Legge elettorale, parlano 'gli altri'

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La Corte Costituzionale, otto anni dopo la legge Calderoli 270/2005 – nota ai più come Porcellum, ha dichiarato come incostituzionali alcuni elementi significativi del sistema elettorale proposto dall’onorevole della Lega Nord ed in vigore fino al 2013. All’interno del Parlamento, ormai da mesi, si dibatte animatamente circa il modello di legge elettorale da attuare in sostituzione del Porcellum, o meglio: del proporzionale con sbarramento al 4%. Esattamente, un proporzionale: la Corte Costituzionale, rendendo scevro il Porcellum di elementi come il premio di maggioranza, che scattava anche con un solo voto in più di una lista/coalizione rispetto ad un’altra; delle liste bloccate, quindi la mancanza del voto di preferenza,  ha fatto sì che al corpo elettorale venisse consegnato un sistema proporzionale con sbarramento al 4%. Più o meno come quello in vigore nella cosiddetta Prima Repubblica, in cui non vi erano premi di maggioranza né alleanze.
Le posizioni dei partiti all’interno delle Camere, quindi, sono – più o meno – allineate su posizioni di linea generale comuni: nuova legge elettorale che sia maggioritaria, superamento del bicameralismo perfetto, mentre sulle preferenze è nato qualche attrito tra il Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano e l’asse Matteo Renzi/Silvio Berlusconi che ha proposto la legge chiamata Italicum. Il testo base di tale legge prevedeva uno sbarramento all’8% per i partiti non coalizzati, al 12% per le coalizioni e al 5% per liste e partiti all’interno di una coalizione mentre il premio di maggioranza sarebbe scattato al 35%. Le modifiche, pochissime per la verità, apportate all’Italicum non sono così sostanziali: il premio di maggioranza scatta alla formazione che raggiungerà il 38% mentre lo sbarramento all’interno della coalizione è sceso dello 0,5%: quindi dal 5% al 4,5%.
Ma se al Parlamento si decidono sbarramenti che, nell’evidenza dei fatti, limitano la rappresentanza democratica e incardinano un sistema elettorale verso il bipartitismo, al di fuori delle Camere il Paese è diverso: a partire dagli appelli dei Costituzionalisti atti a  denunciare le sostanziali mancanze di differenze tra l’Italicum e il Porcellum, ci sono anche le forze politiche a proporre  altri sistemi. Da Rifondazione al MiR, dal Pli ai Comunisti Italiani passando per i Radicali, le proposte sono articolate e molteplici tra loro. L’unica forza politica, invece, tendenzialmente favorevole alla legge Italicum è il MiR (Moderati in Rivoluzione). Il partito, con a capo l’avvocato Giampiero Samorì, si era presentato all’interno della coalizione di centrodestra alle scorse politiche di febbraio, raggiungendo lo 0,24% alla Camera e lo 0,23% al Senato, non riuscendo, quindi, ad entrare nelle istituzioni.
Il giudizio di Samorì, raggiunto da ‘Lindro.it’ rispetto alla legge “è sostanzialmente positivo. Nel senso che di una certa semplificazione c’è bisogno perché siamo nel pieno di una crisi sistemica molto forte, più forte di quello che tutti pensano. Squinzi, il presidente di Confindustria, l’ha lasciato intendere, aldilà delle parole di circostanza del Governo. Una crisi così forte ha bisogno di un momento di semplificazione, altrimenti non è gestibile. Quindi complessivamente il giudizio è buono”. Certo è che “ovviamente, questa legge comporta, diciamo così, un’esigenza di aggregazione”  per cui le organizzazioni politiche “che hanno avuto la capacità di presentare le liste ma non hanno raccolto i suffragi sufficienti, come la nostra, devono fare una scelta di campo per lo schieramento che gli è più confacente. Altrimenti possono fare testimonianza e quindi possono presentarsi in tutti i collegi raccogliendo ciò che possono raccogliere, ma è una testimonianza”.
Per Samorì, comunque, “non tanto per le liste molto piccole come la nostra, ma parlando sempre in generale” c’è un limite nell’Italicum e, cioè, che “non è garantito nemmeno un diritto di tribuna e in una società così articolata, come la nostra, non prevederlo può voler dire creare una eccessiva tensione e divaricazione fra la società civile ed il Parlamento. Mi spiego: nei sistemi politici in cui esistono due forze e sono presenti alte soglie di sbarramento, la società civile stessa, in realtà, è un po’ più coesa e possiede una identità di vedute molto prossima sui grandi temi, con delle variazioni di qualche colore: tra i Repubblicani ed i Democratici in America, ad esempio, c’è la piena condivisione di quello che è il sistema capitalistico e delle regole del sistema. Ci saranno dei meccanismi di elastificazione sulla sanità, sulle imposte, ma i grandi temi sono condivisi e sono comuni. Ci sono delle società, come la nostra, quindi, molto più variegate, dove è difficile che molta gente si riconosca in uno o in un altro dei due partiti che dovranno andare a contendersi il Governo. Facciamo l’ipotesi che ci sia un partito o un movimento che si presenti in coalizione e prenda l’ 11%. Non ritengo giusto che quella forza politica non abbia neanche un parlamentare: non che ne abbia 60, perché potrebbe alterare la maggioranza ma penso che sarebbe stato meglio ridurre il numero dei parlamentari di chi ha la minoranza qualificata, lasciando il premio di maggioranza per chi ha la maggioranza, ed introdurre diritto di tribuna per chi raggiunge determinate soglie. Una lista che raggiunge il 10% se ha tre deputati fornisce pluralità al Parlamento, quello che ha la minoranza qualificata, cioè il 22% ad esempio, se invece di possedere 100 parlamentari ne ottiene 98 non gli cambia nulla; perché c’è comunque chi detiene la maggioranza. Questo, secondo me, è un aspetto che stato un po’ trascurato. Il rischio è che l’opposizione venga fatta fuori dal Parlamento in modo anche scomposto”.
Oltre al diritto di tribuna, un altro limite della legge Renzi/Berlusconi è rappresentato dalle candidature multiple che “servono solo ai capibastone. È la stessa cosa delle preferenze sotto mentite spoglie. Per cui, il capo del partito di turno che ha paura a candidarsi nella sua città perché teme di non essere votato, si presenta in diciotto città così almeno in una viene eletto. E questo è contrario alla logica del sistema”. Il rischio, comunque, è quello di una limitazione della rappresentanza democratica e per il presidente del MiR lo è ma ci sono dei momenti nella storia del mondo in cui, per riuscire ad uscire da certe fasi molto complesse,  è indispensabile un minimo di strozzatura ai principi classici della democrazia. Le porto un esempio non di attualità: in America c’è una regola non scritta, ma a cui tutti si attengono, per cui i Presidenti della Repubblica non possono candidarsi più di due volte. E’ una consuetudine che è rispettata. In tempo di guerra Franklin Delano Roosvelt ottenne il mandato tre volte. Anche in quel caso si pose il problema se quel fatto non avrebbe potuto aprire la porta a fenomeni di involuzione democratica, ma la situazione molto eccezionale ha fatto sì che tutti i commentatori americani avessero ritenuto che fosse accettabile quel temporaneo sacrificio. Noi abbiamo una situazione abbastanza speculare: siamo in una crisi economica strutturale e allora i processi decisionali, che comportano una democrazia compiuta al 100% del livello, non sempre sono in grado di rispondere a questa situazione. Un minimo di semplificazione, quindi, in questo momento forse è accettabile. È un prezzo accettabile da pagare per arrivare ad avere un Governo che in cinque anni sappia sviluppare un progetto di forti riforme”.
Il MiR, come prima riportato, è una delle poche forze che non propone un sistema elettorale, come potrebbe essere – ad esempio – un proporzionale puro o con sbarramenti, in alternativa all’Italicum. Per Samorì col proporzionale “la governabilità è molto attenuata perché non si riesce a determinare esattamente chi vince e non si può dare il premio di maggioranza a chi magari proporzionalmente ha preso il 23% o il 27%. Perché vuol dire dare in mano il Governo dell’Italia con una percentuale non rilevante del corpo elettorale. Ogni sistema elettorale ha le sue controindicazioni, questo è un dato di fatto”. Comunque sia, dal momento che anche dopo vent’anni di maggioritario non c’è mai stata la cosiddetta “maggioranza certa” giacché si è sempre dovuti ricorrere al premio per la coalizione che otteneva più voti, secondo il presidente del MiR nell’italicum sì, è presente un premio di maggioranza, ma “è previsto anche il doppio turno”. Certo è che “si può discutere poi se al primo turno esso debba scattare al 37%, al 40% o al 45% su questo va fatta una valutazione approfondita. Ma nel secondo turno uno dei due vince”.
Per Cesare Procaccini, segretario del PdCI (Partito dei Comunisti Italiani), invece, l’Italicum fa “impallidire la legge truffa perché è una legge anticostituzionale antidemocratica non solo per gli sbarramenti atti a garantire quasi esclusivamente i due partiti –  Pd e Forza Italia – ma si terrà senza rappresentanza istituzionale un corpo vastissimo di elettori”. “Quindi è una legge, quella che si sta delineando,  continua Procaccini – pericolosa per la partecipazione democratica”. Un altro elemento, però, viene considerato un imbroglio da parte del segretario del PdCI: l’abolizione del Senato, o meglio:  “la finta abolizione del Senato”, perché la “costituzione del Senato delle autonomie peggiorerà la situazione e acuirà il conflitto tra le diverse istituzioni”.
La proposta di Procaccini, in alternativa all’Italicum è una legge elettorale proporzionale senza sbarramenti: è dimostrato che non solo favorirebbe la partecipazione, ma dal punto di vista della tenuta elettorale è evidente che le maggioranze nate con sistema maggioritario non hanno retto. Perché la maggioranza del Governo Berlusconi, a cui è subentrato Monti, non era mai stata così alta, eppure non ha ottenuto e non ha eseguito nulla! Bisognerebbe andare a realizzare una legge elettorale proporzionale senza sbarramenti o, al massimo, con sbarramenti minimi e accompagnare a questo, allora sì, un superamento del bicameralismo per arrivare ad un sistema monocamerale. Così si ha la massima partecipazione e anche l’efficienza del sistema istituzionale. Da questo punto di vista si darebbe maggiore ruolo alle assemblee elettive e si andrebbe verso quella Repubblica delle autonomie, prevista dalla Costituzione”.
Per quanto riguarda, invece, il Partito della Rifondazione Comunista (Prc) Paolo Ferrero, segretario del partito, ha scritto al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano chiedendo un incontro. Si legge nella missiva: «Intendo farLe notare come questo grave attacco alla democrazia ed alla rappresentanza popolare sia fortemente accentuato dai contenuti del recentissimo ‘patto’ sulla modifica della legge elettorale siglato da Renzi e Berlusconi che – a nostro avviso e, come evidenziato in un recentissimo appello di autorevoli costituzionalisti – ci consegnano una proposta totalmente incompatibile con le indicazioni della Corte Costituzionale, che ha considerato illegittimo un premio di maggioranza “foriero di una eccessiva sovra-rappresentazione della lista di maggioranza relativa tale da comprometterne la compatibilità con il principio di eguaglianza del voto”  e che ha contestato il principio della lista bloccata del Ddl Calderoli in quanto produce “un eccessiva divaricazione fra la composizione dell’ organo di rappresentanza politica e la volontà dei cittadini espressa attraverso il voto “anche perché – continua la Corte – le liste bloccate minano il principio “del sostegno personale dei cittadini agli eletti e ferisce la logica della rappresentanza consegnata dalla Costituzione” ».
Lo stesso segretario del Prc, raggiunto da ‘Lindro.it’ il 27 gennaio aveva dichiarato come l’italicum fosse una vera e propria«legge di regime, peggio del Porcellum» perché permane il dato del premio di maggioranza, l’idea di come «chi vince piglia tutto». Ferrero, dunque, continuava col dire come fosse «gravissimo che dopo la sentenza della Consulta che ha dichiarato incostituzionale il Porcellum, Renzi riproponga una legge che è incostituzionale come quella», dal momento che l’idea di fondo dell’italicum è «di distruzione del pluralismo politico».
Oltre al Prc e al PdCI, un gruppo di Costituzionalisti, tra cui Gaetano Azzariti, Stefano Rodotà, Raniero La Valle, Mauro Barberis e Gianni Ferrara, si sono riuniti attorno ad un appello “ai Parlamentari della Repubblica: “Italicum peggio del Porcellum”. Nell’appello si legge: «La proposta di riforma elettorale depositata alla Camera a seguito dell’accordo tra il segretario del Partito Democratico Matteo Renzi e il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi consiste sostanzialmente, con pochi correttivi, in una riformulazione della vecchia legge elettorale – il cosiddetto “Porcellum” – e presenta perciò vizi analoghi a quelli che di questa hanno motivato la dichiarazione di incostituzionalità ad opera della recente sentenza della Corte costituzionale n.1 del 2014». Per questo «di fronte all’incredibile pervicacia con cui il sistema politico sta tentando di riprodurre con poche varianti lo stesso sistema elettorale che la Corte ha appena annullato perché in contrasto con tutti i principi della democrazia rappresentativa, i sottoscritti (i firmatari dell’appello) esprimono il loro sconcerto e la loro protesta».
Un altro appello, invece, prende il nome di “In nome del popolo sovrano”: partendo dalla Capitale, esso è riuscito a mettere insieme le federazioni romane del PdCI, del Prc e dei Verdi, insieme alla lista Repubblica Romana, Libera Cittadinanza e i comitati Boicotta il Biscione, Viva la Costituzione fino ad arrivare a Giuristi Democratici. Nell’appello i soggetti aderenti spiegano il loro essere contro la proposta Renzi/Berlusconi «perché vìola le regole fondamentali della democrazia e dello stato di diritto. Perché contraddice lo spirito della Costituzione e l’alta lezione storica dei Padri e delle Madri costituenti. Perché ignora e beffa la sentenza della Consulta e le sue motivazioni .E perché noi crediamo che la crisi profonda di questo Paese – crisi istituzionale, politica, civile, culturale, sociale, economica, occupazionale – debba essere affrontata solo da una rappresentanza forte di un potere costituente democraticamente attribuito dal popolo sovrano».
Tornando alle forze politiche, invece, Stefano de Luca segretario del PLI (Partito Liberale Italiano) afferma di essere assolutamente a favore del proporzionale, però, come spiego in un articolo che ho scritto, rintracciabile sul sito del partito, ci sono vari tipi e varie formule e per esempio c’è il proporzionale con le preferenze come lo avevamo fino al 1992. Non sono uno che mette al rogo o condanna le preferenze, per intenderci, non c’è dubbio che in alcune aree del paese le preferenze hanno portato qualche fenomeno di corruzione, di scambio. Soprattutto oggigiorno in cui non ci sono più i partiti ma ci sono dei comitati elettorali permanenti: uomini che hanno grandi ambizioni e grandi mezzi per cui possono spendere dei soldi per investire nella buona riuscita del loro obiettivo.
La soluzione a questo, però, è il collegio uninominale.
Per il segretario liberale l’Italicum prende il peggio del sistema francese, spagnolo ed anglosassone: Il sistema che è stato inventato dal duo Renzi/Berlusconi è il peggiore che ci si poteva immaginare perché prende, in primis, il peggio del sistema francese per quanto riguarda il doppio turno. E questo perché in Francia il primo turno è riservato ai partiti poi arrivano gli accordi tra le liste e dopo si  passa al secondo turno. Viceversa qui, nell’Italicum, si fa l’accordo al primo turno, i partiti che non hanno raggiunto la soglia hanno regalato agli altri la propria fetta di consenso e vanno a casa mentre per il secondo turno sono vietati gli accordi. E’ stato architettato ad hoc per imporre la dittatura dei partiti più grandi, in mano a personaggi che hanno più forza e potere mediatico. Prende, poi, il peggio del sistema spagnolo: cioè i collegi piccoli che favoriscono i partiti grandi, ovviamente, perché è chiaro che i partiti di più modeste percentuali avrebbero bisogno del proporzionale per potere avere, nel quadro complessivo del Paese, una rappresentanza. In più non ci sono collegi piccoli e uninominali ma piccoli con più candidati imposti. E mi dica lei, che differenza c’è tra Italicum e Porcellum? Nessuna, comunque è un Parlamento di nominati. Si prende, poi, il peggio della tradizione britannica con la differenza che in Inghilterra c’è la tradizione del bipartitismo! Questo sistema è, ripeto, il peggiore che si poteva immaginare”.
A questo De Luca propone una sua soluzione: “Propongo un sistema con collegi piccoli uninominali –  ‘tanti deputati da eleggere tanti collegi’ –  con la possibilità per i partiti che hanno raggiunto l’1% di avere un diritto di tribuna. Un deputato ogni 1% oppure uno ogni frazione: se ho l’1,1% 2 deputati, se ho raggiunto il 2,1%, allora saranno 3 deputati. Anche perché altrimenti il sistema politico non avrà mai osmosi: se tu il parere dei minori non ce l’hai è chiaro che il Parlamento  resterà mummificato! Però, con un corollario molto importante. Il numero dei parlamentari non deve essere per forza fisso. Anziché fare il doppio turno e prendere il 37% dei seggi con lo scatto del premio di maggioranza, io prendo il 37% più il bonus, cioè, poniamo, il 10%. Tutto il resto lo devo dividere tra gli altri. Ma come? Ognuno in proporzione a ciò che ha avuto! Cioè: non è detto che la Camera debba avere 630 deputati, ne potrebbe avere anche 450. In sostanza: se il primo partito prende il 27%, il 28% o il 30% non c’è bisogno del doppio turno dal momento che il primo partito prende un premio di governabilità e gli altri prendono la percentuale che hanno. Questo che cosa eviterebbe? Una cosa semplicissima: il rischio di un doppio turno all’italiana.  Se, per esempio, la coalizione di Berlusconi raggiunge il 36,9% e il PD il 30, siccome gli alleati del primo turno di Forza Italia, se non hanno superato la soglia vanno a casa non impegnandosi nella campagna elettorale, chi ha perso il primo turno vince le elezioni. Può succedere!”.
Infine Marco Cappato, già europarlamentare e consigliere comunale a Milano, di Radicali Italiani propone la legge elettorale che i Radicali propongono da sempre e che nei sondaggi d’opinione è la più popolare e, cioè, il sistema americano: maggioritario secco ad un turno con collegi uninominali, sistema federalista e presidenzialista. Proprio perché è il sistema elettorale più popolare non è stato nemmeno preso in considerazione come ipotesi di partenza, tantomeno ipotizzato da nessuno, perché è una proposta in grado di togliere potere ai partiti, alle correnti e alle corporazioni per mettere al centro della competizione elettorale i candidati, cioè le persone, con la loro storia e i territori con le loro esigenze. Quindi la logica che unisce Renzi e Berlusconi, ma come loro anche quella di Veltroni e degli altri, è pensare che in Italia il grande problema della democrazia siano i ricatti dei piccoli partiti. In realtà il grande problema, in Italia, sono i ricatti e i furti dei piccoli e dei grandi partiti contro l’interesse generale del paese e degli elettori”.
Ma il bipartitismo, caratteristica peculiare del sistema americano, non è il bipolarismo, afferma Cappato, perché “nel sistema anglosassone, ad esempio, la politica come dovrebbe essere, non è limitata ai soli partiti: ci sono i parlamentari che rappresentano i territori e poi ci sono migliaia di partiti, di formazioni e associazioni. La politica non è ridotta al livello dei partiti, noi come Radicali sappiamo benissimo che nel sistema bipartitista, per dire, non potremmo presentare da soli il nostro candidato, ma sappiamo benissimo anche che questo non sarebbe un problema perché il risultato da ottenere, che è al centro della competizione elettorale, è il candidato e non il partito! Questo è il punto di fondo di ogni legge elettorale”.

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