Indipendentismo, secessionismo, federalismo

L'indipendentismo in Sardegna, Sud Tirolo e Val D'Aosta ad elezioni imminenti nell'Isola

L'avanzata delle formazioni indipendentiste e secessioniste sudtirolesi è stato un dato di fatto: i numeri raggiunti dal Sud-Tiroler Freiheit, dai Die Freiheitlichen e dal PATT (Partito Autonomista Trentino Tirolese) lasciano basiti molti commentatori.​
Quest'ultimo, solo per fare un esempio della provincia di Trento, ha incrementato i propri voti dall'8,5% al 17,5% delle ultime provinciali.​
Il primo partito sud Tirolese citato, quello della pasionaria Eva Klotz, ha raggiunto il 7,2% partendo  dal 4,9% delle precedenti elezioni.​
Il dato da segnalare, dunque, è anche quello del Die Freiheitlichen: la destra tedesca raggiunge, così, un invidiabile 17% che li fa arrivare ad avere ben tre consiglieri  nel consiglio provinciale di Bolzano.​
La situazione Valdostana narra di un consiglio regionale con forze di opposizione e maggioranza dai nomi eloquenti, che chiariscono immediatamente la loro natura: Union Valdotaine Progressiste e Union Valdotaine.​
La situazione in Sardegna, invece, è un po' più complicata ma, di secessionismo/autonomismo e federalismo, di indipendentismo ed elezioni nell'isola, chiarisce il quadro Carlo Pala.​
Politologo dell'Università di Sassari traccia un quadro esauriente circa i vari indipendentismi, secessionismi e federalismi presenti nello Stivale, con un particolare, ovviamente, occhio rivolto all'Isola.​
Di seguito, dunque, la conversazione con Carlo Pala.

Domenica si sono svolte le elezioni provinciali a Trento e Bolzano che avrebbero dato poi vita al consiglio regionale del Trentino Alto Adige. Le formazioni che vogliono l’autodeterminazione del sud Tirolo, a prescindere dal Svp,  hanno incrementato i loro voti. In Val D’Aosta si è venuto a creare uno scenario in cui maggioranza ed opposizione sono entrambi composti da forze autonomiste. In Sardegna si sono venute a creare nuove formazioni che si sono sovrapposte a quelle esistenti, come mai questo slancio rivolto verso l’autodeterminazione sta riscuotendo grande successo in un momento come questo?
Sta riscuotendo successo perché, fondamentalmente, è in atto la destrutturazione dello Stato Nazione così come abbiamo lo conosciuto finora. Molto spesso ci si convince a voler negare, a se stessi e agli osservatori più importanti, che il modello di Stato Nazione, così com’è stato costruito secoli or sono e rafforzatosi soprattutto nell’ultimo secolo mezzo, mantiene tutte le sue crepe. Coloro i quali pensavano che i vagiti sub-nazionali avessero una forza pungente pari ad una spilla, o che fossero dei fossili del passato, si sono dovuti ricredere. Ma il problema è che si ricredono sempre: nel senso che, pur non avendo queste forze, se non in alcuni casi, e non essendo riusciti ad avere una guida politica nella regione che intendono -o della nazione, meglio-  rappresentare, non sono spariti. Perché proprio in questo momento? Io credo che la crisi economica stia facendo molto: nei vari Stati, e mi voglio riferire in modo particolare alla Spagna e alla Gran Bretagna, che pure sono diversissimi tra loro.  In Catalogna e in Scozia, dunque,  sappiamo tutti che cosa sta succedendo: questo movimento di opinione non è più solo politico, ma è un movimento che ha attecchito nella società e che, secondo me dato ancora più importante, è un movimento che recuperando l’identità dei popoli all’interno degli Stati-Nazione così come li abbiamo conosciuti, si politicizzano un’altra volta.

Perché l’indipendentismo oggi è più forte che ieri? 

Perché esso oggi ha saputo, a mio modo di vedere, innovarsi: è un indipendentismo moderno che non è più chiuso in se stesso, non è un indipendentismo reazionario. E’ tutto il contrario: è un’indipendentismo come l’ho definito - alcune volte mi permetto di autocitarmi -  un indipendentismo dialogante, che riesce, cioè, non solo a dialogare con tutti gli altri partiti omologhi europei,  ma riesce addirittura a dialogare con i partiti centralisti. Caso strano, non solo in Sardegna ma anche da altre parti, i partiti indipendentisti, o comunque quelli fortemente autonomisti, identitari o federalisti che dir si voglia - qui il vocabolario potrebbe essere molto ampio - ,sono presi ad esempio dai partiti centralisti che siedono in loco. Ovverosia, ad esempio, la centrale  cagliaritana del Pd o del Pdl, lo stesso per il Psoe in catalogna o per i laburisti in Scozia o addirittura per una regione come la Bretagna in Francia - che comunque non è decisamente indipendentista, sebbene è presente una sacca anche lì -  cosa fanno? Copiano: cercano di inseguire questi partiti nel loro terreno. Ed è una cosa che non era mai successa prima se non raramente, perché ovviamente le storie delle nazioni senza Stato sono tutte diverse, e adesso in quasi tutti i contesti vediamo come i vari partiti prendano spunto e cerchino di copiare quello che fanno, quello che dicono e  quello che interpretano i partiti identitari. Questo perché sia nei contesti in cui il partito agisce in un territorio svantaggiato rispetto al centro, come potrebbe essere la Sardegna o la Corsica, sia invece in zone dove questo non è arrivato, per esempio nei Paesi Baschi nella Catalogna, che notoriamente sono dei territori più ricchi dell’Andalusia o comunque della Spagna, così come la intendiamo.

La crisi economica fa sì che ci siano due spinte convergenti: la prima è quella che agisce nelle nazioni ricche, la seconda è quella che agisce nelle nazioni più povere. Nelle nazioni ricche c’è la spinta a dimostrare che con la crisi economica gli Stati Nazione opprimono l’economia della nazione mancata, e, quindi, la spinta indipendentista ha più vigore per questa ragione; nelle nazioni povere la crisi economica fa sì che colpendo lo Stato centrale, esso continui ad disinteressarsi di quelle regioni che, magari storicamente, ha tralasciato, in un certo qual modo, per usare un eufemismo. Per cui questa spinta, che ha una duplice connotazione, riesce a trasformare questi sentimenti di malessere in voti.
E qui chiudo questa parte della domanda dicendo questo:  non sono solo voti di protesta quelli per le formazioni indipendentiste, bisogna essere attenti nell’analisi.
La riscoperta dell’identità, con tutta la letteratura che se ne può leggere, è tale per cui la riscoperta dell’essere, della consapevolezza di popolo, fa sì che molto spesso i voti, in chi riscopre quest’identità, vadano a questi partiti
.  Un’ultimissima parentesi finale: succede ad esempio in Sardegna, dove non è mai stata fatta la domanda se non in uno studio che è stato pubblicato dall’Università di Cagliari con la collaborazione dell’Università di Edimburgo, per il quale ho curato il capitolo sull’indipendentismo, in cui si fa una domanda ai sardi che non è stata fatta: in tutte le Nazioni senza Stato è stata fatta questa domanda, che è semplicissima e si chiama, in termini politologici, question moreno: “ti senti più Corso o Francese? Francese e Corso allo stesso tempo? Solo Corso o solo Francese?”.
E’ lo stesso in Scozia, in Catalogna, in Bretagna etc etc. In Sardegna non è mai stata fatta, se non a piccole dosi e non in maniera strutturata così com’è stata fatta questa volta. Il risultato, non solo dal punto di vista statistico – sono stati interpellati circa 6000 sardi –, è un dato importante, ma alla domanda “come vuoi che la Sardegna sia in un futuro” regala dei dati che io immaginavo ma che non avevano possibilità di poter dimostrare scientificamente e che invece questo studio finalmente mi ha dato possibilità di dimostrare. Prescindendo dal dato che il 70% dei Sardi si definisce o solo sardo o più sardo italiano, e questo potrebbe anche non stupire, vista l’identità indubbia che il popolo sardo possiede. Ma c’è un altro dato che invece dovrebbe far riflettere, cioè quella che dicevo prima, alla domanda: “voi Sardi come immaginate la Sardegna nel futuro?”. Il 41% risponde che vorrebbe una Sardegna indipendente, di questo 41% il 30% la vorrebbe all’interno dell’Unione Europea mentre  l’11% fuori dall’Unione. Questo vuol dire che i partiti indipendentisti alle regionali del prossimo anno avranno il 41%? Neanche per sogno: in politica, ovviamente,  la traduzione di un sentimento in variabile elettorale è un processo molto più elaborato. E questo è evidente.
Andando a leggere, tornando alla domanda di prima, i dati di Bolzano ci si rende conto che la SVP che è il partito storicamente più importante, inserito in tutti i gangli della società altoatesina nel senso positivo del termine, passa dal 48,1% del 2008 al 45,7% circa del 2013. Si potrebbe facilmente pensare ad un piccolo calo, ad una candidatura sbagliata,  et similia.

Nel 2003, però, lo stesso partito aveva il 55,6% e più del 60% alle scorse elezioni, È sempre il primo partito ma è evidente come esso stia un po’ calando. Quello che è importante sottolineare, che tu giustamente chiedevi,  sono altri due partiti: i Die Freiheitlichen e il Sud-Tiroler Freiheit.

Queste due organizzazioni politiche hanno avuto un incremento non da poco: la prima è arrivata al 17,9%, partendo dal 14,3% delle scorse elezioni; la seconda, che ora è arrivato al 7,2%, partiva dal 4,9%.
Questi due sono partiti, soprattutto il secondo, assolutamente secessionisti, o come si dovrebbe dire meglio dire in scienza politica, annessionisti. Ovvero chiedono la separazione dall’Italia per confluire in uno Stato, attualmente esistente come l’Austria, per riunificare quello che è tutto il Tirolo. Anche in provincia di Trento, però, c’è un dato assolutamente significativo: il PATT (il Partito Autonomista Trentino Tirolese) passa, e questo dato è veramente incredibile, dall’8,5% che aveva nel 2008 al 17,5% che ha raggiunto domenica 27 ottobre. Sono solo fenomeni passeggeri? Può darsi: in politica un po’ tutto è passeggero. Quello che è certo è che coloro i quali pensano che siano fenomeni da baraccone o che l’indipendentismo faccia parte dell’archeologia politica, si stanno sempre più ricredendo.

Ci sarebbero molti spunti per altre domande, dall’ampia ed esauriente risposta che hai fornito ma volevo concentrarmi sulla nomenclatura: giacché prima hai fatto riferimento “all’ampio vocabolario dell’indipendentismo” ti chiedo, perché, secondo te, non esiste il sovranismo ma solo l’indipendentismo, o l’autonomismo?
Per questa semplice ragione: la sovranità esiste, e come si esiste! E’ un concetto che rappresenta una tappa dell'indipendentismo. La Scozia è diventata sovrana quando alla fine degli anni ‘70 ha scoperto i giacimenti di petrolio al largo delle isole Ebridi. Il partito che adesso governa la Scozia, in quell'epoca era un partito fortemente autonomista e identitario ma non avevo una caratterizzazione ben definita, nel momento in cui sono stati scoperti i giacimenti di oro nero e Londra se ne voleva impossessare non lasciando niente alla Scozia, essa inizia quel percorso per cui, piano piano, diventa sovrana dal punto di vista economico, prima che vi fosse la devolution di Blair.
Questo vuol dire che la sovranità esiste, come concetto, può essere applicato in diversi campi della vita della popolazione, anche in quello culturale ad esempio, ma è una tappa per arrivare all’indipendentismo. Gli indipendentisti veri odiano il termine sovranismo, innanzitutto perché, secondo me a ragione non significa nulla, ma secondariamente perché vedono nella sovranità un aspetto molto importante del loro agire politico, ma è una tappa. Quantomeno, non solo - ma soprattutto - in Sardegna con la nascita di iRS nel 2003(indipendentzia – Repubrica de sa Sardigna) - che è stato un esempio per i nuovi partiti indipendentisti in Europa dal momento che ha creato un nuovo modo, anche a livello intellettuale non spicciolo, con teste pensanti, di ragionare in termini indipendentisti, il termine sovranità esisteva ma è il termine sovranismo che viene rifiutato, secondo me.
Quel termine indica, semplicemente, una tappa della tappa.
Sarebbe meglio definirsi autonomisti. Se mi definisco sovranista potrei confondermi con il mare magnum di persone, che sono affezionate alla propria identità, ma che non hanno un’idea e una caratterizzazione politica chiara. Ecco perché quel termine è da rifuggire, almeno in un dialogo scientifico, ma anche in un dialogo più colloquiale. Anche perché gli stessi indipendentisti tengono da parte quel termine, almeno in Sardegna: lo vedono come una stratagemma affinché le coalizioni più grandi, che vanno formandosi per le regionali, possano vivere anche loro di essere sovranisti. Fino a poco tempo fa era impossibile che dei partiti italiani i spostassero verso tematiche che sono fortemente identitarie.

Quale connessione ci può essere, dal momento che entrambi fanno riferimento e prendono ad esempio il percorso intrapreso dalla Catalogna, tra l’autodeterminazione Sudtirolese e quella Sarda?
Chi si è spinto in maniera più seria, sebbene questa attività l’abbia promossa il terzo partito tra quelli che ho citato prima, cioè quello di Eva Klotz, ha già iniziato a far partire una campagna e calcola di arrivare a 400.000 firme di sudtirolesi che chiedono il referendum per la secessione.
In Sardegna questa cosa è stata fatta da un personaggio, quantomeno folkloristico, come Doddore Meloni [1].
E’ un processo lungo: per cui chiedere adess,o in Sardegna, un referendum sull’indipendenza è un qualche cosa di folle. Non tanto per l’identità è l’idealità, quanto per la contingenza: è un’isola talmente allo stremo che, probabilmente, abbandonare qualche cosa di conosciuto - in Sardo c’è proprio un detto che fa parte di un evento storico molto importante definito Su connotu, il conosciuto, quello che fa parte del nostro patrimonio interiore - spaventa molto.
Magari spaventa di meno in Alto Adige, perché sono in condizioni economiche indubbiamente diverse.
In Sardegna è aggravato dal fatto che ci sono forze politiche e non che  far capire a tutti che la Sardegna potrebbe reggersi da sola se avesse indietro dallo Stato quello che lo Stato non gli dà. Mi spiego meglio: in Sardegna abbiamo il nostro articolo dell’autonomia regionale per il quale noi dovremmo avere indietro tutta una serie di compartecipazioni. Ora, tutte le tutte le regioni ce le hanno ma la Sardegna non ha visto indietro ancora tutto questo. I partiti indipendentisti, iRS per primo, hanno educato il popolo Sardo a capire che, in parte, la condizione di dipendenza viene esacerbata da questo fatto qui. Ma loro che cosa tendono a dimostrare facendo questo paragone? Nel dire che “se noi adesso ci paghiamo la sanità e trasporti” come la legge sul federalismo fiscale ci impone “con i soldi del nostro bilancio”, è vero siamo allo stremo, “ma siamo l’unica regione che non ha indietro tutti i soldi “(e stiamo parlando di 10 miliardi di euro!! non di bruscolini) che dovrebbe avere, secondo il loro punto di vista,  il popolo Sardo dovrebbe capire che non è vero che, siccome siamo piccoli da soli moriremmo. E allora li, via a tutta una serie di esempi: da Malta in poi, di nazioni molto più piccole geograficamente, ed anche demograficamente, della Sardegna che da soli ce la fanno.

L'unica cosa è che la Sardegna, purtroppo, è un po' strana:  vive la sua riscoperta dell'identità, e della politicizzazione della stessa, a ondate regolari di tempo. Quindi ci sono delle decadi di forte riscoperta e delle decadi nelle quali l’identità rimane confinata, più che altro, alla lingua, alle espressioni culturali di popolo, di costume e non si trasforma in ambito politico. Questo sembra essere, invece, un momento molto favorevole e dipenderà dalla strategia degli indipendentisti se riusciranno a capitalizzarlo al meglio.

Riprendendo un concetto che avevamo espresso nella prima domanda,  le differenze tra indipendentismo Sardo e Tirolese ce ne sono, cosa che è impossibile da tracciare in quello valdostano che è fortemente legato alla Carta di Chivasso ed alla collaborazione con l’Italia.
Da lì, però, si è venuta a creare una situazione “anomala”: nel consiglio regionale della Val d’Aosta la maggioranza e l’opposizione è composta da due gruppi come l’Union Valdotaine e l’Union Valdotaine Progressiste. Un po’ come l’Svp in Trentino Alto Adige che sta perdendo voti gradualmente, si è venuto a creare, in tutte queste Regioni o Stati, un indipendentismo diverso dagli altri. Qual è l’indipendentismo che si è venuto a creare negli ultimi tempi in Sardegna anche dopo la spinta propulsiva di iRS?
Innanzitutto chiariamo subito la terminologia, che ci aiuta non poco a rispondere a questa domanda: in Sardegna abbiamo un indipendentismo, in sud Tirolo abbiamo un annessionismo o secessionismo, in Val d’Aosta abbiamo un federalismo molto spinto con piccole sacche di annessionismo alla Francia, ma piccolissime. Quindi, da così, già abbiamo tre differenze. Anche all’interno delle varie regioni abbiamo, poi, delle ulteriori differenze.
Naturalmente la Sud-Tiroler Freiheit e i Die Freiheitlichen di Pius Leitner sono due cose diverse, così come iRS o A Manca pro s’Indipendentzi o il Psd’Az sono cose diverse tra loro. Quindi già come concetti sono abbastanza diversi, quello che sembra unire, almeno in Sardegna, tutti questi partiti è la voglia e la volontà di indipendentismo. Quindi è chiara l’idea che lo sbocco finale, almeno nell’Isola, deve essere quella.
La situazione in sud Tirolo è un po’ diversa perché la Svp vuole uno Stato federale insieme all’Italia federata mentre Sud-Tiroler Freiheit e Die Freiheitlichen vogliono una indipendenza e una propria autodeterminazione all’interno dello Stato Austriaco mentre, invece, in Val d’Aosta avviene un qualche cosa di più nebuloso, se vogliamo, come il federalismo “un po’ più spinto” che dicevo prima. E questa è una differenziazione di base che si deve fare.
Come si legano? Innanzitutto alcuni di questi sono legati dal fatto di appartenere all’ALE, associazione che mette assieme i partiti autonomisti che esistono in Europa, per cui un dialogo con tutto passa attraverso quell’ambito lì. Poi però c’è un’altra cosa da dire: la Sardegna, ad esempio, ha un indipendentismo più spinto perché è diventato tale dopo l’aver preso coscienza di un fallimento storico: quello dell’autonomia. La regione sarda, per non poca colpa dei politici sardi - sia ben chiaro ci tengo a sottolinearlo - e anche per molta colpa dello Stato Italiano, non ha mai avuto l’autonomia che hanno altre regioni. Diciamo che sulla carta è un’autonomia forte come altre regioni, ma poi dal lato pratico non lo è.
Quindi, i partiti indipendentisti che già comparivano nei primi anni ’60, con una figura straordinaria non solo per l'indipendentismo sardo ma per tutti i movimenti e le etnie - perché non deve fare paura questa parola – dell’ Europa che è Antonio Simon mossa - e qui si potrebbe aprire un'altra pagina grandissima, ma sorvolo - già da allora l’idea di indipendentismo era tale che si contrapponeva a quella dell’autonomia.
Di essa si criticava, e si critica ancora adesso, il fallimento storico del progetto, sia la dipendenza elevata che di autonomia non ha più niente. Per cui la terza strada che rimaneva, e rimane, da percorrere per far sì che il popolo sardo sia veramente autonomo resta l’indipendenza: solo attraverso quella strada, secondo i partiti indipendentisti, si raggiungerebbe quell’obiettivo. Ecco dove sta fondamentalmente differenza.

Mentre nel Sud Tirolo la situazione è diversa: le due province autonome hanno sempre funzionato in un modo diverso  tra loro. E c’è anche un fattore, assolutamente da non tenere in secondo piano, della violenza politica: in Sardegna è abortito subito. Negli anni ’60 il babbo di Eva Klotz, Georg aveva fatto qualcosina per cui poi Andreotti aveva cercato una mediazione coi sud –Tirolesi, per cui si erano elargite evidenti libertà di azione. In Sardegna c’è stato un embrione di violenza politica etnonazionalista ma non ha raggiunto, ovviamente, quelle proporzioni, però sono stati gli unici arresti per attentato all’Unità dello Stato in tutta Repubblica Italiana. Al contrario quelli della Serenissima, qualche anno fa, della Liga veneta sono stati praticamente scarcerati subito. Doddore Meloni, però, e con lui anche altri patrioti, come ci tengono a chiamarsi,  sardi, hanno fatto parecchia galera in un processo che ancora adesso è poco chiaro.

E’ nato tutto da lì, insomma, l’indipendentismo e l’autonomismo sardo, dunque? Da organizzazioni come Su Populu Sardu…
Certo! E’ nato tutto da lì: da quel ramo è nata Sardigna Natzione con Angelo Caria, che adesso è morto. E’ lì che l’indipendentismo si è staccato dall’autonomismo, si è dovuto staccare dal punto di vista della concezione del concetto della pratica politica e dall’idea di allearsi solo con partiti identitari e non con partiti nazionali, come invece il Partito Sardo d’Azione ha sempre fatto storicamente. Tutte queste differenze, che magari ci porterebbero lontano, sono importanti per comprendere bene il fenomeno.

Andando all’attualità più spicciola: tra poco sarà la volta delle elezioni in Sardegna, dopo quelle di pochi giorni fa del Trentino Alto Adige/SüdTirol. Gli indipendentisti che ruolo giocheranno e, soprattutto, com’è organizzato il fronte indipendentista?
Finora è organizzato non tanto bene. Purtroppo, come succede in questi piccoli partiti non solo in Sardegna ma in tutta Europa, prevale il fazionismo e il frazionismo: frazionismo tra partito e partito mentre il fazionismo all’interno di un singola organizzazione politica.
Per lo meno, per quanto sono riuscito a contarne, ad oggi ci sono quattro spezzoni grossi del mondo indipendentista che corrono per conto proprio.

Quali sarebbero i quattro spezzoni?
Sarebbero: ProgReS-Progetu Republica che candida Michela Murgia; A Manca pro S’Indipendentiza, che ha proposto il Fronte Unidu Indipendentista e che mette insieme A Manca, Fortza Paris e altre piccole formazioni indipendentiste insieme ad una parte del movimento dei pastori e degli artigiani; c’è iRS, che ancora non si è capito bene cosa voglia fare, dialoga un po' con tutti, probabilmente entrerà nel fronte di A Manca, probabilmente andrà da solo ma non si capisce; e poi c'è il Partito dei Sardi di Paolo Maninchedda e di Franciscu Sedda che sta cercando di dialogare col centrosinistra per entrare in coalizione; e c’è il Partito Sardo d'Azione che, pur essendosi alleato con il centrodestra nella precedente legislatura, a marzo di quest’anno se ne è distaccato ed ha, in un certo qual modo, aperto un’altra via.
Non si sa bene ancora cosa succederà: l’unico che ha fatto una scelta di campo a sinistra del PSd’AZ, dato che è nato da una scissione, è la formazione dei RossoMori di Gesuino Muledda che ha chiaramente espresso il desiderio di entrare a far parte della coalizione di centrosinsitra.
Questo però produrrà dei danni dal punto di vista elettorale, ma, io, invece, provo ad azzardare questa previsione: secondo me, il prossimo anno, i partiti indipendentisti se uno ha l’accortezza di leggere il dato tutto unito, faranno un risultato che in pochi, oggi, possano affermare che possa succedere.

In senso positivo o negativo?
In senso positivo.

E questo è dovuto dalla forza che si sta dimostrando tale per la propulsione di nuovi partiti che stanno emergendo o dall’unità che alcune forze politiche stanno mettendo in campo, come A Manca Pro S'Indipendentzia?
Secondo me, e qui forse mi contraddico un po’ da politologo, però innanzitutto da quello che sta succedendo all’interno della società: nella circolazione dell’idea, dell’autoconsapevolezza, di quella che ho chiamato identificazione, più che identità, che è un processo progressivo e dinamico piuttosto che passivo come quello dell’identità. Non che l’identità sia passiva, ma con l’identificazione ti ci compenetri, se vuoi riuscire a farlo, e l’indipendentismo sardo moderno, e non solo, è più identificativo che identitario. Quindi per quello che sta succedendo nella società c’è una buona base perché gli indipendentisti abbiano un buon risultato elettorale
In più ti dico: ovviamente, facendo riferimento a tutto ciò che potrebbe succedere, la somma di quanto prenderanno i partiti indipendentisti non sarà sicuramente questo grande numero, però dico che l’identità e la circolazione de questa idea può mettere un germe nella società che viene coltivato. In questo senso ProgReS è stata intelligente perché ha messo sul piatto una candidatura molto buona, che possiede sponde anche laddove uno non si aspetterebbe, cioè nello Stato Italiano. Michela Murgia è supportata da persone importanti, scrittori, letterati italiani e pure tutti sanno che lei è indipendentista. Quindi la coerenza di Michela Murgia non si può dire che venga a mancare, poi, magari, ci sono alcuni indipendentisti la attaccano su altre cose, ma nessuno potrà mai dire che non è indipendentista.
Quello che io dico a ProgReS, quando mi chiamano per una consulenza amichevole più che tecnico-scientifica, passami il termine, è che loro devono riuscire a germinare quello che già si è messo nel terreno: “se riuscite, non pretendendo, ovviamente, di ottenere tutto subito, potreste ottenere un buon risultato. Io ti dico che, secondo me, la coalizione Sardegna Possibile, con a capo Michela Murgia, è molto probabile che superi il 5%.
Non è così improbabile che si possa avvicinare, e non dico altro, al 10%. Mi sbaglierò… Ma questo è il panorama che penso di poter illustrare.


[1] Salvatore “Doddore” Meloni leader della formazione indipendentista Meris ed autoproclamatosi presidente della Repubrica di Malu Entu. L’isoletta in questione è quella di Mal di Ventre, prospiciente la costa della penisola del Sinis ed è situata, per grandi linee, a largo del Mar di Sardegna, tra Cabras e Cuglieri e, dunque, nell’Oristanese. Recentemente Doddore Meloni, dal caratteristico baffo bianco pre repubblicano, ha fatto il giro delle prime pagine dei quotidiani sardi per la notizia del suo sequestro e indagato, successivamente, per simulazione dello stesso (cfr. La Nuova Sardegna del 28/8/2013).

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