Adesso ci credete?

Ora che ve l’ha detto anche “Il Tempo”, noto giornale della destra romana, e non un noiosissimo bolscevico come il sottoscritto, ci credete? Il “Piano nazionale di ripresa e resilienza”, noto giornalisticamente e non come “PNRR”, non dà più soldi, non è un’opportunità, non rappresenta niente di tutto quel che viene narrato dai cantori del capitalismo nazionale ed europeo. 

Si tratta di una colossale immissione di denaro a debito, ulteriore indebitamento che pagheranno sempre i soliti, sempre le classi popolari, sempre chi i soldi non ce li ha e che dal PNRR non avrà nulla da guadagnarci. 

Si tratta di un’operazione di “maquillage” del capitalismo: faccio vedere che mi impegno in qualcosa, faccio finta di spostare dei soldi impegnandomi nella ripresa post-pandemia anche se la sostanza è una e incontrovertibile. I soldi arriveranno ai soliti noti e chi già annaspa continuerà a dover cercare un tubo più lungo per l’aria e poter respirare da sott’acqua quando la marea si alzerà. 


Per la scuola, poi, è tutto molto ridicolo. Gli stabili cadono a pezzi, nella maggior parte dei plessi della periferia romana gli interventi di manutenzione, ristrutturazione o messa in sicurezza mancano più di trent’anni. Certo: ci sono lavagne multimediali e computer in ogni aula, ci sono server a volte super potenti. Però poi crollano i cornicioni e i soffitti. Bell’affare, eh? Ma questa è la meravigliosa opera di “maquillage” di cui si parlava sopra: investire una quantità spropositata di denaro per la “digitalizzazione della scuola” quando poi le cattedre rimangono vacanti, ai ragazzi mancano sempre docenti ad inizio anno, i concorsi abilitanti si annunciano, vengono banditi, poi però succede sempre qualcosa per cui non vengono mai portati a termine. 

Un moderno «si costerna, s’indigna, s’impegna, poi getta la spugna con gran dignità». 

Solo che l’ultimo fattore, la dignità, è venuta a mancare da un pezzo. 


Tempo fa ne avevo parlato qui (https://www.pclavoratori.it/files/index.php?obj=NEWS&oid=6931), criticando lo sciopero dei Cobas della scuola in cui si sosteneva che il Pnrr fosse un’opportunità per l’istruzione, ma ovviamente non me s’è filato nessuno perché “ommioddioilpartitocomunistadeilavoratori”, “maaaadò ancora cor comunismo! Sveeeja, creeesci: er novecento è finito-oh”, “a me n me ne frega n cazzo, annamo a pijà r gelato”. 

Cassandra Style. Ma Cassandra va politicamente e ideologicamente rivalutata: «tifiamo Cassandra» come programma politico, parafrasando Lindo Ferretti. 


Il punto è che, come al solito, battute a parte, noi tutti pensiamo che sia meglio una bugia detta bene (ma proprio benissimo) di una verità sbattuta a brutto muso davanti ai nostri occhi, cioè: tra poco, nell’immediato futuro, il Piano nazionale di ripresa e resilienza ci presenterà il conto e staremo molto ma molto peggio di prima. 


C’è da fare, ovviamente, una piccola precisazione. Così come l’UE ha creato consenso attorno a sé finanziando “progetti europei”, “scambi internazionali”, “progetti di recupero urbano” o altre cose, anche il PNRR avrà questo scopo. Ci saranno, d’ora in avanti, associazioni, comitati, realtà locali che diranno di aver continuato la propria iniziativa proprio grazie ai fondi messi in atto da questo piano per la ripresa, magari affermando anche cose come “la buona politica, a volte, esiste”. Ecco, questa non è buona politica, è atomizzazione della società civile in funzione di una logica estremamente personalista ammantata di localismo, che ora va tanto di moda. Ma di questo ne parleremo in un’altra occasione. 

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