallone, vuoi perché – in un modo o nell’altro – la difesa ospite riesce sempre a metterci “una pezza”, il pallone non entra.

L’assedio del Montedoro dura 7 minuti dal 35’ al 42’ ma, alla fine, le forze vengono meno e la partita finisce sull’1-3 per la Borgata Gordiani, nel tripudio generale tra panchina, undici in campo e tifosi sui gradoni.

Consuetudini di inizio del campionato con una sconfitta lasciate alle spalle proprio alla prima giornata; nuovi moduli che si consolidano piuttosto bene alla realtà della squadra; nuova consapevolezza che sì, c’è da lavorare per affermarsi. Ma, come dire: le premesse ci sono tutte.


Il tabellino della terza giornata di campionato | Seconda Categoria Laziale | Girone F

MONTEDORO CALCIO – BORGATA GORDIANI 1-3

MARCATORI: 30’ pt Ciamarra (BG), 9’st Carboni A. (M), Rig. 17’st Mascioli M. (BG), 20’st Di Stefano (BG)

MONTEDORO CALCIO: Pincelli, Puccia, Abbafati, Tronci (D’Acuti), Del Forno (23’st Falanga), De Paoli (Scaramastra), Capuana (Buonacucina), Collari, Cortazzo, Bercolli (Carboni A.), Corica PANCHINA: Murgese, Paccione, Carboni L., Perri ALLENATORE: Arnaldo De Cresce (*)

BORGATA GORDIANI: Poma, Chieffo (11’st Capuzzolo), Segatori (42’pt Mascioli F.), Alfonsini (15’st Brugnoli), Mascelloni, Zagabria, Di Stefano (26’ st Michelangeli), Cassatella, Ciamarra, Mascioli M., Piccardi (35’st Proietti) PANCHINA: Barsotti, Corciulo, Chiarella, Belardi. ALLENATORE: Fabrizio Amico

ARBITRO: Isacco Borra (Roma 2)

NOTE: Recupero: 3’pt – 4’st. Ammonizioni 44’pt Mascioli F. (BG), 7’st Collari (M).

(*) Piccola nota a margine sul tabellino. Il sole accecante, che stava tramontando, fendeva la retina e tutto il comparto visivo dei presenti al campo di Via di Vigna Fabbri. Se la ricostruzione delle sostituzioni per la Borgata è stata piuttosto facile, per la squadra padrona di casa non è stato così immediata e ha presentato un po’ più di difficoltà. Si chiede scusa al Montedoro per non aver riportato con accuratezza le sostituzioni.

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