L'unico politico vero è Renzi - Discorsi da bar

Dice: «Io a sentì Sarvini, te giuro, me sento male»
Dico: «A chi o dici..»
Dice: «Che poi ce sta na pochezza, vojo dì, manco a dì che dice cose sensate, no? Sai, dicesse cose che uno je po' dì ao hai detto na stronzata je se ribatterebbe, invece è popo stupido»
Dico: «E che ce devi fa, l'hanno votato..»
Dice: «Eh o so, però pure coso, mo ce se mette pure Vertroni. Me sembra fori tempo, n so se me spiego. Ce sta l'unico politico che doveva andà avanti e l'hanno cassato, mo zitti tutti»
Dico: «Eh?»
Dice: «L'unico politico che ce sta mo è Renzi, mettila come te pare»
Dico: «Oddio...»
Dice: «Beh ao i dati parlano chiaro: i precari l'ha stabilizzati, i concorsi ce stanno, fa n po' te»
Dico: «Zì, non te vorei delude ma non è proprio così»
Dice: «Ao io guardo l'Istat, si tu c'hai artri parametri dimmelo che ne parlamo»
Dico: «Senti, io c'ho categorie politiche molto infime da poté affibbià a Renzi, però si te le dico te ncazzi»
Dice: «E perché sei ideologico, guardi le cose co r fumo all'occhi»
Dico: «Ma sarà pure, però non me sembra che sia stato sto granché. A me me sembra che sia stato n'imbecille»
Dice: «Guarda che Renzi ha fatto più cose in mille giorni che l'altri in dumijardi»
Dico: «Vabbè ma che c'entra, pure io si faccio dumila chilometri ar giorno so dì de poté guidà ma mica so n pilota. Se faccio na gara co Schumacher sempre na pippa rimango, n so se me spiego» Dice: «È là che sbaji, perché c'hai 'a bava alla bocca: devi esse meno ideologico e più ideale» Dico: «Ma io so tanto ideologico quanto ideale è pe questo che Renzi me sta sui cojoni»
Dice: «Eh ma perché c'hai 26 anni, se ce n'avessi na sessantina apprezzeresti quello che ha fatto» Dico: «Lo apprezzo talmente tanto che ho votato tutt'altro»
Dice: «È popo pe' quelli come te che perdemo: te disperdi i voti»
Dico: «Aridaje.. Non se finisce più..»

Orban, quel «liberale, europeista, anticomunista» che piaceva a liberali e radicali italiani

Victor Orban
L'ascolto di Radio radicale fornisce (almeno a chi scrive) numerosissimi stimoli per dibattiti e riflessioni riguardo quello che pensa un'area politica e culturale sideralmente distante dalla propria. È un modo per corroborare le proprie credenze a partire da alcune che si ritengono lontane, distanti, fallaci.
Ho iniziato ad ascoltarla una mattina di dicembre del 2011, cominciando con "Stampa e Regime" di Massimo Bordin, finendo per sciropparmi le interminabili conversazioni di Marco Pannella la domenica pomeriggio.
Seguivo la trasmissione la domenica pomeriggio (o in replica il giorno dopo) più per gli scleri che potevano intercorrere tra Pannella e Bordin che per le tematiche in sé (qui, a partire 1:27:00, il fenomenale litigio fra il povero Bordin e Pannella che sancì formalmente il divorzio politico tra lui e la Bonino, da sentire in loop anche per l'ilarità delle espressioni basite e ignare di Bordin nel corso del diverbio). 

Piccola (noiosa) premessa da fare a monte
Da qualche tempo l'area radicale è divisa in vari tronconi: se volessi descriverli con categorie politiche direi "da una parte i radicali italiani, dall'altra i trasnazionali", in realtà da una parte c'è l'area della Bonino (Radicali Italiani/+Europa) e dall'altra quella ex-pannelliana (PRNTT). Tra PRNTT e Radicali Italiani i rapporti iniziano ad incrinarsi inizialmente quando cessa la struttura della "galassia radicale" che teneva insieme vari soggetti (Radicali Italiani, Ass. Luca Coscioni, Non c'è pace senza giustizia, Nessuno Tocchi Caino etc etc). La situazione precipita a partire dal 2015, fino ad arrivare agli inizi di settembre 2016 quando i transnazionali organizzano un congresso straordinario a Rebibbia (1-3 settembre 2016): il gruppo Turco-Bernardini (la destra del partito?) propone una mozione che risulta vincitrice al termine dell'assemblea mentre il gruppo Staderini-Cappato-Magi (la sinistra del partito?) viene sconfitto, pur per pochi voti. (In realtà, trattasi di due destre di partito ad eccezion fatta per qualche posizione di Staderini, quando era segretario di Radicali Italiani insieme a De Lucia, tesoriere: la sua segreteria fu di sinistra liberale, come ripeteva spesso nel corso degli interventi). 
A seguito della vittoria di Turco-Bernardini si è aperta una fase di transizione che deve portare l'organizzazione al raggiungimento di 6.000 iscritti in due anni, 3.000 più 1 (simbolicamente) all'anno, pena lo scioglimento del Partito. Radio Radicale, supportando tale iniziativa, ospita la trasmissione denominata "Quota 3.001" da quasi 24 mesi. La puntata di ieri aveva come ospite Maurizio Turco, Coordinatore della Presidenza del PRNTT e l'argomento principale era la conferenza stampa che si sarebbe tenuta di lì a poco tra il Ministro dell'interno Matteo Salvini e il Primo Ministro Ungherese Victor Orban. 

Orban, il giovane liberale, democratico e anticomunista
Un passaggio di quanto dice Maurizio Turco nell'ambito della trasmissione "Quota 3.001" è centrale (da 3:40): «Orban lo conosciamo molto bene perché in Ungheria, a cavallo della caduta del Muro di Berlino, producemmo un grande investimento [come Partito] nei paesi dell'est: lì [in Ungheria ndr] c'era Massimo Lensi che governava la situazione. Uno degli interlocutori della futura Ungheria europea, democratica, liberale, era proprio Victor Orban perché era il leader dei giovani liberali ungheresi anticomunisti [la federazione giovanile del vecchio Partito Liberale, il cui nome è una specie di scioglilingua SZDSZ ndr]. [...] Fu uno dei punti centrali dell'iniziativa del PRNTT nei confronti dei paesi dell'Est dove investimmo, ci furono persone - coordinate da Olivier Dupuis, il quale era il segretario del Partito - che partirono da Roma per aprire delle sedi, per cercare di dare una mano per la costruzione di un futuro diverso da quello che, era inevitabile, avrebbero costruito sulla base dei loro partiti di riferimento: non dobbiamo dimenticare che la Lega fa parte di un gruppo parlamentare europeo euroscettico mentre il partito di Orban del PPE (Partito Popolare Europeo).
È l'espressione più vera di quell'europeismo che ha tradito l'opera dei "padri fondatori": sono dei popolari europei abusivi [il riferimento è al PPE ndr], dei liberali europei non ne parliamo proprio [il riferimento è all'ALDE ndr]».

L'espressione padri fondatori si riferisce a Spinelli e Rossi, citati successivamente dallo stesso Turco, solo che - e non stancherò mai di dirlo - questi tempi disgraziati fanno sì che del «Manifesto di Ventotene» venga sistematicamente scartato l'ultimo capitolo "Politica federalista e politica marxista". Non è il mio testo di riferimento, ovviamente, ma se lo si leggesse integralmente, forse, si capirebbe che le menate  dei liberali, liberisti, europeisti (etc) hanno davvero una scarsissima base d'appoggio sul testo spinelliano.
Anche Guy Verhofstadt, comunque, in uno dei tanti interventi al Parlamento Europeo diretti al Primo Ministro ungherese, pare rimanerci molto male riguardo al voltafaccia di Orban in seno all'area liberale, come dire: d'accordo che sei il primo ministro, ma non t'azzardà a prenderti l'establishment, quella è rob(b)a nostra. Anticipando, tra l'altro, una citazione che seguirà qui.

Ma torniamo a noi: l'investimento.
Un investimento che, pare di capire, è stato tanto economico («aprimmo delle sedi») quanto umano («ci furono persone che partirono per andare in Ungheria»): col senno di poi sarebbe da dire 'bell'affare che avete fatto: complimentoni', salvo poi lo stesso scagliarsi contro Orban in una sterile polemica nell'alveo liberal-europeista. Alla faccia di chi dice che i litigiosi sono solo quelli della sinistra marxista o socialdemocratica irridendone le posizioni per la loro antistoricità non si sa bene su quale base. La polemica di Turco è esacerbata dalle sue stesse prese di posizione: «noi vogliamo gli Stati uniti d'Europa [come sancito dalla mozione di Rebibbia], l'UE sta cercando di tenere insieme qualcosa che non si tiene più».

Sarebbe interessante sapere, capire, conoscere, giornalisticamente e politicamente parlando, avvalendosi proprio del diritto umano alla conoscenza, cioè di quello che sta iniziando a codificare il PRNTT stesso dagli ultimi mesi di vita di Pannella, seguendo l'esempio della Commissione Chilcot per quel che riguarda la guerra in Iraq.
Sarebbe interessante sapere come venne finanziata l'attività del PRNTT e la conseguente apertura delle sedi: «aprimmo delle sedi nel Paese, insieme ad Olivier Dupuis che andò lì a fare attività politica».

Forse il «New York Times» fornisce una parziale risposta agli interrogativi che sorgono a seguito dell'ascolto di Turco. In un articolo del 6 aprile 2018, infatti, Patrick Kingsley scrive: «Durante gli ultimi giorni del comunismo in Ungheria, un giovane dissidente liberale scrisse a una fondazione gestita dal filantropo ungherese-americano George Soros, chiedendo una sovvenzione per finanziare la sua ricerca sulla democrazia di base. L'Ungheria avrebbe attraversato presto una "transizione dalla dittatura alla democrazia", ha scritto lo studente nel 1988. "Uno degli elementi principali di questa transizione può essere la rinascita della società civile". Lo studente era Victor Orban». Lo stesso Kingsley, in ogni caso, arriva alle stesse conclusioni di Turco, affermando come il Primo Ministro ungherese sia diventato «il flagello della società civile occidentale (e di Mr. Soros) (!!)». Vabbè.

Il capitale, ad ogni modo, agisce sempre e comunque con lucida razionalità e spietatezza: in questa fase vasti settori del capitalismo nazionale e delle élites transnazionali vedono di buon occhio il cosiddetto "sovranismo nazionalista", lasciando orfane di appoggio intere schiere di lib-dem europei che si ritrovano senza gli appigli precedenti. La destabilizzazione che potrebbero portare costoro non infierirebbe sui mercati, di cui tanto (straparlano) i quotidiani italiani ed europei: alcune Costituzioni post-belliche sono troppo socialiste, come scrisse l'agenzia di rating JP Morgan, dunque ecco che alcuni settori del capitale transnazionale (Domenico Moro docet) si muovono per far fronte in tal senso e destrutturare pian piano quelle impalcature, direttamente o indirettamente. È significativo, poi, continuare a  constatare (anche col senno di poi) che le forze liberal democratiche condannino ancora oggi metodi stalinistisovieticirepressividittatoriali operando con azioni del tutto poco chiare e decisamente torbide per rovesciare un sistema, quale che sia, provocando danni irreparabili non meno imponenti di quelli che loro stessi condannavano.

Ecco spiegato il risentimento dei gruppi liberali nei confronti del fascista Orban, ma resta il fatto, del tutto interessantissimo, dell'appoggio radicale e dell'investimento in Ungheria.

In Groenlandia si gioca [solo] a ferragosto

Un momento della finale fra B-67 e N-48.
Foto di Dida Heilmann
Il campionato groenlandese, iniziato il 12 agosto e terminato il 19 dello stesso mese, verrà ricordato certamente per la sua brevità, ma il GM2018 (così si chiama) ha incoronato vincitrice la squadra di Nuuk che detiene più vittorie delle altre: il B-67. I biancazzurri della capitale groenlandese, infatti, hanno all'attivo ben 13 vittorie stagionali. Nella scorsa edizione il B-67 ha visto sfumare il titolo in finale contro l'IT-79, squadra anch'essa di Nuuk, la quale ha soffiato la vittoria alla Juventus del calcio groenlandese - si parva licet - solo ai rigori.

L'ultima frontiera del football
Il campionato di calcio è strutturato in tre fasi: locale, regionale e “nazionale” (ma è più corretto chiamarla “finale”), quest’ultima divide le squadre in due gruppi (A, B), solitamente non più di 12. Le fasi locali si svolgono prima della settimana di ferragosto, momento clou del GM. La fase finale si gioca su un campo solo, quello di Nuuk, recentemente rimesso a nuovo e in erba sintetica, fino a qualche anno fa in terra battuta. Ma che nessuno t(r)emi: il romanticismo del campionato più "a nord" del Pianeta Terra non è stato affatto minato dalla colonizzazione del verde artificiale: gli spalti sono sempre i soliti, ovvero, la partita la si guarda dalle rocce, liberamente, senza pagare nulla.

Foto di Dida G. Heilmann

Lo stesso campo fotografato da Dida Heilmann nella finale, qualche anno fa nella partita fra G-44 e FCM si presentava così:


Per comprendere pienamente quel che significa il calcio groenlandese bisogna saper astrarsi dalla quotidianità del calcio milionario, degli stadi vuoti, di pay-tv, dei giocatori considerati vecchi alle soglie dei trent'anni: i limiti di età in Groenlandia, semplicemente, non esistono. Quest'anno infatti, in una partita fra K-45 e N-48 si sono affrontati il più vecchio e il più giovane calciatore del campionato: Jonas ‘Kidi’ Hansen e Nemo Thomsen, segnando l’uno il gol della bandiera gol e l’altro una tripletta, in una partita che ha avuto ben pco da dire, terminando 1-13 per il N-48 (Nagdlunguak della città di Ilulissat), compagine arrivata in finale e sconfitta per 2 a 0 dal B-67.
A sinistra Jonas Hansen (47 anni), a destra Nemo Thomsen (14)
fonte foto: NBU - Nuuk Boldspil Union
Jonas Hansen, il più vecchio, ha 47 anni e 357 giorni mentre Nemo Thomsen, il più giovane ne ha da poco compiuti 14: due mondi a confronto, sebbene provenienti dallo stesso Paese, dato che Hansen gioca per la polisportiva del suo paese da sempre (Qasigiannguit, insediamento della Baia di Disko che conta poco più di mille anime) e, nonostante il blasone del Nagdlunguaq, per il Kugsak-45 l’importante era essere presente alla fase finale. Il titolo torna al B-67 e l’allenatore vola in Svezia La vittoria finale del campionato è tornata alla squadra biancazzurra di Nuuk, che ha sconfitto il Nagdlunguaq di Ilulissat in finale, relegando al terzo posto l’IT-79, vincitrice lo scorso anno. 

Il calcio groenlandese vola in Svezia!
La notorietà della squadra groenlandese, per la prima volta, ha suscitato interesse all’estero, tanto che l’allenatore volerà in Svezia: «Tekle Ghebrelul, lascia il club e si trasferisce in Svezia», lo assicura «Sermitsiaq», quotidiano groenlandese/danese, «nelle prossime due stagioni sarà in prima linea all’Örebro futsal club, squara della Serie A svedese. “Non è stata una decisione facile lasciare il B-67, ma il tempo è maturo per provare qualcosa di nuovo: sono stato in Svezia a vedere le strutture [dell’ Örebro ndt] e sono rimasto molto soddisfatto di quello che ho visto. Forse è anche buono per il B-67, che avrà possibilità di provare qualche nuovo percorso”, ha detto Tekle Ghebrelul».

A questo link https://www.youtube.com/watch?v=402S5t0WYZY&list=PLFC2546CC82E9E93F potrete rivedere le partite della fase finale trasmesse dall'emittente locale KNR e riprese da OtherFootball, canale che raccomando di seguire ai nicchisti come il sottoscritto. 

Prima gli sfruttati: per una nazione umana universale contro il capitalismo transnazionale [un pippone]

Morti dodici lavoratori contadini, braccianti: sfruttati. A sinistra sono state molte le voci che hanno dichiarato come sia terribile il numero di «lavoratori immigrati» che sale vertiginosamente: il punto non è che  siano immigrati ma che siano stati sfruttati nel lavoro e nella loro condizione umana conseguente. 

La mancanza della politica
Nel giro di due campagne elettorali nazionali, il dibattito politico è scaduto e non poco. Le posizioni della desertificazione prodotta dal blocco antiberlusconiano degli anni '90 si sta manifestando con tutta la sua violenza e realtà agli occhi di nuove generazioni di comunisti, socialisti (magari anche inconsapevoli di esserlo) i quali percepiscono solo confusione e mancanza di direzione in un'area politica egemonica fino al recente passato. Il concetto della trasformazione politica della società in senso socialista s'è via via perso a seguito della primazìa dell'interesse personale (o locale) su quello generale. Le rivendicazioni della sinistra in Italia sono percepite come un kaleidoscopio di questioni locali a cui manca una visione globale: l'adagio del pensare globale, agire locale è stato interpretato parzialmente e opportunisticamente da movimenti cosiddetti civici, urbani, passando per centri sociali e reti sociali il cui unico interesse era l'agire locale per un pugno di notorietà in questo o quel consiglio comunale, grazie alla sponda che veniva fatta loro dal consigliere dissidente di turno, sia esso della fu Sel o del Pd. 

Stante il quadro disarmante per cui alla politica s'è sostituito il tifo: non si è più ideologicamente da una parte o dall'altra ma si è circostanzialmente e momentaneamente da una parte o dall'altra, emarginando l'altro della parte opposta, salvo poi trovarsi a "barricate invariate" l'uno e l'altro su un'altra questione; la soluzione è la politica con la P maiuscola che agisce e pensa, applicare la teoria e la prassi gramsciana, in altre parole. Il quadro della percezione della sinistra, in Italia, tuttavia, è quello per cui un'area che, evidentemente, è andata sfibrandosi a causa di narcisismi, opportunismi personali e politici dal 1989  ad oggi (passando per la rifondazione comunista, i comunisti italiani e i cartelli elettorali a cui nessuno dava il minimo credito). Un'area politica che ha fatto prevalere su di essa il correntismo e che ha prodotto non più un'immaginario da costruire e da opporre a quello dominante ma opportunismo politico e narcisismo di dirigenti. 
Dirigenti che, a riguardo, si sono preoccupati del tentativo costante del mantenimento del loro ruolo mediante questa o quella tornata elettorale e a cui non è seguita la formazione e la creazione di un'altra classe dirigente. 

Apres moi, le deluge
La classe dirigente della sinistra comunista in Italia ha assunto la frase "dopo di me, il diluvio" trasportandola e facendola propria nell'agire quotidiano di ogni organizzazione politica all'interno dell'are appena denominata. Un esempio? La quasi totalità dei "giovani dirigenti" del Partito dei comunisti italiani ora è inquadrata nelle file del Pd o Liberi e uguali (dopo essere passati per Sel). La formazione delle classi dirigenti, nell'ambito delle organizzazioni della sinistra in Italia, trattavasi in estrema sintesi di un gruppo di accoliti che accettava pedissequamente il politicismo e gli opportunismi del segretario di turno, devastando una comunità umana e politica, provocando lotte intestine e interessi di parte fra comunisti, socialisti, anticapitalisti etc. 

La gerarchia
Nel quadro disarmante prima espresso, in cui da una parte il neo-fascismo sta riemergendo istituzionalmente grazie alla sponda leghista e grillina, il deserto politico della sinistra comunista, socialista, anticapitalista in Italia almeno su questo non deve avere tentennamenti: non esiste alcuna gerarchia tra sfruttati. Non esiste alcun "prima gli italiani". Gli sfruttati non hanno nazione. Battersi per la trasformazione del mondo in senso socialista significa, anzitutto, combattere chi sta organizzando la crociata della gerarchia degli sfruttati: Mario di Termoli, disoccupato, per costoro, avrebbe più diritto ad essere "salvato" di Muhammad di Bamako (Mali), che magari vive sempre a Termoli e lavora in un'azienda casearia di quelle parti.
Un'organizzazione che si batte per il superamento del capitalismo, deve far sì che si ricostruiscano gli anticorpi all'interno della propria comunità, in senso stretto. Dopodiché, dovrà (ri)aprirsi all'esterno, contestualmente a quest'azione, dovrà formare dirigenza politica (i famosi quadri) facendo in modo che essi non solo "pensino" ma militino, fattivamente, nelle loro realtà e attività quotidiane, secondo le proprie possibilità. 

Prima gli sfruttati di tutti i paesi, per una nazione umana universale contro il capitalismo trasnazionale.  

La paura delle formiche

Foto di Prabir Kashyap su Unsplash Da giorni sta facendo discutere quanto affermato dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella al...