Articolo pubblicato su Lindro.it https://www.lindro.it/forconi-la-protesta-antisistema/
All’interno del movimento dei Forconi vi è un crogiolo di movimenti, comitati, cittadini autorganizzati che vogliono scendere in piazza per mostrare i muscoli e far vedere di cosa sono capaci. Far valere le proprie rivendicazioni, in sintesi. Il movimento che dal 9 dicembre porta in piazza diverse migliaia di persone si è caratterizzato camaleonticamente e non si è ancora riuscito a fornirgli una connotazione politica ben precisa.
I comitati, dunque, tutti quelli che si riconoscono nella protesta partita dagli autotrasportatori del 9 dicembre scorso, sono accomunati da una battaglia ‘anti sistema’ e ‘anti istituzionale’ che unisce il più vasto insieme di lotte vertenziali e comitati estremamente locali. Dalla località dei territori, alla globalità delle proteste in tutto lo Stivale; dall’anticasta, all’antieuropeismo, Carlo Pala, primo politologo barbaricino e docente presso l’università di Sassari, prova a tracciare un quadro delle proteste che stanno infiammando il Paese. A partire, quindi, dalla nomenclatura: i cosiddetti Forconi sono nati in Sicilia, in concomitanza della nascita del movimento dei pastori della Sardegna.
Forconi, comitati del 9 dicembre, agricoltori, autotrasportatori, strade bloccate e disagi. Tutto questo ha portato ad una protesta antisistema che si è fatta sempre più palese col passare dei giorni, oggi è 13 dicembre e le proteste non scemano. Come si inquadra il modus di protesta antisistema degli italiani?
Una piccola ricostruzione di verità occorre farla. Il movimento dei Forconi è nato quando in Sardegna si sviluppava il Movimento dei pastori. Questo movimento dei Forconi è nato in Sicilia per opera di diversi agricoltori e aveva una connotazione fortemente regionale e non aveva minimamente la pretesa di caratterizzarsi nazionalmente. Questa volta, in questi ultimi giorni, c’è stata una protesta similare che è partita da alcune partite categorie professionali, di persone, a cui è stato semplicisticamente dato il nome di Forconi ma che con la protesta, inizialmente avvenuta in Sicilia, aveva poco a che fare, senonché anche in Sicilia i forconi ‘veri’, quelli che inizialmente si erano definiti tali, hanno cominciato a protestare. Questa è una prima distinzione che va fatta, altrimenti si accomuna tutto in un’unica etichetta e non va assolutamente bene.
Quello che sta accadendo adesso è che tutta una serie di persone, di categorie professionali, di movimenti, di protesta che prima erano abbastanza sparpagliati – potremmo usare questo termine – si sono uniti in funzione di una protesta che, però, non si capisce nemmeno bene a che cosa voglia tendere. Probabilmente per il fatto che ci sono diverse componenti, all’interno di questo movimento, e probabilmente anche per il fatto che manca una regia, o meglio, manca una regia chiara. Ma i media molto spesso fanno emergere, non so se a torto o a ragione, come questa protesta sia effettivamente gestita da persone che stanno all’ombra: c‘è qualcuno che adombra, tanto per giocare con le parole, anche il fatto che vi siano delle persone poco raccomandabili, o comunque delle organizzazioni, che non hanno niente a che fare con i veri motivi della protesta. Addirittura c’è qualcheduno che dice che dietro a tutto questo ci sia una destra organizzata e di proporzioni sempre più crescenti. Naturalmente ora non si può stabilire cosa ci sia dietro, certo è che questa è una protesta che per il momento non accenna a diminuire e, fondamentalmente, ma questa non è una novità, si rivolge in modo particolare alle istituzioni, soprattutto quando c’è stata la fiducia al Governo Letta, si è esacerbato il momento in cui questa protesta è avvenuta, però manca ancora una posizione comune.
Tanto vuol dire tutto questo che, ad esempio, in tv non si è ancora visto un vero leader, o comunque uno dei diversi leader di questo movimento, ad essere chiamato a spiegarne le ragioni. C’è, poi, il Ministro Angelino Alfanoche dice come non si debba prestare il fianco alla protesta, soprattutto chi sta nelle istituzioni -riferendosi ovviamente alla Lega- non deve sobillare chi sta fuori, si possono capire le ragioni della protesta altrimenti la risposta del Governo sarà dura in qualsiasi caso. Cioè, cosa significa: il Governo vede questa ondata di sommovimenti come proteste che possono degenerare, quindi ne teme l’effetto, e il Copasir stesso ha detto che non bisogna sottovalutarne il fenomeno, e quindi tratta i movimenti come un problema di ordine pubblico.
I movimenti stessi fanno, però , un pò fatica a evidenziare, ed imporre, quelle che sono le loro ragioni. Per cui vedo una situazione ancora molto fumosa e abbastanza precaria, da questo punto di vista: cioè, la gente non ha ancora capito bene che cosa sta accadendo, a parte i blocchi nelle strade eccetera, dove naturalmente verranno consegnati dei volantini alla gente di passaggio, effettivamente non si è ancora ben capito cosa stia accadendo. Questo movimento non ha ancora, ma non ha detto che non ce l’abbia di qui a brevissimo, una forma definita.
Ha tirato in ballo il Governo, quindi ti chiedo: il voto antisistema, antieuropa, per ‘mandare tutti a casa’ fino a febbraio era rappresentato dal Movimento 5 stelle. Gli stessi manifestanti hanno inglobato i parlamentari-cinque-stelle all’interno della cosiddetta casta. Cos’è cambiato dal voto di febbraio?
Probabilmente niente. E’ semplicemente il fatto che, adesso, ad agìre della protesta così forte non è più il Movimento 5 stelle che, da un certo punto di vista, è stato identificato come appartenente al sistema, una volta entrato in esso, dalla gente che sta fuori delle istituzioni. Cioè, a febbraio c’era una certa fiducia nell’attribuire al Movimento cinque stelle quel genere di proteste che dovevano essere portate all’interno dell’istituzione stessa. Avendo visto che, invece, il movimento cinque stelle non è stato propriamente all’altezza di questa mansione, la società, o parte della società, ha provato ad organizzarsi al di fuori. Per cui non è immutato, secondo me, lo spirito anticasta, antisistema, antipolitico e chi più ne ha più ne metta, semplicemente si è spostato l’asse di evidenziazione.
Da un momento in cui è sembrato che potesse essere agitato all’interno delle istituzioni proprio attraverso il Movimento Cinque Stelle, ora invece si è capito che bisogna riagìrlo, riattivarlo e cavalcarlo -per così dire – al di fuori. Quindi, diciamo, che è mancata anche questa connessione, perché lo stesso Beppe Grillo, anche se timidamente, ha provato a dire che questa è una protesta giusta, che va appoggiata etc etc, ma non c’è stato allo stesso tempo un chiaro segnale da parte di chi sta protestando, nell’individuare il Movimento Cinque Stelle come un partner importante di veicolazione della protesta stessa. Probabilmente è il classico caso di disconnessione, semmai ci sia stata una connessione, di un elemento all’interno dell’istituzione che voleva portare avanti le idee di chi stava fuori. E invece chi sta fuori che -per slacciarsi ancora di più dalla casta – ha pensato di fare tutto da sé.
Da una parte i cosiddetti Forconi, dall’altra gli studenti de La Sapienza di ieri. Da una parte la notizia -anche strumentalizzata- dei poliziotti che, solidarizzando con le manifestazioni dei Forconi hanno abbassato scudi e tolto caschi; dall’altra le forze dell’ordine che ‘caricano’ gli studenti. C’è una diversa percezione tra una rivendicazione e l’altra da parte dell’opinione pubblica o è tutto inglobato in un’unica protesta?
Potrei dire che, poverini, gli studenti sono sempre i più sfortunati perché sono quelli che protestano, a mio modo di vedere, a maggior ragione -spesso è successo così- e invece sono quelli che pagano maggiormente le conseguenze di queste proteste. Il fatto che il poliziotto si sia tolto il casco non vuol dire assolutamente nulla, non vuol dire granché: ci si dimentica che anche durante il G8 di Genova ci sono stati dei casi, per nulla ricordati, di poliziotti che non avevano voluto infierire o, comunque, avevano avallato determinate cose. La visione del casco è assimilabile a questo comportamento e probabilmente lo potrebbe essere anche il comportamento di quei poliziotti, ma non è lì il punto. Il punto è che si vuole, in un certo qual modo, accomunare la protesta di chi oggi sta scendendo in piazza, e sta bloccando le strade, con la protesta di tutti gli italiani. Ovvero c’è il tentativo di chiarire come questa protesta possa essere percepita, e possa essere agìta, sulla base di tutte quelle che sono le componenti sociali del Paese. Ma così non è! Innanzitutto perché difficilmente è concepibile una cosa di questo genere, secondariamente perché nel momento stesso in cui tu dai un’etichetta ad un movimento o non riesci a dargliela perché composito al proprio interno -come sta avvenendo adesso- è normale che devi creare una interlocuzione o, comunque, anche un antagonista.
Questa volta i poliziotti, che sono sempre stati visti come antagonisti, diciamo così, di come coloro che difendono lo status quo -ricordiamoci Grillo che cosa detto pochi giorni fa: «mettetevi dalla parte di chi protesta perché anche voi siete parte di quella protesta», per esempio, salvo oggi smentire per confermare «Nessuno ha incitato all’insubordinazione le forze dell’ordine, a meno che insubordinazione significhi togliersi il casco e sfilare con la gente esasperata»- non ha funzionato ugualmente, perché in ogni caso i poliziotti sono sempre scesi a fare il proprio mestiere. Checché se ne abbia da dire sul giudizio che si può dare del loro comportamento, o del comportamento dei manifestanti, non vedo questo tentativo di contrapposizione, oppure a volte, anche di assimilazione delle due componenti come efficace. Perché, appunto, con gli studenti non è successo e anzi sono stati caricati anche prima che potessero iniziare una forma di protesta lì a Roma. Quindi non può valere lo stesso principio in un caso e invece per un altro no semplicemente sono contesti diversi.
Com’è possibile che la destra sia riuscita ad immettersi nei temi delle proteste del 9 dicembre e la sinistra non sia stata neanche contemplata?
Bella domanda, ma è molto utile per capire che grado di influenza possano avere oggi, in tutta Europa, i movimenti di destra con quella che è la crisi economica. Non solo il caso della Grecia con Alba dorata, ma vediamo che anche in Gran Bretagna, in Germania e in Francia, quindi Paesi per lunga tradizione democratica si siano trovati e si stanno trovando di fronte a fenomeni di questo genere, a parte la Grecia che ha chiuso con la dittatura dei colonnelli nel 1974. Mi si potrebbe dire “ma l’estrema destra c’è sempre stata e ha sempre cavalcato, in un certo qual modo, la protesta sociale”. Ma perché soprattutto adesso si vede che la destra ha questo vantaggio? Secondo me, due sono le ragioni: la prima è l’Europa. Ossia l’Europa è percepita, sempre di più, anche attraverso difficoltà che fa passare l’Euro, come l’origine di tutti i mali. L’origine della crisi, sappiamo che è stata e deve essere collocata oltreoceano, eppure qui in Europa si pensa che mentre oltreoceano o da altre parti siano state portate avanti delle politiche in grado contrastare la crisi economica, da noi l’Euro, e una politica finanziaria che andava semplicemente a salvaguardare la moneta unica, e non ad agire concretamente nelle leve economiche per migliorare le condizioni della popolazione, è stata letta maniera diversa.
Per cui l’Europa è uno dei primi elementi da considerare. Il secondo elemento, purtroppo non una novità per chi si colloca in quella parte politica, è che la sinistra non riesce più ad intercettare le proteste popolari. Se questo era normale, ad esempio, diversi decenni fa, ora non lo è più. Perché questo? Secondo me avviene per due ordini di ragioni: la prima è che la sinistra, oggi , è diversamente collocata su posizioni che non agevolano un processo di sintesi delle posizioni politiche comuni di sinistra; il secondo è che i partiti di sinistra non hanno più quella forma in grado di attirare la gente a partecipare. Essi sono ancora strutturati in modo tale da rispecchiare quelle che sono le idee di partito che si avevano ancora negli anni 70 e 80. Mentre l’estrema destra, invece, organizzata più o meno in partiti, o più o meno in movimenti, è molto più movimentista, è molto più immediata e penetra, anche con linguaggio politico, più nelle corde dei cittadini.
Ora, cosa sta accadendo adesso nella protesta dei cosiddetti Forconi rispetto alle infiltrazioni di destra, è ancora presto per dirlo. Prima dicevo che c’erano alcuni media che avevano sottolineato il fatto, che vi potessero essere degli attori appartenenti ad ambienti di destra, o di estrema destra che, in un certo qual modo, agivano o influivano all’interno di questa protesta. Ora, non so dire se questo sarà così, sarà approvato e dimostrato come tale. Certo è che sempre più si dice di persone, che facevano parte degli ambienti di destra, anche in Veneto, che sono stati visti, che sono stati notati come elementi di spicco nell’organizzazione delle proteste. Occorre verificare quali sono, infine, i contenuti della protesta stessa, se ci sono dei temi di policy, come si dice nel nostro gergo, di politiche pubbliche chiaramente di destra. Per il momento, ad esempio, giusto per fare un riferimento classico ai temi di destra, non ho visto le proteste caratterizzarsi per una xenofobia o per un populismo spicciolo.
Per il momento non si è visto, non si è assistito al fatto di voler affermare che l’immigrazione è una causa della situazione. Certo è che un altro tema di destra molto importante, e mi ricollego a quanto dicevo prima, è l’antieuropeismo. Non perché esso sia collocabile solo a destra: assolutamente no! Ci sono molti partiti di sinistra che dal loro punto di vista sono anche europei, ma non antieuropei per l’idea dell’unione dei popoli, ma quanto per le istituzioni che questa unione vuole rappresentare. Per cui la destra e la sinistra si dividono da questo punto di vista, ecco. Però, sicuramente, l’impronta antieuropea è un tema che è cavalcato in modo particolare dalla destra. E la sinistra a volte, non dico che insegua perché non insegue, la trovo in difficoltà a contrapporre elementi di riflessione tali da poter dire la propria. Quindi sono assolutamente fuori da questa partita: non vedo la sinistra, di certo, come una delle principali collocazioni politiche a cui questi ‘protestanti’ si rivolgano, anzi.
Tra l’altro Lei prima ha fatto riferimento al Veneto e proprio l’inizio delle proteste c’è una forza indipendentista veneta come la Liga veneta che aveva cavalcato la protesta mettendoci il ‘cappello’. Ed era uscita allo scoperto assieme alla Forza Nuova del Veneto per affermare che erano loro ad aver organizzato i primi focolai di proteste.
Questa domanda mi consente di fare un altro riferimento che in Italia non si conosce tanto bene. Una delle prime proteste di questo genere, con contenuti completamente differenti, ma che in un certo senso è stata forse quella che ha originato diversi tipi di proteste anche in altre parti d’Europa, non dico che l’Italia si sia legata a quella a cui sto per fare riferimento: la protesta degli agricoltori in Bretagna. La protesta degli agricoltori in Bretagna, che nasce anche con forti connotazioni regionaliste autonomiste e federaliste se non anche indipendentiste in alcune sacche di quella protesta, nasce come e con l’idea di fondo che la Francia non può imporre, attraverso l’egira dell’UE, dei dazi per la commercializzazione di prodotti che vengono realizzati in quella regione. Da lì, nasce un’ondata di proteste che va a finire anche alla lotta contro il pedaggio che la Francia voleva far pagare agli automobilisti che arrivavano in Bretagna. O che uscivano da essa. Naturalmente ciò avrebbe rappresentato e, potrebbe rappresentare per l’economia di quella regione, un colpo durissimo: si impedirebbe, effettivamente, di avere una libera circolazione delle merci in una regione che, comunque, è abbastanza periferica rispetto al resto della Francia.
Questo è un esempio, naturalmente, non è esaustivo. Ma è da lì che nascono una serie di proteste in giro per l’Europa, a cui bisognerà capire se quelle dell’Italia possa essere in qualche modo assimilabile. Credo di no, certo è che -cronologicamente- è proprio la Bretagna che ha iniziato questo tipo di proteste. Il fattore che accomuna tutte le proteste, in tutte le Nazioni, è la componente antieuropea. Per cui ci può essere nelle Fiandre il Vlaams Belang, che è un partito indipendentista fiammingo di destra, che ha portato avanti una serie di proteste ad Anversa che sono anche a sostegno degli agricoltori e dei pescatori fiamminghi, contro l’Unione Europea. Per cui c’è sempre questa dinamica stretta di legare delle proteste a quanto impone l’UE. In più ci sono alcune regioni che -magari- sono sensibili a temi più locali, regionalisti, così come si dice in un linguaggio un po’ più tecnico, che anche loro portano avanti questo tipo di protesta. Questa avvenuto anche in Sardegna, in parte, è avvenuto in Catalogna e, credo, che stia per avvenire anche in Scozia. Per cui, potrebbe essere una protesta che potrebbe avere una connotazione anche regionale. Secondo me non è ancora così organizzata e pronta per essere percepita come tale, direi che la protesta è fondamentalmente a livello nazionale, a livello centrale.
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