domenica 14 maggio 2017

#Magliettegialle is the problem, #inSiberia the solution

C'erano una volta Orfini, Compagnone, Gasparutto, Nanni, Angelucci, qualche codazzo di giornalisti al seguito.
Come storia, però, non è un granché. E, in effetti, non la racconterei a mia nipote prima che si addormenti o nel momento in cui cerca il sonno: la conseguenza, infatti, potrebbe essere la notte in bianco del narratore che cerca di calmare gli incubi del piccolo o della piccola, come in questo caso. 

Tuttavia, la storia potrebbe iniziare davvero così, C'erano una volta Orfini, Compagnone e Gasparutto, Nanni e Angelucci; il primo rieletto di fresco Presidente del Partito Democratico di Roma, i tre, consiglieri municipali in pectore della medesima formazione politica. L'ultimo citato, Angelucci, uno che avrebbe voluto rappresentare sia l'una che l'altra carica prima menzionata.   Dietro di loro, in Via dell'Aquila Reale, main street della parte più vecchia di Torre Maura, un cronista d'assalto, uno di quelli che piace al Pd, con la telecamera in mano che racconta i fatti. Forse avrà intervistato Orfini, forse stava aspettando Compagnone e Gasparutto una volta riempite le buche della strada coi sacchetti di asfalto buttati lì senza ratio (tra un mese la situazione sarà peggiore di quella di partenza). 

Insomma, il Partito Democratico del VI Municipio scende in piazza contro il degrado, arrivano i comunicati stampa tuonanti e dai termini roboanti. Inizia la querelle coi 5 stelle: il PD diventa 5 stelle per una mattinata e si tinge di giallo. Prende, nell'ordine: ramazze, scope, giornalisti (da immaginarsi come sagome di cartone da prendere nel ripostiglio a fianco ai rastrelli), sacchetti di asfalto, presidenti di Partito (anche questi in pratiche sagome di cartone poste a fianco alle pale) e arriva a Torre Maura. A Via Tobagi, per l'esattezza. Lì, i giornalisti-di-cui-sopra fotografano Orfini che pulisce una parte del piazzale mattonato che guida le persone verso le scale della fermata Metro C Torre Maura (con i guanti da lavoro per impugnare una scopa: tutto vero)

Per dire: uno che arriva fino a Torre Maura per pulire un mattonato ha solo un chiaro scopo: farsi fotografare da coloro i quali sono accorsi per l'occasione. Il gruppetto in foto (precedentemente linkato sopra) si sposta dal piazzale antistante la fermata del 556 per andare in Via dell'Aquila Reale: la formazione è: Orfini si toglie i guanti per rilasciare qualche dichiarazione, Gasparutto versa l'asfalto in una delle tre buche, Compagnone organizza, Nanni regge la pala, Angelucci si infila gli occhiali da sole. Come squadra di Futsal non sarebbe male ma manca di pivot


Prese in giro a parte, c'è un piccolissimo fattore che rende il tutto a tratti grottesco ma decisamente squallido: il Partito Democratico è il partito di governo. Le chiacchiere stanno a zero: Paolo Gentiloni è il Primo Ministro ora in carica, successore di Matteo Renzi (già segretario di Partito, ora neo Segretario di Partito). Nella retorica mass mediatica che vorrebbe far apparire il Pd come un partito plurale aperto al dissenso ma che poi si riconosce in una figura di un leader carismatico (in questo caso Renzi) ci si dimentica consapevolmente del fatto che il sopracitato partito è al Governo. 
Dissenso o non dissenso, è l'organizzazione del Capitale, l'organizzazione che ha governato Roma negli ultimi decenni. Il Pd ha votato il fiscal compact e il pareggio di bilancio, ha ridotto i fondi agli enti locali, ha gestito i rifiuti di Roma dandoli in pasto a Manlio Cerroni.
Bastano davvero due ramazze, qualche #magliettagialla, due guanti da lavoro e un codazzo di giornalisti prezzolati al seguito per lavarsi faccia e coscienza?

domenica 7 maggio 2017

La politica-spettacolo e le posizioni dei comunisti

«[...] Il KKE sottolinea che il popolo non deve scegliere tra Scilla e Cariddi, ma deve esprimere, con ogni mezzo disponibile e in ogni modo, la propria contrarietà all'UE e ai suoi permanenti memorandum nel referendum. Deve "cancellare" questo dilemma inserendo, come proprio voto, la proposta del KKE nell'urna. No alla proposta di UE-FMI-BCE. No alla proposta del Governo. Disimpegno dall'UE, Potere Popolare»
All’indomani del referendum greco, quello del famigerato ‘OXI’ (No) alle imposizioni della Troika, il Partito Comunista Greco (KKE) elaborava una posizione critica nei confronti del voto contrario nell’ambito del referendum

Il referendum, è bene ricordarlo citando ancora il comunicato del KKE del 5 luglio, era sostenuto dal Governo (Syriza-Anel) fino ai neonazisti di Alba Dorata: «Com'è ben noto, il governo del partito di "sinistra" e fondamentalmente socialdemocratico SYRIZA e del partito nazionalista di destra ANEL, nel tentativo di gestire il totale fallimento dei propri impegni pre-elettorali, ha annunciato un referendum per il 5 luglio 2015 il cui unico quesito sarà se i cittadini sono favorevoli o meno all'accordo proposto, che è stato preparato da UE, FMI e BCE e riguarda la continuazione delle misure antipopolari per l'uscita dalla crisi capitalistica, con la permanenza della Grecia all'interno dell'euro. Gli esponenti del governo di coalizione invitano il popolo a dire "no" e chiariscono che questo "no" nel referendum verrà interpretato dal governo greco come un'approvazione nei confronti della sua proposta di accordo con UE, FMI e BCE, anch'essa contenente, in 47+8 pagine, barbare misure antioperaie e antipopolari finalizzate ad aumentare la redditività del capitale, la "crescita" capitalistica e la permanenza del paese nell'euro». 

«Come lo stesso Governo SYRIZA-ANEL ammette, continuando a glorificare l'UE come "la nostra comune casa europea", il "successo europeo", questa proposta è per il 90% identica a quella di UE, FMI e BCE e ha davvero poco a che fare con ciò che SYRIZA aveva promesso prima delle elezioni. I fascisti di Alba Dorata, insieme ai partiti della coalizione di governo (SYRIZA-ANEL), si sono espressi a favore del "no" e hanno anche apertamente appoggiato il ritorno alla moneta nazionale»


La fase politica ha fatto sì che i comunisti greci compissero uno sforzo di analisi e di controinformazione reale su quello che sarebbe stato lo scenario post-referendario: la scelta era, come già stato riportato, fra ‘Scilla e Cariddi’. Si sa, poi, come si concluse la vicenda e quali sviluppi ebbe: il memorandum di Tsipras fu ben peggiore di quello imposto dalla Troika, licenziamenti, delocalizzazioni, privatizzazioni, svendite, ‘tagli lineari’, scioperi hanno invaso il Paese. La politica, ormai, conta ben poco: la sovrastruttura statale dell’UE impone le proprie condizioni sui Governi nazionali e celebre fu il caso dell’Italia quando, all’indomani delle elezioni in cui il PD aveva non-vinto e Pier Luigi Bersani non riusciva a concludere delle alleanze, Mario Draghi affermò che s’era inserito il pilota automatico per quel che riguardava il nostro paese.

In Francia sta accadendo la stessa cosa a seguito del primo turno delle elezioni presidenziali: il ballottaggio vede contrapporsi Emmanuel Macron e Marine Le Pen. Di fronte alla dicotomia dell’apparente menopeggismo, l’opportunismo francese (in questo caso rappresentato dal Front de Gauche, dal Partito Comunista Francese e dal candidato Melenchon) ha reagito con l’“Unità Nazionale” invocando il voto contro Marine Le Pen per Emmanuel Macron. 

Il PCRF, però, ha espresso una posizione ben più articolata che ha le sue buone ragioni, potremmo dire: «Il Partito Comunista Rivoluzionario di Francia chiama i lavoratori, così come i democratici preoccupati della politica liberticida portata avanti nell’ultimo quinquennio, a rifiutare la truffa del binomio Macron-LePen non dando il proprio voto né all’uno, né all’altro. La lotta contro il Fronte Nazionale è una lotta contro il capitalismo che è il concime su cui esso cresce! L’“Unità Nazionale”, il “Fronte Repubblicano” al codazzo di Macron, secondo la politica da lui annunciata, rafforza il Fronte Nazionale nel breve e nel medio termine! In questo quadro si deve condannare anche la responsabilità dei gruppi dirigenti del PCF che invitano a votare Macron nella vana speranza di mantenere un pugno di Deputati».

«Faire bar­rage au Front National en votant Macron, c’est comme faire un bar­rage contre l’eau avec du grillage»
Ovvero: «Fermare il Front National votando Macron è come dire di formare una diga per arginare l'acqua con una rete metallica», così un paio di giorni fa ha dichiarato Maurice Cuckierman, Segretario Generale del PCRF. 


Si profila, dunque, tanto per quanto accaduto in Grecia, tanto per quanto sta avvenendo in Francia, uno scenario simile, comune a tutti i Paesi dell’Eurozona: la politica-spettacolo, quella declamata dai media televisivi e della carta stampata, impone sempre più una retorica binomia tra l’uno o l’altro candidato quale che siano entrambi. Le posizioni dei comunisti, di chi vuole il rovesciamento rivoluzionario del sistema capitalistico, non deve sempre seguire la retorica binomia prima riportata. In Italia, ancora oggi, si contano i danni di quanto fatto dalle organizzazioni opportunistiche ‘a sinistra’ dei Ds (Rifondazione e Comunisti Italiani).

Quelle stesse organizzazioni che affermavano di 'spostare l’asse del centrosinistra' entrando in un agone politico non proprio, tralasciando la lotta per il rovesciamento rivoluzionario del capitalismo in favore di qualche parlamentare a questa o quella tornata elettorale, sono scomparse dall’immaginario collettivo e percettivo, finendo per votare in Parlamento qualsiasi provvedimento anti-lavoratori e sobbarcandosi ogni nefandezza perpetrata dai Governi D’Alema, Prodi-Mastella e così via. Le posizioni dei comunisti, dunque, non sempre sono riducibili in un “sì” o in un “no” o in un “voto di unità nazionale” in favore di un capitalista come Macron per andare contro Marine Le Pen.

PCRF docet: «Lavoratori, non fatevi ingannare: la lotta contro il fascismo è inseparabile da quella contro il capitalismo, dato uno genera l'altro. La crisi continuerà ed è destinata a peggiorare ed è la crisi del capitalismo, nella sua 'fase senile'. Contro Le Pen e contro Macron: uniamoci contro l’appropriazione privata della ricchezza sociale, l’impoverimento della maggioranza che fa arricchire una piccola minoranza. Non c’è altra alternativa se non il socialismo-comunismo».
Il capitalismo è il concime su cui il fascismo del Front National si sviluppa.