Newsletter social(e) - Prima comunicazione

Dopo il post sulla "sconnessione", termine che non credo esista e, anzi, temo sia di mia invenzione, insieme a Roberto Catracchia abbiamo ragionato sul che fare
La Newsletter Social(e) è uno dei risultati delle chiacchierate degli ultimi giorni e sarà prodotta saltuariamente per argomenti. La prima newsletter riguarda Libra

Che diavolo è?
Il primo pensiero che avrete una volta ricevuta questa mail sarà, siamo sicuri, quello dello sconforto: "oh, no! Un'altra odiosissima newsletter". È vero: la newsletter è uno strumento che, se usato sconsideratamente, è molto fastidioso. Ma non siamo qui per darvi fastidio: tutt'altro. 
Siamo qui perché vogliamo ragionare insieme, con tutti coloro a cui arriverà questa prima mail, di una cosa che ci riguarda da molto vicino: la nostra vita digitale. 
Usiamo costantemente Facebook, ci scambiamo informazioni su WhatsApp - spesso anche molto importanti -, ci scattiamo un mucchio di foto con i nostri smartphones e le pubblichiamo su Instagram. 
Ma i social parlano a delle "cerchie" ristrette mentre, invece, c'è bisogno di andare oltre: incontrarsi, parlare e formarsi un'opinione su determinati argomenti, prima ancora di scambiarsela. 
Dal prossimo anno, Facebook emetterà una moneta virtuale che trasformerà il nostro essere utenti di un social network ad "azionisti" del progetto Libra (così si chiama la nuova moneta). 
Per questo abbiamo deciso di cominciare un percorso di informazione, commento e contro - informazione riguardo quel che accade ogni giorno attorno a noi per fare in modo che sì, condividiamo articoli e opinioni, ma soprattutto fissare appuntamenti in cui vederci di persona e parlare, dibattere. Parallelamente vogliamo creare una sensibilizzazione riguardo la "disconnessione" da parte nostra da alcuni social network, parlarne con voi che siete amici, conoscenti, persone con cui condividiamo ideali e speranze. Contro chi vuole monetizzare il pensiero, noi rispondiamo che è obbligatorio farlo circolare esattamente al contrario di come si sta provando a fare.

Potete leggerla qui:


Una criptovaluta si aggira per il Mondo | le ragioni della sconnessione *

Una criptovaluta si aggira per l'Europa, anzi, per il Mondo, in tutto l'intero Pianeta. 
Il 18 giugno 2019 il 'numero 1' di Facebook, Marck Zuckerberg, ha pubblicato un post sulla piattaforma social di cui è leader e padrone per dichiarare e spiegare ad utenti e al Mondo che cos'è Libra, ovvero, la nuova  cosiddetta (impropriamente) criptovaluta prodotta da  Facebook e da altre aziende transnazionali, tra cui MasterCard, Vodafone, Iliad, PayPal, Spotify etc. 
Facebook, sostanzialmente 'batte moneta' e lo fa entrando a gamba tesa nella finanza globale chiamando la propria creatura stable coin (moneta stabile) e non criptovaluta così come prima ho scritto impropriamente, «dando una frecciata alla Bitcoin», per citare l'articolo scritto da Federico Rampini su 'Repubblica' del 19 giugno 2019 (**). Facebook conia una moneta e lo fa mettendo in piedi una struttura parallela utilizzando gli strumenti della politica non-governativa transnazionale: Libra è prima di tutto un'associazione no-profit (!) e non governativa con sede a Ginevra
«L'Associazione Libra è un'organizzazione indipendente, senza scopo di lucro, con sede a Ginevra, in Svizzera [...] conduce un programma di sovvenzioni di impatto sociale che sostiene gli sforzi di inclusione finanziaria in tutto il mondo. L'associazione collabora con la comunità globale e con i responsabili delle politiche per aiutare ulteriormente la missione Libra. L'Associazione è composta da un gruppo di organizzazioni diverse provenienti da tutto il mondo. I membri fondatori dell'associazione sono operatori e nodi di validazione che formano la catena di rete [blokchain - ovvero un sistema di contabilità digitale composto da sistemi matematici decisamente complessi che si appoggiano su reti di server e pc n.d.r.] che è l'essenza di Libra. Una delle direttive dell'associazione sarà quella di lavorare con la comunità per ricercare e implementare la transizione verso una rete senza autorizzazioni».
Basandosi su un impianto giuridico-esistenziale economicamente, politicamente e socialmente vantaggioso, Libra sarà il nuovo strumento del capitale transnazionale per condizionare i mercati e, dunque, l'economia.
L'unico giornale italiano che sta dando realmente risalto alla questione è 'il Sole 24 Ore' che sta dedicando articoli, producendo analisi e proponendo riflessioni molto interessanti a riguardo.

Oltre alla no profit Libra vi è anche Libra Networks, con sede nello stesso palazzo dell'associazione - ça va sans dire - «società a responsabilità limitata, fondata il 2 maggio di quest'anno dalla holding irlandese Facebook Global Holdings II», come riporta il 'Sole 24 Ore' nell'articolo di Roberto Galullo e Angelo Mincuzzi, ed avrà lo scopo di «fornire servizi finanziari e tecnologici e di sviluppare software e hardware con particolare riferimento agli investimenti, al pagamento, alla finanza, alla gestione delle identità, alle analisi, big data e blockchain».

L'essenza della nuova moneta: Facebook il nuovo "Re Sole"
L'unico punto fermo, per ora, è che Libra partirà nel 2020. Per il resto c'è - semmai - l'incognita da parte dai coordinamenti bancari transnazionali che non si sa se vorranno o meno intervenire per regolare - o 'disciplinare' come ha scritto più correttamente il 'Sole 24 Ore' - la nuova moneta che conta circa due miliardi di utenti (2,4 miliardi di utenti regolari, secondo dati di Facebook). Una sorta di "stato virtuale" decisamente imponente e del tutto multi-nazionale, in quanto i fruitori di Facebook sono distribuiti su vari paesi del Mondo. L'ardire di essere 'padrone' di uno stato, sebbene virtuale, non sarebbe venuta in mente neanche al Re Sole o a Napoleone ma, a quanto pare, siamo di fronte a deliri di onnipotenza ben più grandi.

«Le autorità monetarie si stanno ponendo la questione se Facebook non debba avere riserve valutarie depositate presso le banche centrali con cui garantire la stabilità della Libra», a dirlo è stato Tobias Adrian, capo della divisione mercati al Fondo monetario internazionale. Se la moneta sarà stabile, come i fondatori affermano, dipenderà da quante valute avrà al suo interno
Libra avrà l'asse portante della sua esistenza basata sulla privacy, sebbene i fondatori non specificano come e in che modo essa verrebbe tutelata. Non vi è alcun organismo terzo e indipendente che controlli Libra, o meglio, c'è ma è un organismo "esterno" nato dai creatori che hanno dato vita alla moneta. 
Un po' come se in un partito politico Segretario Nazionale e Comitato di Garanzia sono rappresentati dalla stessa persona, o ancora, se Presidente della Repubblica e Presidente del Consiglio dei Ministri fossero la stessa cosa. C'è poi da dire, riguardo la privacy, che Facebook nel recente passato ha dimostrato di essere vulnerabile ad attacchi e oggetto di 'fughe di dati', come giornalisticamente viene scritto. Anche a tal proposito, sarebbe incauto affidare pagamenti ad un'azienda che ha dimostrato di non possedere "anticorpi" a riguardo
La finanza ha fatto un passo avanti enorme rispetto a quanto avvenuto dalla crisi che ha visto imporsi i Governi tecnici in Italia e l'intervento della Troika in altri paesi: il capitalismo transnazionale avrà mano libera sulle transazioni e sui conti, così come allo stesso modo le persone, vivendo l'illusione dello 'scambio immediato' favoriranno una struttura non regolata da alcunché se non dallo smartphone e dal proprio account Facebook/WhatsApp etc. Le speculazioni finanziarie sarebbero sdoganate e avrebbero il 'via libera' di utenti-social che diventerebbero utenti-consumatori in uno schiocco di dita. Speculazione, beninteso, che i cittadini romani (ad esempio) conoscono benissimo (per chi volesse approfondire: http://webtv.camera.it/evento/9242 - «Né i piani di rientro del debito di Roma Capitale finora redatti, né il documento di accertamento definitivo del debito sembrano contenere una ricognizione analitica e una rappresentazione esaustiva della situazione finanziaria da risanare antecedente al 2008. Attualmente, per il 43% delle posizioni presenti nel sistema informatico del Comune, non è stato individuato direttamente il soggetto creditore». Commissario Straordinario per il Rientro del Debito del Comune di Roma, Silvia Scozzese).

La necessità della sconnessione
A questo punto diventa cruciale aprire il dibattito della sconnessione. Se qualche anno fa, in ambienti sociali, associazionistici, politici, si affermava come Facebook andasse utilizzato per far sì che si avesse voce dal momento che la carta stampata la nega a chi opera sul territorio e a coloro che portano una voce dissonante all'interno del panorama politico, a seguito dell'annuncio di Libra il filo dovrà necessariamente spezzarsi. Come si dice proverbialmente: il gioco non vale più la candela. Contribuire al flusso di account e alla legittimazione di quello 'stato' virtuale, come è stato definito dall'articolo di 'Repubblica', è insostenibile ora più che mai.
È il momento della sconnessione, del logout, dell'elimina account per chi crede di poter e voler cambiare la realtà che lo circonda e lo stato di cose presenti. 
Quali spazi alternativi ci sono? Possono esserci delle soluzioni immediate, prima ancora di abbracciarne altre più 'radicali' che utilizzano - ad esempio - i partiti pirati europei e nel mondo. 
Una tra questa è una newsletter, per rimanere in ambito digitale, ma tuttavia la questione più corposa è senza dubbio quella del tornare a mostrarsi nelle vie dei propri quartieri e dei propri luoghi di lavoro. Non è pura utopia quanto più una necessità: i dati elettorali hanno mostrato una evidente e profonda crisi delle sinistre europee e dei partiti comunisti di tutti i paesi dell'eurozona, tuttavia le elezioni amministrative hanno consegnato degli sparuti segnali incoraggianti per quel che riguarda la percezione di un'alternativa che sia politica e sociale in medio-piccoli centri abitati. Per fare questo non si possono attendente i tatticismi dei gruppi dirigenti che glorificano risultati miseri o "prendono atto" di sempiterne sconfitte che inanellano con entusiastica continuità dal 1999 ad oggi. È necessaria la sconnessione digitale per andare ad operare una nuova connessione, stavolta reale, per far sì che si torni ad ascoltare, parlare e capire il proprio bisogno e la propria intima necessità, connessa a quella della comunità in cui si è inseriti
La mediaticità che viviamo ha frammentato la nostra esistenza in modo totale e irreversibile, in particolar modo a chi abita nelle grandi metropoli: il centro della nostra vita non è più il luogo in cui viviamo e l'egemonia si fa più difficile perché non abbiamo ben chiara la direzione della nostra azione quotidiana, sia nell'associazionismo che nella politica territoriale. 
La 'facebookizzazione' del dibattito politico ha prodotto una politica di serie A e una di serie D eliminando del tutto "serie cadetta" e "terza serie": personaggi istituzionali utilizzano lo strumento dei social per qualsiasi scopo (sia esso personale o lavorativo) e spesso interagiscono con gli utenti a seguito di una diretta, di un post con decine di migliaia di visualizzazioni e via dicendo. Allo stesso modo ha prodotto una percezione distorta delle istituzioni a livello locale, contribuendo ad una confusione, già in atto nel corso degli anni, tutta a danno della comprensione di fenomeni politico-istituzionali, nonché della comunicazione della politica locale che predilige uno strumento di un'azienda transnazionale privata per comunicare quanto conduce quotidianamente anziché alle comunicazioni scritte e alle affissioni pubbliche che potrebbero, invece, arrivare alla maggior parte della cittadinanza. In questo senso si arriva al capolavoro dell'eterogenesi dei fini dei 5 Stelle che, partiti per rendere 'casa di cristallo ogni luogo istituzionale' hanno fatto in modo di rivolgersi ad una platea ristretta di persone informatizzate che, grazie a questo, sono considerati cittadini con una corsia preferenziale da qualsiasi amministrazione, centrale o locale.

Così come lo stato sociale era per pochi, la ricchezza mondiale va accentrandosi sempre di più in pochissime mani, anche la democrazia e gli spazi di conoscenza vengono ridotti sensibilmente a causa di meccanismi che vengono spacciati come "facilitatori" di comunicazione i quali, in teoria, sarebbero anche utili, se non fosse che sono totalmente ad uso e consumo di una popolazione già informatizzata e consapevole di che cosa significhi esserlo.
Non possiamo più aspettare: si deve, ora più che mai, creare una rete e un dibattito di chi ha a cuore sia il futuro della Terra, sia un mondo decisamente 'altro' che non sia ostaggio di finanza e speculazioni selvagge.
Ora o mai più.





* La nota, seppur messa in asterisco in calce al post, è cruciale. Non sono un economista ma ho a cuore la realtà e il suo manifestarsi, di conseguenza mi piace analizzarla secondo la mia personalissima Weltanschauung che è quella dell'anticapitalista. Chi leggerà il post e inizierà a rispondere in termini finanziari e strettamente economicisti, può continuare a scriverlo sul blog di Draghi o della Bonino, che tanto pari sono.

** Arriva Libra, ora Facebook batte moneta, La Repubblica, 19 giugno 2019. Non c'è link diretto perché è stato inserito sul sito del quotidiano come contenuto a pagamento. 

In memoria di tre quotidiani di partito: «l'Unità», «La Voce Repubblicana», «Liberazione», ovvero: tre casi di studio su una esperienza (fallita) di conservazione digitale

Il titolo è quello che ho scritto, lungo ma maledettamente necessario per descrivere quello di cui tratta la pubblicazione.
Dopo un anno e qualche mese dalla discussione della tesi di laurea magistrale, basata sulla memoria digitale di alcuni quotidiani nazionali che veniva - senza pochi giri di parole - 'presa e buttata via' in fasi delicate della vita dei giornali in mancanza di una normativa che obbligasse al deposito legale digitale, uscirà un saggio che ho scritto per il numero 59 della rivista «Culture del testo e del documento». 
Una pubblicazione che riprenderà, ovviamente, la tesi ma che tocca la sola questione dell'editoria di partito, aggiungendo «Liberazione» al novero dei due già trattati nella discussione.

Quando uscirà? 
A fine mese e, per chi volesse, sarà possibile comprarlo qui una volta pubblicato: https://www.vecchiarellieditore.it/?s=culture+del+testo+e+del+documento.




Nucleare, il deposito nazionale per le scorie è utopia o prossima realtà?

Torna il dibattito sul nucleare, sebbene non fosse mai sopìto del tutto nonostante la vittoria referendaria. Per stipare le scorie già esistenti occorrerebbe un “deposito nazionale”, parola dell’Isin

 
La questione legata all'energia nucleare torna a far parlare di sé. Per la verità il tema lo si è semplicemente accantonato e tenuto a distanza dall'opinione pubblica dall'ultima volta che si ebbe modo di tornare sulla questione del deposito nazionale delle scorie, Calenda consule. Si torna a parlare di nucleare perché è stato da poco aggiornato l'inventario dei rifiuti radioattivi italiani, il primo pubblicato, dall'Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (Isin). E, soprattutto, perché nel 2025 Italia dovrà farsi carico dei rifiuti radioattivi che aveva spedito all'estero per far sì che fossero processati. Operativo da agosto 2018 l'Isin assorbe tutte le funzioni in materia di sicurezza nucleare e di radioprotezione già attribuite dalla legislazione nazionale agli enti che già erano presenti in Italia (Cnen, Enea, Anpa, Apat) e ad alcuni dipartimenti e laboratori riguardanti la radioattività dell'Ispra. Per fare il punto sulla situazione, abbiamo contattato due dirigenti dell'Isin: il Direttore Maurizio Pernice e il Direttore Vicario, nonché ingegnere nucleare, Lamberto Matteocci.

Rifiuti nucleari

«Il report sulla situazione dei rifiuti radioattivi che abbiamo pubblicato in aprile – ha commentato Pernice – è un documento che individua quantità e tipologie di rifiuti ma soprattutto dove sono collocati momentaneamente: ogni sito presenta delle problematicità diverse su cui dobbiamo intervenire, controllando l'operato della Sogin e degli altri esercenti affinché si possano implementare le misure di protezione, dal momento che ognuno di essi deve essere mantenuto e gestito in sicurezza».

Quando si parla di rifiuti radioattivi c'è sempre il rischio di non mettere a fuoco la questione principale della materia: stiamo parlando di scorie a bassa e/o media intensità che al momento sono depositate in quelle che erano le centrali nucleari e negli altri impianti connessi al ciclo del combustibile, un tempo attivi, come ha confermato Lamberto Matteocci: «La stragrande maggioranza di rifiuti radioattivi è collocata nelle installazioni nucleari spente da anni per le quali è in corso un processo di ‘decommissioning'», cioè a dire: arrivare a fare in modo di bonificare il sito «come se gli elementi radioattivi in quel luogo non ci fossero mai stati».

Cos'è contenuto in questi stabilimenti? Generalmente vi sono contenute tre tipologie di scarto radioattivo, come ha sintetizzato l'ingegner Matteocci: «Ci sono quelli che furono generati quando gli impianti erano in esercizio; ce ne sono alcuni di bassa attività che vengono generati per il mantenimento in sicurezza; ce ne sono altri, infine, futuri che verranno prodotti a partire dallo smantellamento», ovvero tutte le parti metalliche che andranno smantellate, per far sì che vengano decontaminate ed essere rilasciate dal sito, oppure confezionate come rifiuto radioattivo. Parlare di rifiuti radioattivi porta inevitabilmente con sé un problema politico: la materia è scottante e spesso anche solo avvicinarsi all'argomento può inevitabilmente far perdere voti a questa o quella forza politica al Governo. Anche perché la gran parte dei rifiuti nucleari italiani si trova oltreconfine, in particolar modo nel Regno Unito e in Francia, come ha spiegato Matteocci: «I rifiuti che sono all'estero dovranno tornare in Italia perché gli altri paesi offrono la propria tecnologia per riprocessare e trattare il materiale» ma tutto il rimanente dovrà tornare in quanto di proprietà del paese che li ha inviati. Anche perché: «In Francia la legge nazionale non prevede che il materiale inviato per il trattamento possa sostare in gestione o in smaltimento nel Paese: dopo aver trattato le scorie del Giappone e della Germania, ad esempio, Parigi rispedisce indietro quel materiale al mittente, una volta processato».

La questione del deposito nazionale unico

Vi è la necessità, secondo l'Isin, di un deposito nazionale unico: da un lato ci sarebbero le scorie che tornano al mittente dai paesi esteri, dall'altra la necessità di raggruppare in un unico impianto di smaltimento, realizzato ad hoc in un sito rispondente a criteri molto rigorosi, tutta la ”spazzatura radioattiva«. C'è da precisare che questo impianto non è affatto da comparare ad una discarica o ad una pattumiera: «L'impianto dovrà avere requisiti stringenti, avrà più livelli di sicurezza», precisano entrambi i dirigenti e «soprattutto sarà solo per i rifiuti di bassa e media intensità»,  mentre in un altro impianto dovrebbero essere stoccati in via temporanea i rifiuti ad alta intensità. Una condivisione necessaria del sito di Deposito nazionale, stando alla normativa, dal momento che per lo smaltimento dei rifiuti ad alta intensità è importante avviare un percorso condiviso: «dovranno essere collocati in un sito di smaltimento ‘geologico', come si dice comunemente, in profondità, per  il quale, in ragione dei limitati quantitativi di tale tipologia di rifiuti, è d'interesse per l'Italia la soluzione di un sito multinazionale, da condividere con altri paesi».

L'ipotesi del deposito nazionale è, tuttavia, subordinata alla pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) da parte di Sogin, senza la quale si parla in astratto: «È come se dovessimo organizzare una gita ma non abbiamo ancora deciso dove andare», ironizzano i dirigenti. Il Direttore Pernice tiene a precisare: «Nella fase di screening iniziale viene proposta una lista di aree potenzialmente idonee, per l'appunto, sottoposta alla verifica dell'ISIN – al momento è in corso l'ultima attività al riguardo - e il soggetto attuatore (Sogin) pubblicherà il documento dopo il nulla osta dei Ministeri competenti». Al momento, tuttavia, non c'è nulla di concreto in mano, benché Pernice e Matteocci siano piuttosto ottimisti sui tempi di pubblicazione.  

 


«Ma perché, è no stato 'a Corea?»

Dice: «Ma che me stai a dì?»
E dice: «Te giuro, mica sto a cazzarà»
Dice: «Ma che me rappresenta?»
E dice: «Ao, e mica te sto a dì na cazzata: esiste»
Dice: «Com'è che se chiama?»
E dice: «Corea, zì: Corea. N'hai m'hai sentito n cazzo de telegiornale?» Dice: «Ma sì, te pare, me dev'esse sfuggito. Corea… Te giuro n me dice gnente, Ma ndo sta?»
E dice: «Che?»
Dice: «Sta Corea, ndo sta?»
E dice: «Tra a Cina e 'r Giappone, se stanno sempre a pijà a pizze»
Dice: «Cor Giappone?»
E dice: «Ma no! Co la Cina»
Dice: «Ma pensa te»
E dice: «E te sto a dì»
Dice: «Ma da quant'è che se stanno a pijà a pizze? Ma dici che se stanno a sparà?»
E dice: «No è che ogni tanto ce sta er ciccione, coreano, che butta n missile e allora la Cina je risponne ma so scaramucce, n'è che se mettono a pijasse a pistolettate sur serio»
Dice: «Ma dimme te. Ao te giuro n sapevo gnente»
E dice: «Eh perché nu ssudi. Tipo, de Honk Hong che stanno a baccajà e fa macello pe strada o sapevi?»
Dice: «Sta sempre la vicino»
E dice: «Eeeeh più o meno»
 

Il seguente discorso, di natura evidentemente geopolitica, è stato udito da chi scrive e chi cura il blog in un bar di Torre Maura il 13/06/2019 ed è stato riportato nella sua interezza.

La paura delle formiche

Foto di Prabir Kashyap su Unsplash Da giorni sta facendo discutere quanto affermato dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella al...