Mica Renzi, Trump!

Dice: «Hai visto Trump? Mette i dazi pe' chi vole costruì n Messico. C'ha le palle, me piace, no come Renzi o Marchionne»
Dico: «Fermete n secondo: Trump è tipo Berlusconi alla ventesima. Te sei così sicuro che non ce vole fa soldi a costruì machine a pagà de meno a gente così s'aricchisce de più?»
Dice: «Io n so manco chi è Trump e non me ne frega n cazzo, sto solo a dì che se n'è uscito bene, mica Renzi»
Dico: «Aridaje. Te sto a dì: ma uno che sta mballato de soldi, che è n'omo - comunque - espressione daa finanza. Te te pare che inizia a dì mo metto i dazi. E i soldi come li fa? Stamo a parlà de gente che campa sullo sfruttamento de chi lavora. Sfruttamento mio e tuo, pe' capisse n'attimo, eh»
Dice: «Intanto c'ha le palle»
Dico: «Vabbè, ne riparlano tra n par de settimane, guarda»

Abbiamo fatto tremare il sistema!11!1!!1

Dice: «Guarda che intanto er Movimento ha messo n piedi n sacco de roba. Mo sta storia dell'Alde è strumentale, che te credi»
Dico: «No, ma nfatti, so proprio sicuro che è strumentale, guarda»
Dice: «Te dico che è strumentale»
Dico: «Come no! Cioè: er Movimento 5 Stelle sta dentro a n gruppo 'x', chiede de entrà dentro a n'altro gruppo 'y', non lo fanno entrà e secondo te giustamente è na cosa strumentale»
Dice: «Mbe, avoja, calcola che dentro ar coso, all'Alde ce stanno li mejo mortacci loro che stanno n Commissione»
Dico: «Appunto»
Dice: «Appunto che? Guarda che 'r sistema l'hanno fatto tremà davero. Pensa se Grillo fosse entrato nell'Alde: le cose se cambiavano. Vedevano tutte e carte, facevano n sacco de casino. Ma che ne sai te»
Dico: «Ma guarda che è proprio la tesi del abbiamo fatto tremare il sistema11!!1!1 che è na barzelletta»
Dice: «Ma perché?»
Dico: «Ma scusa, è come se te vai da n carrozziere, je porti na machina 'x', a caso. Però porti na Citroen a n'officina Fiat. Quelli te guardano e te dicono No, guardi, non je la potemo riparà e te dopo de questo te ne esci co l'amici tua Ao, j'ho fatto strizzà er culo a quelli della Fiat eh?! M'hanno detto che non m'avrebbero riparato 'a machina. Grazie ar cazzo».

Elezioni Usa, "occhio" ai third parties



«Ma sì, vota pure per un terzo partito: spreca pure il tuo voto!»
La frase potrebbe essere stata pronunciata da chiunque in un qualsiasi Stato Americano in un'altrettanto indeterminata fase elettorale. Gli USA sono - agli occhi di qualsiasi giornalista, osservatore, cittadino mediamente interessato alle questioni politiche e non - il Paese che più rappresenta il bipartitismo e il sistema elettorale maggioritario: si sta o dall'una o dall'altra parte, a meno che sia l'una che l'altra non vengano considerate two sides of the coin, cioè due facce della stessa medaglia. E' bene, dunque, riflettere a freddo e a qualche giorno dalle elezioni americane sui dati che hanno consegnato le urne e in particolar modo quelli riguardanti i third parties tenendo però a mente la piccola quanto utilissima guida sul come si vota negli 'States' che ha scritto Andrea Marinelli pubblicata dal sito del Corriere della Sera a poche ore dal voto americano.

Third parties in cifre

Chiunque, dopo un rapido sguardo dato alle percentuali dei Repubblicani e dei Democratici, considererebbe qualsiasi altra percentuale completamente nulla. Le cifre, in effetti, non lasciano ampio margine al dibattito: Donald Trump, candidato repubblicano, ha guadagnato il 46, 56% e 290 grandi elettori al Congresso Americano mentre Hilary Clinton, candidata democratica, ha ottenuto il 47,83% e 232 delegati. I maggiori third parties degli USA sono il Libertarian Party (Partito Libertario), il Green Party (Partito Verde) il Constitution Party (Partito della Costituzione): le rispettive percentuali di questa tornata elettorale sono state 3,28% (4.363.228 voti), 1,02% (1.358.508 voti) e 0,14% (190.308 voti). 

A vederla così, sic et simpliciter, si tratterebbe di un misero quinto quarto, come da tradizione popolare romanesca, anche perché il vero exploit di un third party ci fu solo nel 1996 ovvero l'anno della fondazione del Reform Party of the USA (tradotto, forse un po' liberamente, Partito dei Riformatori degli Stati Uniti d'America). 
Quel Reform Party che prese l'8,40% alle Presidenziali del 1996 e che lasciò al palo gli altri partiti come il Libertarian, oggi di gran lunga più forte rispetto a dieci anni fa; quel Reform Party che ebbe tra le proprie linee anche Donald Trump per un breve periodo di tempo; quello stesso partito che nel 1998 riuscì a strappare il governo del Minnesota al blocco repubblicano/democratico e che nel giro di pochissimo tempo implose sotto il peso di scandali e mala gestione all'interno della stessa organizzazione politica. Il Green Party, in ogni caso, tra i third parties presi in esame, è quello che più è cresciuto in termini di voti e rappresentanza negli Stati: dal 2008 i verdi sono passati dall'essere rappresentati da 32 stati - più District Columbia - ai 44 di oggi. 

Non tutti, in sostanza, ma una buona base per un sostanziale incremento, senza contare che alle scorse presidenziali il Green Party riusciva a prendere poco più dello 0,35% mentre ora triplica i consensi e sfiora il milione e mezzo di voti con picchi in Hawaii (3%), Oregon (2,5%) e Vermont (2,3%). Se il Green Party ha avuto un incremento riguardante una crescente presenza negli Stati, per il Libertarian party questo dato va affiancato ad un sostanziale incremento dei voti e dei consensi rispetto al passato, a partire dal fatto che il partito del porcospino è riuscito ad essere rappresentato in tutti e 50 gli stati più District Columbia. Fino alle elezioni del 2012, infatti, il Libertarian era riuscito ad essere presente in 48 stati e nel 2008 in 45. 
L'incremento in termini numerici è, da questo punto di vista, sorprendente: dallo 0,4% del 2008 s'è passati ad un timido 0,99% del 2012 fino ad arrivare al 3,28% di questa tornata elettorale. Il dato interessante del Libertarian è che, al netto delle posizioni politiche e dei programmi, è riuscito a strappare tanto negli Stati tradizionalmente repubblicani (come l'Alaska) quanto in quelli a prevalenza democratica: nel Vermont, ad esempio, i repubblicani sono ben staccati dai democratici, ma Johnson, candidato del Libertarian si assesta attorno alla media del 3,4%. Non crolla, in sostanza, e rimane stabile. Ben più staccato il Cosntitution Party (Partito della Costituzione) che viaggia attorno ai 199.00 voti: dopo il crollo alle elezioni del 2012 (0,009% e la presenza in soli 26 Stati), il partito si riassesta sullo 0,14% ma diminuendo la presenza negli stati (solo 24). 

Ovviamente questi dati non segnano una spaccatura del bipartitismo americano strictu sensu ma è importante - almeno a parere di chi scrive - notare e monitorare questa tendenza presente già da più di qualche tornata elettorale. Così come, sempre in riferimento alla tendenza da monitorare, quella che fa riferimento all'area marxista e socialista americana che merita decisamente una menzione (non foss'altro per la tenacia di mantenere una posizione tale in un paese come gli USA): se il PSL - Party for Socialism and Liberation non riusciva a prendere più di 9.000 voti (Presidenziali del 2012) e ad essere rappresentato in 10 stati, ora aumenta a più di 50.000 voti il proprio consenso, grazie anche alla presenza della sua candidata Gloria la Riva alle proteste feroci di Baton Rouge e degli afroamericani, appoggiate dal PSL fin dalla nascita dello stesso (2008). 

L'incremento del PSL, dunque, va letto con la stessa lente - verrebbe da dire - e con la stessa chiave di lettura di quella fino a qui adoperata per i third parties: il voto afroamericano, così genericamente classificato da media e stampa internazionali, ha sicuramente influito nell'aumento di consensi in favore di Gloria la Riva, così come allo stesso modo, settori repubblicani si sono affidati al turboliberismo del Libertarian party.

Libertarian party, l'incremento del turboliberista

«I mercati tremano». O meglio, lo fanno solo giornalisticamente parlando dato che, pragmaticamente, tanto Trump quanto la Clinton rappresentano meglio di tutti gli interessi degli stessi mercati che non hanno nulla da temere col candidato repubblicano che si appresta ad insediarsi sullo scranno di Presidente degli USA. Le proposte del Libertarian sono più o meno ordinarie per la retorica pre-elettorale che accompagna gli elettori americani al voto: meno stato, più mercato, il motto repubblicano nel terzo partito americano viene estremizzato e si arriva a proporre la privatizzazione di tutti i servizi pubblici e l'abolizione del welfare state.  
Libertarian Party Porcupine
L'emblema del Libertarian è il porcospino
che va ad affiancarsi all'elefantino dei
repubblicani e all'asinello dei democratici
L'incremento dei consensi del Libertarian va inserito nel quadro di polarizzazione (a destra) dell'elettorato e del corpo sociale americano: le iniziative di Obama riguardo la riforma sanitaria (unico sprazzo vagamente social-democratico dell'amministrazione Obama) hanno fatto sussultare ampi settori della borghesia e del capitalismo americano gridando al socialismo (sic!) e le proposte del partito del porcospino non sono sembrate poi così ostili ad una parte della società americana. Il Libertarian supera il 9% in New Mexico e il 6% in South Dakota andando a conquistare un ragguardevole risultato complessivo.


Ma non esiste più sta roba

Dice: «Vabbè ma mo n se po' più lavorà»
Dico: «Che vordì?»
Dice: «Che basta, n ce stanno più i posti de lavoro. Reddito de cittadinanza e basta»
Dico: «Vabbè, cioè. No. Parlamone. Però, no»
Dice: «Ma che, serve er reddito de cittadinanza: nun ce sta er lavoro, è cambiato tutto. Deve lavorà solo chi je va»
Dico: «Ma che stai a dì?»
Dice: «Massì, ao, dai, mo ce stanno l'economie digitali, c'è Google, ste cose qua»
Dico: «Ma quindi niente più contadini, niente più operai. N se magna più?»
Dice: «Decrescita, decrescita. E spazio all'economie digitali e a chi je va de lavorà. Che tanto ce sta gente che dovrebbe lavorà ma la stamo solo a pagà»
Dico: «Ma ammesso pure che lavora solo chi je va, posto che me pare n'aberrazione, chi è che decide chi lavora e chi no, famme capì»
Dice: «Ma c'è sempre qualcuno che lavora e qualcuno a cui gnene frega n cazzo e sta alle spese dell'altri»
Dico: «Quindi a tutto sto delirio, no, giustamente: reddito de cittadinanza. Me sembra proprio lineare»
Dice: «Ma sì, ma poi toccherebbe fa er reddito de cittadinanza vero, no come dicono quell'altri. Cioè co n piano economico serio, na cosa così»
Dico: «Ma hai bevuto?»
Dice: «N caffè»
Dico: «Lassalo perde subito. Se te fa st'effetto...»

Perché dire e votare "no" è un atto partigiano

Il termine partigiano, letteralmente, indica colui che ‘prende parte’‘assume una posizione’ in contrapposizione di un’altra. Celebre, in tal senso, è lo scritto di Antonio Gramsci del 1917.
Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccherianon è vitaPerciò odio gli indifferenti.[…]Sono partigianovivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadiniNon c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivosono partigiano. Perciò odio chi non parteggiaodio gli indifferenti.
La Storia Contemporanea ha, poi, traslato il termine in quello di formazioni armate che combattono in un territorio occupato dal nemico. Giovedì 8 settembre sono stato alla Cerimonia della Consegna delle Medaglie della Liberazione che s’è svolta in Campidoglio, più precisamente alla Sala della Protomoteca.
Mi ero portato la macchina fotografica, oltre a monitorare quel che accadeva, per un reportage fotografico da inserire nel comunicato stampa dell’ANPI di Roma.
I fotografi stavano accalcati alla destra di chi riceveva le medaglie, consegnate ai partigiani da due componenti istituzionali, di cui uno — l’assessore alla cultura — faceva le veci del Sindaco.
Scatto dopo scatto, inizio a chiacchierare con un signore alto e sorridente, con una camicia bianca un poco aperta sul petto: ha forse poco più di quarant’anni, è lì per suo padrese non ricordo male, e finisce che ci presentiamo.
Ci stringiamo la mano, giornalista anche lui: «mi avrai visto in televisione».
La faccia non mi è nuova, tuttavia non riesco ad inquadrarlo.
Continuiamo a scattare quando ci riveliamo di essere entrambi iscritti all’ANPI: «Io a Tor Bella Monaca», dico, «la sezione c’è da poco: neanche due anni»Scivoliamo sulla questione referendaria e sento che inizia col dire, un po’ stizzito: «Non riesco a capire perché l’ANPI debba trascinare tutti i suoi a votare per il No. Alla fine è una libera scelta».
Io, che ultimamente evito accuratamente i dibattiti sensibili dalle tematiche sensibili con chicchessìa, mi giro un po’ stupito distogliendo lo sguardo dalla macchina e dalle foto: «Come, ‘non riesco a capire’», dico«l’ANPI deve prendere posizioneE deve prenderla per il ‘No’non ci sono alternative a riguardo».
Il giornalista si gira verso di me e, un po’ accalorato — ma anche alteratosi leggermente data l’importanza del dibattito — mi fa: «Ma chi l’ha detto?! Ma questo lo dici tu! Mio padre vota , è un partigiano: io voto sì! L’ANPI non può mica decidere per tutti, eh!».
Rimango un po’ basito e cerco di rispondergli a tono: «Ma, scusi, l’ANPI è un’associazione di partigiani. Partigiano è colui che ‘prende parte’, ‘parteggia’, ‘assume una posizione’. Perché l’ANPI non dovrebbe assumerla?».
Luiancora più risentito, continua a muovere la mano, stringendo la destra in un unico gesto, come quello che si fa ad un interlocutore per comunicargli che sta dicendo una cosa non vera, continua: «Ma perché è una cosa ideologica entrare in questo dibattito!»
Il dibattito si fa serrato: «Certamente è ideologica: l’impianto della modifica Costituzionale lo è, prima di ogni cosa», faccio io, evidentemente basito ed oggettivamente meravigliato dall’argomentazione (palesemente) fallace di un giornalista, iscritto all’ANPI.

Come me.
«Ma assolutamente no: se fai così entri nel merito della riformal’ANPI mica deve entrare nel merito della questione! Così fai ideologia!», si ferma un attimo e poi riprende con lo sguardo verso la platea, risentito come prima «già mio padre ha ridato la tessera della CGIL, vediamo se pure io devo ridarne una e se sarà quella dell’ANPI».Ci salutiamo poco dopo, mi dice «Auguri, per tutto. Certo, per il referendum no, io spero che vinciamo noi».“Noi”.
Tornando a casa, nel lungo tragitto che mi separa tra il Campodoglio e casa, mi sono interrogato su quelle parole e su quel dialogo, sul perché mi sia iscritto all’ANPI e sul perché abbia deciso di intraprendere un preciso percorso di attivismo, parallelamente a quello militante in un’organizzazione politica e al lavoro giornalistico.
Il ragionamento era — per la verità — fin troppo banale, anche se ero ancora meravigliato da quello che aveva detto il giornalista: per quale motivo un iscritto ad un’associazione partigiana, quindi che opera una scelta scegliendo “una parte” per l’appunto, non dovrebbe entrare nel merito di una modifica costituzionale che investe la propria associazione in primo piano? Investe l’ANPI in primo piano per il semplice fatto che è l’organizzazione partigiana che ha racchiuso tutti i combattenti della guerra antifascista e della Resistenza fin dal 1945, prima delle varie scissioni del ’48 e del ’50 di FIVL e FIAP, e che, quindi, ha cacciato il nazifascismo dal proprio Paese e ha pagato col prezzo più alto l’ottenimento della democrazia.

Perché non dovrei “prendere parte” riguardo una specifica posizione e non dovrei “entrare nel merito”?
L’ultimo punto, in effetti, è il fattore che più mi ha fatto riflettere sul carattere della de-ideologizzazione di ogni dibattito e dell’ipocrita tematica di possibilità di lavoro congiunto, nella contingenza di questa o quella fase, su determinati argomenti o tematiche comuni.
La divisione su un argomento centrale come quello della Costituzione non è fatto o questione secondariaè, semmai, la più portante delle divisioni, come lo è quella quella sul modello di sviluppo del Paese e del Mondo; è impossibile affermare la propria condivisione nei confronti di una modifica Costituzionale pretendendo che l’associazione dei Partigiani d’Italia non prenda posizione.
Qualche anno fa, infatti, ho avuto modo di intervistare un antropologo culturale a proposito del post-ideologismo, mi disse testuali parole:

«Non si può parlare di post ideologico, come antropologo dico che non si può vivere senza ideologia: l’ideologia è la visione del mondo. Nella mia ottica antropologica, o anche gramsciana: non si può vivere in un mondo post ideologicocome non si può vivere in un mondo post culturale: noi siamo esseri umani e viviamo dentro un sistema di valori e dentro un connettivo sociale».
Mi rimbombavano in testa, infatti, le parole scritte da Gramsci: odio chi non parteggia.
Rimettendo a posto l’obiettivo e il computer nello zaino, prima di lasciare la Sala, ho avuto tempo per pensare, dato che la macchina l’avevo parcheggiata a Circo Massimo.
Molto, molto perplesso.

(E rafforzato nelle certezze del voto contrario al referendum.)

Smacco del partigiano Fiorentini: «Al partito comunista, alla guerra dei Gap!»

Nella giornata di ieri, 8 settembre, si è svolta – presso la Sala della Protomoteca in Campidoglio – la cerimonia di consegna delle Medaglie della Liberazione ai partigiani di Roma e Provincia da parte della Prefettura di Roma Capitale. Molti sono stati gli insigniti e i medagliati, in maggioranza gli esponenti dell’ANPI, passando per la FIAP e le altre associazioni partigiane. Il cerimoniere incaricato scandiva i nomi dal piccolo podio della sala: Aldo Tortorella, Tina Costa, viene nominato anche Armando Cossutta per cui la medaglia è stata ritirata dai familiari in sua memoria. Poi arriva il turno di Mario Fiorentini.

Mario Fiorentini è stato l’ideatore ed esecutore, assieme ai gappisti romani, dell’azione di Via Rasella. Quell’azione del 23 marzo del ’44 che, in seguito, venne dichiarata ’attentato’ o ‘atto di guerriglia’, usando terminologia scorretta atta a sminuire e porre sotto una precisa influenza quello che fu un piano studiato nei minimi dettagli: in cui dodici partigiani gappisti uccisero trentacinque componenti del Polizeiregiment Bozen. Mario Fiorentini si avvicina al podio e ai membri istituzionali sostenuto dal compagno Rinaldi dell’ANPI di Roma.
Gli viene consegnata la medaglia e, di fronte ai componenti di Prefettura e Roma Capitale (era presente l’assessore alla cultura), a sua volta consegna loro il suo libro sulla Resistenza romana dei Gap: “Sette mesi di guerriglia urbana”.

Dopo aver parlato coi due amministratori, s’è rivolto alla platea e ha detto a voce alta, per quel che poteva: «Io ho sempre combattuto e sono stato sempre fedele: sono rimasto sempre fedele», lasciando intuire a ‘che cosa’ fu così devoto. Dalla folla si alza una domanda, quasi sommessa: «A Lucia Ottobrini?», ovvero la compagna con cui Fiorentini ha vissuto la sua vita, anche lei autrice dell’azione di Via Rasella e scomparsa un anno fa.

Lui, un po’ corrucciato, si gira verso il settore della sala da cui aveva sentito la domanda e dice perentorio: «Al Partito Comunista! Alla guerra dei GAP! A me i fascisti m’hanno carcerato quattro volte, ho visto quattro carceri diverse: io sono un galeotto!», diceva ai presenti, tra compagni di azioni, parenti di partigiani, stampa e fotografi accorsi. Il cerimoniere riprende a parlare, però, mentre Fiorentini si avviava lentamente verso il suo posto a sedere nel mezzo della sala della Protomoteca: scandisce un altro nome e l’amplificazione sovrasta le corde vocali del partigiano e matematico Fiorentini, già provate dallo sforzo precedente. Ai partigiani, ieri, non è stata concessa neanche la parola ma ‘schiavi non si vive se si nasce ribelli’: Fiorentini, la parola, se l’è ‘concessa’ da solo. E ha urlato, per quel che ha potuto, facendo in modo che tutti potessero ascoltare. Scandendo prorompente: «Al Partito Comunista! Alla guerra dei GAP!»

Er biscotto

Dice: «Ao, je stanno a fa er biscotto, eh? Sei contento, eh?!»
Dico: «No, pe' gnente, però n dì che 'n t'avevo detto»
Dice: «De che? E' arivato er scienziato»
Dico: «No, te sto a dì che sicuramente t'avevo detto che co l'onestà sbandierata a cazzo n s'andava da nessuna parte. CVD. Pija e porta a casa»
Dice: «Sì, ma n'è che se gongoli allora io so meno ncazzato: Roma è pure tua e si va na merda è pure colpa tua che n'hai sostenuto sta fase»
Dico: «Che dovevo sostené io?!»
Dice: «Er governo d'a città»
Dico: «Come no! Cioè, CAMBIAMOTUTTO!!11! e poi dai tre quarti dei posti de responsabilità  a chi ce stava prima, tanto co Alemanno quanto co Marino, quindi coi partiti che te te prefiggevi d'abbatte. Me dici qual è sto cambiamento?»
Dice: «Ma ce sta a prova e je state a fa e purci, pure te, che n sei entrato, stai a rompe r cazzo»
Dico: «Vedi n po', e che me sto zitto? Stai pure a ritrattà sull'Olimpiadi»
Dice:« Vabbè ma se ariva n privato, pija e paga tutto che problema c'è?»
Dico: «E' na cosa che è mai esistita a Roma? C'è mai stato n privato che ha fatto quello che doveva e già che c'era ha detto massìdai, facciamo anche un paio di linee di metro
Dice: «Ma magari stavolta è diverso»
Dico: «In cosa sarebbe diverso, perdoname»
Dice: «Li controllamo.»
Dico: «Vabbè. Senti famme er conto, e chiama n'infermiera che questo sta a dà i numeri»

Dice che ce stanno i topi a Tor Bella

Dice: «Ao, ma è tipo pieno de topi a tor bella»
Dico: «E te, mo, te ne sei accorto?»
Dice: «No, vabbè, però che ne so. Non l'ho mai visti»
Dico: «Ma beato te: a me me ne so spuntati due sotto ar municipio, quando stavo a riprende la macchina dar parcheggio»
Dice: «MBE!?!! OH!!!11! PERCHE' NON L'HAI DENUNCIATO?!11!'?!»
Dico: «Che dovevo denuncià, scusa?»
Dice: «STAVI AR MUNICIPIO!!111! GLIELO POTEVI FA PRESENTE!!11!1!11!
Dico: «Ma te calmi? Ma so trent'anni che ce stanno i topi a Tor bella. Mo te stupisci, te?!»
Dice: «Sì ma se facevi n video, come hanno fatto qui ragazzini, po' esse che qualcuno te dava retta»
Dico: «Ma se io avessi iniziato a fa circolà n video in cui firmavo du pantegane a febbraio, te pare che me se stava a sentì? Me se diceva, anzi, vabbè, poraccio, viene a Tor Bella ogni tanto e n se ne accorge che ce stanno sempre. Mo, nvece, a Luglio, che se dovrà pur riempì qualche pagina de giornale, diventa na notizia. Ma nun è na notizia»
Dice: «Vabbè, oo vedi che er remissivo sei te, però?»
Dico: «Ma non se tratta de remissività, vedrai mo quando farà più callo, quanno l'AMA non passerà pe' raccoglie la monnezza quante colonie de sorci ce staranno. Too dico io»
Dice: «E' arivato Nostradamus»
Dico: «Guarda che n ce vo na scienza pe' capillo. Comunque, tranquillo, se risentimo pe' fine Luglio»

Ma che ce stanno a fa questi qua?

Dice: «Sì vabbè ma guarda questi, ao»
Dico: «Che è?»
Dice: «No, dico, guarda te. Ce stanno questi, sti stranieri, che se fanno le braciolate ai parchi, me mpuzzoniscono tutto. Te voi fa 'a braciolata? Vattene da n'antra parte»
Dico: «Ma magari se ne so già andati da n'antra parte magari so de n'antra borgata e vengono qua che ce sta - uno dei pochi - spazi verdi della zona. No?»
Dice: «Sì ma perché qua?!»
Dico: «Too spiegato tipo du secondi fa, calcola»
Dice: «No, n me stai a capì: ma secondo te ar paese loro oo facevano?! E poi, ma se ce volessi andà pure io a sbraciolamme du bistecche na volta? Si ce stanno questi io n ce posso andà»
Dico: «Fermete n'attimo. Er prato è sufficientemente grande da contené chiunque, quindi lassa perde perché hai detto na stronzata. Te non vai a quer parco da tipo quindici anni, se non me sbajo. Forse de più. Te sei lamentato a giorni alterni che quer parco fosse abbandonato. Er fine settimana, mo, è pieno de gente che gioca a pallone e che ce va a passà na giornata. Dimme, precisamente, te c'andresti se n ce fossero questi che te danno n fastidio così insopportabile?»
Dice: «Mbe che ne sai, magari ce vado»
Dico: «O dici pe' mantené er punto: te faccio presente che manco tu fijo voi che ce vada perché ehnnò me deve andà a giocà sur sintetico, n'è che me fa ste cose su terra e poi se dimentica de come rimbarza 'r pallone 'a domenica n campionato. So parole tue. O me sbajo?»
Dice: «Sì, ma resta r fatto che me stanno a occupà er parco»
Dico: «So sempre quindici anni che 'n ce vai»

Non è che poi fa a meno de questi

Dice: «Ma je stanno a fa er biscotto alla Raggi eh?»
Dico: «Too dovevi aspettà»
Dice: «Ma poi io n'ho capito sta cosa d'a monnezza, almeno sta a fa qualcosa questa»
Dico: «Mah, se poi dici che devi ri-affidà tutto a Cerroni non è che sta a fa qualcosa, sta a continuà co le amministrazioni precedenti»
Dice: «Sì ma non è che poi fa a meno de questi, eh»
Dico: «Beh, sì. Ce sta sempre na cosetta - che la Raggi ha firmato - che se chiama patto de stabilità. Condiziona non poco»
Dice: «Ma te taa rigiri sempre come te pare? Ma er patto de stabilità non cambia 'a sostanza, che poi è solo na firma»
Dico: «ME COJONI! Guarda che da quello dipende er cappio che c'avemo»
Dice: «Pippe alle parole: come se risorve 'a questione? Se tu davi tutto n mano allo stato, riformavi AMA e ATAC in du giorni stavi co la gente che te veniva a incendià er Campidoglio. Co quelli ce devi fa i conti, ar massimo poi dì a Cerroni ao, a me mandà i rifiuti in Germania costa 100, da te me ne costa 150, abbassa 'e recchie che te vojo fa lavorà»
Dico: «Ma stai a scherza? Ma se Cerroni c'ha le chiavi dell'impianti de trattamento dei rifiuti de Roma? Quello senza Malagrotta guadagna uguale: se chiama mafia. Ma pensi che sia na cosa normale risorve sta questione? Ce vonno anni e LA questione è proprio er privato»
Dice: «Sì ma se tu domani dici vabbè vaffanculo Cerroni e cazzi tua, la gente dopo tre giorni t'ammazza perché l'AMA n te raccoje 'a monnezza»
Dico: «Te svelo n segreto, 'o sai che AMA non raccoje 'a monnezza e appalta a n sacco de cooperative?»
Dice: «E mbè? Che cambia?»
Dico: «Che er privato ce sta già: Cerroni.. ;)»